ARGOMENTO PROPOSTO DA Ernesta ALOISI: EUTANASIA

Eccomi qui a scrivere al giornale non per una dissertazione divertente e piacevole, ma per esaminare una questione ostica ed imbarazzante. Infatti, tra le varie controversie che accompagnano (e inaspriscono) i temi angoscianti del nostro tempo, conversando domenica scorsa ad Ostia - dopo un generoso pranzo a base di pesce - con Mario, il mio primogenito, ci siamo trovati inaspettatamente ad affrontare il difficile caso dell’eutanasia. All’affermazione di mia nuora Simonetta, la quale sosteneva che il progresso scientifico e tecnologico trasforma sempre più i problemi della vita e della morte da naturali in artificiali, nel senso che fa aumentare il controllo sociale sui momenti fondamentali di accesso e uscita dalla vita, io ho aggiunto che questo è ancor più vero se si pensa che viviamo in un mondo in cui quasi più nessuno muore in casa propria, e gli ospedali sono attrezzati in modo da poter ritardare la morte in senso tecnico per periodi relativamente lunghi di tempo. Ma, riflettendo con calma su questi discorsi il giorno dopo, nella quiete della mia casa, mi sono chiesta: se fosse veramente questo il quadro globale della situazione concernente l’eutanasia, quale sarebbe, allora, il vero valore della vita? Effettivamente questa imprevista e fortuita conclusione equivarrebbe proprio ad un invito allo scetticismo. Ed ha fatto bene il nostro Presidente Napolitano ad aprire un dialogo a livello istituzionale sull'eutanasia, dopo l'appello rivoltogli recentemente da un malato terminale? Tanto è vero che, se affermassimo ciò, a questo punto saremmo costretti edonisticamente ad affermare che la fede è inutile nella ricerca del valore della vita e che, in ogni caso, la negazione del trascendente può servire da viatico che ci accompagna nel nostro cammino, essendo appunto inutile porsi la domanda su cosa troveremo una volta giunti a destinazione.Viceversa, io - da cattolica apostolica romana - vorrei invitare i nichilisti che la pensano così a guardare, invece, alla vita come a una scelta criticamente orientata in senso religioso. Di fatto, il valore della vita, a mio parere, dipende dalla capacità di seguire virtuosamente i percorsi esistenziali che ci indica la nostra fede, insieme interessanti per noi e giustificabili da un punto di vista morale secondo la nostra fede cattolica e la nostra coscienza, valori che ci mettono al riparo dai pericoli intellettuali che possono provenire sia da un eccessivo attaccamento alle cose dovuto al materialismo sia dallo scetticismo sempre più dilagante e di moda. Senza dimenticare che lo sforzo più grande di esistere non è non abituarsi a morire, ma pensare che questo nostro cammino terreno è solo temporaneo e che, quindi, non è la ricerca della morte indolore, o di altri edonismi effimeri, il fine per cui siamo stati creati.

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