MOLA. 2-Arte e scienza

“Biological Psycology” - Klotz – Medardo Rosso – El Greco - Fotomaster

“Biological Psycology”

“Biological Psycology” (importante rivista che  presenta aspetti biologici che comprendono elettrofisiologia e valutazioni biochimiche) ha pubblicato uno studio  condotto da un team formato da ricercatori dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Milano e da Alice Mado Proverbio, del Milan Center for Neuroscience dell’Università Milano Bicocca  su “Riconosciamo un animale prima ancora di esserne coscienti<!--[if !vml]-->COMUNICATO STAMPA 11/2015<!--[endif]-->” studio coordinato da Alberto Zani del Cnr, e che ha comprovato che il cervello umano identifica gli esseri viventi dagli oggetti in modo molto veloce e per giunta automatico, autonomamente dalla nostra volontà. Il cervello umano reagisce più rapidamente alla vista di un animale che di un oggetto e la risposta cerebrale avviene in modo automatico, in una fase precedente a quello della coscienza. “Il cervello analizza e discrimina rapidamente gli animali dagli oggetti inanimati, indipendentemente dalla volontà del soggetto o dalle circostanze”, spiega Alberto Zani dell’Ibfm-Cnr, che ha coordinato il gruppo. “Questo comportamento riflette probabilmente meccanismi biologici radicati nel cervello ed evolutisi per rispondere alla necessità di distinguere, in una frazione di secondo, un animale nascosto in un ambiente visivamente complesso o un esemplare inoffensivo da uno pericoloso per l’incolumità umana. Di solito nell’essere umano la vista è guidata dall’attenzione e, se quest’ultima manca, le informazioni sfuggono alla nostra consapevolezza, ma questo processo non riguarda gli animali, ai quali è riservato un sistema di monitoraggio automatico. Lo studio ha registrato la velocità di risposta motoria e i potenziali bioelettrici cerebrali (Erp) generati da coppie di immagini statiche di animali, oggetti o di queste categorie assieme sottoposte a un gruppo di studenti a cui è stato chiesto di giudicare se esse appartenessero a una stessa categoria o a una diversa. I risultati evidenziano come gli animali producano una risposta motoria del cervello più veloce (564 millisecondi per gli animali contro 626 per gli oggetti), con un maggiore potenziale bioelettrico nelle aree occipito-temporali e occipito-parietali dell’emisfero destro a partire dai 120-180 ms. Questa prima onda negativa generata nel cervello dei partecipanti dalle diverse immagini, chiamata N1, indica l’intervallo temporale entro il quale la risposta cerebrale è maggiore per le immagini degli animali che per gli oggetti”, prosegue Zani  “Che il cervello distingua prioritariamente gli animali dagli oggetti era già noto, ma sempre nell’ambito di compiti che richiedevano di discriminare volontariamente i primi dai secondi e uno studio del gruppo Ibfm-Cnr e Bicocca del 2012 aveva riconfermato questa realtà.”Ciò che non era noto è che, anche quando non dobbiamo distinguere volontariamente esseri viventi e non viventi, il nostro cervello lo fa in modo automatico e al di fuori della nostra volontà cosciente, non si sapeva cioè dell’esistenza di regioni e processi specifici per l’elaborazione prioritaria involontaria degli animali nella corteccia visiva”, precisa il ricercatore dell’Ibfm-Cnr. “Molto probabilmente, ciò dipende dal fatto che il cervello coglie le informazioni sensoriali più ‘omomorfe’, caratterizzate da un volto con occhi e bocca e dagli arti, tipiche degli animali, rispetto a quelle con fattezze più squadrate e lineari, quali gli oggetti. Conseguentemente, l’informazione raccolta attraverso  la vista e i sensi ha un accesso ‘facilitato’ alla rappresentazione mnemonica delle prime, determinando risposte più veloci che per le seconde”.“La straordinaria precocità dell’effetto suggerisce come l’immagine degli animali abbia uno status speciale per il nostro cervello che si manifesta fin dalla più tenera età, come dimostra la particolare attrazione che i bambini manifestano per gli animali e per tutto ciò che vi assomigli, da Peppa Pig a Topolino, fino ai peluche”, parte del cervello. Lo studio  pubblicato sulla  rivista Biological Psychology porta la firma di: Zani A, Marsili G, Senerchia A, Orlandi A,  Francesca Citron FMM, Rizzi E, Proverbio, ERP.  CARLO MOLA

Klotz
Una singolare notizia che può interessare per approfondire il discorso fra architettura e mondo politico. L’Italia ne esce bene anche in periodi infausti. Vedi l’architettura del ventennio in larga parte ridata all’onore di autentica validità. Non così invece, nel complesso, per l’architettura del periodo nazista. Il dibattito in Germania circa la"Vergangenheitsbewältigung”. (Lunghissimo termine usato dai tedeschi per indicare il modo in cui una Nazione dovrebbe fare le valutazioni con il proprio passato oscuro e terribile).  Eccoci ad un esempio: lungo la costa nord-occidentale della Germania – sul mar Baltico, vicino a Prora – si affaccia il relitto più gigantesco della storia nazista. Otto identici blocchi di cemento, sei piani ciascuno, per un totale di diecimila camere vista mare. L’aveva fatto costruire Hitler all’architetto Clemens Klotz (Molto stimato da Hitler) tre anni prima della seconda guerra mondiale, ed il progetto era una                                                                                            “casa per le vacanze”. Oggi la Germania si interroga su che cosa fare di questo gigante del passato, il New York Times lo racconta in un articolo.“Perfino per gli standard dell’architettura e ingegneria nazista il piano era molto ambizioso. Ogni blocco avrebbe avuto il suo ristorante capace di ospitare 2.500 persone e ogni settimana 20mila lavoratori tedeschi sarebbero stati portati lì in vacanza come parte del programma «Forza attraverso la Gioia», che li doveva preparare a servire fisicamente e mentalmente i piani di Hitler. Ma a differenza dei tempi di Hitler, quando l’obiettivo dell’edificio era abbastanza chiaro, la domanda per la Germania di oggi è: che cosa fare di una reliquia troppo grande e troppo carica di simbolismo per essere distrutta, ma troppo gigantesca per essere utilizzata?”
L’edificio non è mai stato concluso nella sua interezza e dopo la fine del Nazismo passò in mano all’Armata Rossa prima di diventare una caserma per l’esercito della Germania dell’Est.
L’interesse di una società immobiliare per il complesso, e convertirlo  in struttura turistica ritornando in parte al progetto originale, ha riacceso il dibattito. Cosa fare con gli edifici costruiti durante la Seconda Guerra Mondiale sotto il Nazismo? Il popolo tedesco su questo argomento ha diverse opinioni: da una parte coloro che valutano queste opere architettoniche alla maniera di qualunque altra struttura storica da tutelare e magari riconvertire; dall’altra i tedeschi che vedono in quei centri soltanto l’emblema di una vicenda tragica della loro storia.  CARLO MOLA

Sia concessa una battuta. Strano che non sia ancora venuto in mente alla Merkel o a chi per essa la soluzione, alla tedesca naturalmente. Un blocco se lo curano loro, gli altri 7 li 'sbolognano'. Uno all'Italia, uno alla Francia, uno alla Spagna e così via. In nome naturalmente della solidarietà che agli altri è ovviamente dovuta alla Germania (ndr).

Medardo Rosso
Non tutti hanno capito, sino in fondo, compreso questo critico-presentatore da retroguardia l’importanza  NEL MONDO della scultura italiana. Eccoci un’altra occasione per approfondire un altro grande nome di questa nobilissima arte. Alla Gam di Milano. Dal 17 febbraio 2015 In Mostra “Medardo Rosso. “La Luce E La Materia”. Con questa essenziale retrospettiva, aperta fino al 31 maggio 2015, Expo in città entra nel vivo degli appuntamenti con la grande arte.
La Galleria d’Arte Moderna di Milano, in collaborazione con il Museo Rosso di Barzio, dedica a Medardo Rosso (1858-1928) una mostra monografica costituita da una selezione importante della sua produzione scultorea e fotografica. Sono ormai più di trent’anni dall’ultima rassegna che Milano, nel 1979,  ha dedicato allo scultore (salvo alcune mostre preziose in alcune Gallerie private).  La mostra si colloca come momento di conoscenza e approfondimento di un artista di richiamo internazionale per l’interpretazione personale della materia, prodigiosamente moderno nella sua sperimentazione tecnica e poetica, ma anche per la sua attitudine internazionale e la sua esperienza a contatto con le avanguardie novecentesche.  Alle 15 opere di Rosso della GAM viene accostata una selezione rilevante dal Museo Rosso di Barzio, che ha partecipato alla curatela della mostra, e una serie di prestiti nazionali (GNAM di Roma, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti di Firenze, GAM di Torino, Galleria Interazionale d’Arte di Venezia, MART di Rovereto) e internazionali (Musée d’Orsay e Musée Rodin di Parigi, Staatliche Kunstammlungen di Dresda, il Museo d’Arte di Winthertur, Szepmuveszeti Muzeum di Budapest) che consentono una visione estesa  quasi esaustiva del mondo poetico del grande maestro. Ed anche  della sua competenza e passione per la tecnica fotografica.
“Questa mostra, che rappresenta un importante appuntamento espositivo nel programma di ‘Expo in città’, nasce dallo sguardo attento alla conservazione e alla valorizzazione delle collezioni che ha guidato gli interventi di questi ultimi anni alla Galleria d’Arte Moderna, dove il rinnovamento dei percorsi espositivi è stato inteso soprattutto come rivalutazione dei nuclei più importanti, tra i quali spicca per qualità e importanza quello di Medardo Rosso – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno –. Questa esposizione offre quindi un dialogo continuo tra l’esposizione temporanea e quella permanente, accompagnando i visitatori alla scoperta dell’esperienza straordinaria di uno dei protagonisti dell’arte italiana e internazionale”.

L’esposizione “Medardo Rosso. La luce e la materia”, promossa dal Comune di Milano-Cultura, organizzata e prodotta dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e a cura di Paola Zatti, conservatore della Galleria d’Arte Moderna di Milano, ha un percorso tematico che prende avvio con quattro delle opere degli incantevoli esordi di Rosso, tutte realizzate a Milano e presentate in diverse versioni: il Birichino, prima opera comparsa nelle sale di Brera nel 1882, il Sagrestano, soggetto comico e quasi spietato del 1883,  la Ruffiana, dello stesso anno, rappresentazione caricaturale, nel solco della tradizione verista e Portinaria, 1890-1905, dal Museo di Belle Arti di Budapest. La seconda sezione, è dedicata  in molti casi attraverso differenti versioni messe a confronto, due temi fondamentali, la sperimentazione materica (l’utilizzo esclusivo e inconfondibile di gesso, bronzo e cera) e l’andamento creativo dell’artista che procede per sottrazioni fino al raggiungimento di risultati di sorprendente modernità. Due aspetti illustrati attraverso le straordinarie e inquietanti Rieuse, Henry Rouart, onorato collezionista e ospite di Rosso nel primo periodo di permanenza a Parigi, presentato nelle tre versioni in cera, gesso e bronzo; due soggetti del 1894, L’uomo che legge e Bookmaker, quest’ultimo testimone del periodo di  accostamento  con Degas; la Bambina ridente, opera in cui traspare la lezione della nostra tradizione rinascimentale Aetas Aurea e Bambino ebreo. La prodigiosa Madame X, opera del 1896, unico soggetto arrivato fino a noi in una sola versione e munifico prestito dalla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro. Nella terza sezione della mostra, si conversa con due versioni a confronto in bronzo e cera dell’Enfant Malade, testimonianza della fase sperimentale più ardita di Rosso.
Il percorso si risolve nella sala finale della mostra con due soggetti Ecce puer (una delle ultime opere del 1906), e Madame Noblet, soggetto declinato in quattro sole varianti in un lungo arco di tempo (dal 1897 agli anni Venti), e di cui la GAM possiede la versione in bronzo. Una selezione di opere fotografiche (stampe a contatto da lastre originali e stampe originali) comprovano un aspetto fondamentale della vicenda artistica di Rosso. Come è stato scritto nell’ampia presentazione”come avviene per alcuni grandi pittori e scultori tra Otto e Novecento, esporre le fotografie realizzate da Rosso accanto alle sue opere scultoree non ha solo un valore documentario. A partire soprattutto dalla fine dell’Ottocento, la fotografia assume per Rosso il senso di una ricerca autonoma e compiuta, parte integrante e insostituibile di un incessante lavoro di ripresa di poche, essenziali immagini, che ha, non a caso, un equivalente in quella continua rielaborazione delle sculture da lui ideate entro i primi anni del Novecento, che caratterizza gli ultimi decenni della sua carriera. La fotografia, della quale Rosso aveva una notevole conoscenza tecnica, era per l’artista occasione di un lavoro sulla materia e sulla luce, ormai svincolato dal confronto col vero: Rosso fotografa le sue sculture e i suoi disegni, per intervenire poi con viraggi, ingrandimenti, foto di foto, scontornature, collages, tracce di materia pittorica, tagli e abrasioni, fino ad accettare l’intervento del caso e dell’errore. Esposte nelle sue mostre accanto alle sculture e pubblicate, spesso sotto il controllo dell’autore, in libri e riviste, le fotografie così ottenute devono essere considerate a tutti gli effetti vere e proprie opere di Rosso, e consegnano alla storia un artista che ha saputo vedere al di là del suo tempo”.   Importante saggio in catalogo di Paola Zatti, che narra anche la fortuna critica di Medardo a Milano e in Italia.  La rassegna sarà accompagnata da una serie di incontri, curati dalla GAM in collaborazione con il CIMA (Center for Italian Modern Art) di New York - dove la mostra annuale della sede espositiva è dedicata a Rosso - e che ha avviato una serie di progetti di ricerca dedicati all’artista. I laboratori didattici, progettati da Opera d’Arte, saranno realizzati in collaborazione con la Fonderia Artistica Battaglia, straordinaria realtà milanese ancora attiva e presso di cui Rosso realizzò alcune fusioni, e prevedono una serie di incontri in mostra, attività di laboratorio in museo dedicate al processo di creazione dell’opera in bronzo, e uscite in Fonderia (per assistere al processo di fusione) e al Cimitero Monumentale di Milano dove si trovano parecchie storiche sculture in bronzo.   CARLO MOLA

INFORMAZIONI TECNICHE  GAM Galleria d’Arte Moderna, Milano 18 febbraio - 31 maggio 2015 Orari lun 14.30_19.30  mar, mer, ven, sab, dom 9.30_19.30   gio 9.30_22.30 Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura T. +39 02 54914  INGRESSO ALLA MOSTRA € 12,00 INTERO (audioguida inclusa) € 10,00 RIDOTTO (audioguida inclusa) BIGLIETTO CUMULATIVO mostra Medardo Rosso + collezioni GAM INTERO € 14,00 (audioguida inclusa) RIDOTTO € 11,00 (audioguida inclusa) Catalogo 24 ORE Cultura

El Greco
E’ il quarto centenario dalla morte di Doménikos Theotokópoulos detto "El Greco" (Candía, Creta, 1541 - Toledo, 1614), che ha stimolato  questa esposizione fotografica che riconsegna  al grande pubblico una sezione molto importante, ma altrettanto poco conosciuto, dell'attività artistica del grandissimo pittore: la sua attività come architetto nell'arte del retablo, ovvero nella progettazione di altari. El Greco, formatosi prima a Creta e poi a Venezia e Roma, nel 1577 si trasferì a Toledo. Nella città spagnola la concezione di produzione delle immagini era assai  diversa da quello italiana e l’artista concepiva non solo i dipinti ma anche i grandi altari che li incorniciavano, i retablos. Insieme al figlio Manuel, si occupò dell’intaglio dell’assemblaggio e della doratura degli elementi architettonici per le pale. A Toledo El Greco si fece evidenziare per lo stile personale, per un particolare gusto nell’uso dell’oro brunito, retaggio dei primi anni di formazione trascorsi a Creta. Le architetture di avanguardia conosciute durante i soggiorni a Venezia e Roma (in particolare quelle di Andrea Palladio e di Michelangelo) furono reinterpretate da El Greco e adattate agli usi e ai modi dell’architettura spagnola e soprattutto di Toledo. El Greco “architeto de retablos”, architetto di altari, vuole mostrare il ricco e complesso dialogo tra i dipinti di El Greco e le loro “cornici”: da intendersi non limitatamente agli altari che li contenevano ma anche alle architetture in cui questi erano inseriti. Joaquín Bérchez, (Nato a Valencia, Bérchez ha dedicato gran parte della sua vita alla fotografia, soprattutto in relazione ai suoi interessi artistici, legati all'architettura spagnola e sudamericana dell'età moderna), grazie alla sua peculiare strategia fotografica e a un uso sofisticato del particolare e del frammento, ci rivela la profonda conoscenza del linguaggio architettonico utilizzato da El Greco nei suoi retablos e i valori plastici che lo definiscono. Aspetto, quest’ultimo, inedito e poco noto della poliedrica personalità artistica de El Greco. Joaquín Bérchez è uno dei più noti storici dell’architettura spagnoli ma da molti anni è anche un fotografo professionista. I due aspetti si fondono per Bérchez la fotografia è uno strumento di narrazione e di creazione visiva dell’architettura e del paesaggio. Le fotografie di Bérchez sono state esposte in numerose città spagnole e in diverse gallerie internazionali: New York (Queen Sofia Spanisu Institute), Messico (Colegio de Minería), Vicenza (Palladio Museum), Palermo (Università degli Studi di Palermo), Roma (Real Academia de España), Lisbona (Museu Arte Popular). CARLO MOLA

Venerdì 27 febbraio, sino al 14 giugno 2015. Vicenza, Palladio Museum Una mostra in collaborazione con Istituto Cervantes, Real Academia de Bellas Artes de San Carlos Valencia, Municipality of Heraklion, Generalitat Valenciana, Culturartes IVC+R.
Orari di apertura: dal martedì alla domenica, 10-18  Informazioni e prenotazioni:  0444 323014

Fotomaster
Master di Fondazione Fotografia Modena. Alta formazione per giovani artisti. Sono due anni di studio e pratica intensi con la guida di docenti di livello internazionale  e in relazione diretta con le opere di una grande collezione. Per giovani artisti che vogliono affermare le proprie capacità attraverso la fotografia e il video. (Per chi si iscrive entro il 28 febbraio è prevista una riduzione del 25% sulla quota totale). Il prossimo biennio del master prenderà il via in ottobre. Riduzioni sono previste anche per chi proviene da Accademie, Università, Scuole di fotografia. La selezione dei candidati è basata sulla valutazione del curriculum, del portfolio presentato, delle capacità progettuali e dei motivi. Tutte le informazioni e le scadenze sono riportate sulla pagina dedicata del sito web di Fondazione Fotografia. La sede didattica del master mette a disposizione una biblioteca specializzata e svariati laboratori: una camera oscura, una sala di posa attrezzata per la ripresa video e fotografica, una sala multimediale e uno studio assegnato a spazio espositivo e di lavoro. Gli studenti hanno la possibilità di lavorare a contatto con le opere originali che compongono le collezioni fotografiche storiche e contemporanee gestite da Fondazione Fotografia, di partecipare a conferenze, artist talk, trasferte formative e visite guidate agli eventi espositivi organizzati. Le attività degli studenti vengono favorite e valorizzate attraverso mostre organizzate al termine di ogni anno, incontri con esperti del settore e un programma di scambi e residenze d’artista presso importanti istituzioni italiane, europee ed extraeuropee. Poi, alcune novità per questa edizione: un programma di scambio con il Royal College di Londra, tra gli istituti di formazione artistica più importanti al mondo, permetterà a due studenti del master di Fondazione Fotografia Modena di seguire i corsi in loco, usufruire dei laboratori per un mese l’anno e di preparare un progetto originale. Lo scambio prevede che due studenti del Royal College frequentino a loro volta i corsi del master di Modena per un mese l’anno: anche in questo caso l’obiettivo sarà realizzare un progetto originale, da esporre successivamente negli spazi della Fondazione. Più ampiezza al video come mezzo di espressione artistica all’interno del programma di formazione. Poi corsi specifici dedicati alle tecniche e al linguaggio dell’immagine in movimento. Nuove attrezzature messe a disposizione dalla scuola per gli studenti, sia per le esercitazioni in sede che per le ricerche individuali. Nelle diverse attività didattiche, tra gli altri, sono coinvolti come docenti: Ruth Blees Luxemburg (Royal College of Art, Londra), Vincenzo Castella (fotografo), Mario Cresci (fotografo), Paola De Pietri (fotografa), Julia Draganović (critico e curatore), Vittore Fossati (fotografo), Adrian Paci (artista), Christine Frisinghelli (Camera Austria), Niklas Goldbach (fotografo e video maker), Axel Hütte (fotografo), Francesco Jodice (fotografo), Angela Vettese (critico e curatore), Filippo Maggia (Fondazione Fotografia Modena), Luca Molinari (architetto), Pino Musi (fotografo), Bas Vroege (Paradox), Roberta Valtorta (storica e critica della fotografia, Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo – Milano).   CARLO MOLA

Fondazione Fotografia Modena. Sede Didattica: Via Pietro Giardini 160 Modena  tel 059 224418
 

 

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