ARGOMENTI PROPOSTI DA Mario PULIMANTI: 1) 21 APRILE 2) POVERI 3) LA POESIA DI ALESSANDRO (x)

A quanto pare, è una mattina fresca, dopo la leggera pioggia di ieri sera. Erba bianca di brina si stende lungo il prato di Piazza delle Repubbliche Marinare, davanti alla fermata dello 01. Arrivo in ufficio. Penso di essere sempre allegro e disponibile. Un collega mi informa di promozioni ambigue e di reggenze ai soliti raccomandati. Così si dice, rispondo. Tuttavia rimango un po’ turbato. Per quanto amara può risultare la verità, la mia innata esuberanza mi restituisce presto il buonumore. Oh, bene! E’ già sera: esco dall’ufficio. Sennonché all’ex Piazza Esedra -ora della Repubblica- mi imbatto casualmente in mio fratello. Così, prendiamo un caffè. Bene, ho un’ottima scusa per accantonare i pensieri amari che, mio malgrado, mi hanno accompagnato per tutto il giorno. “Un momento” dichiara ad un certo punto in tono solenne “il prossimo 21 aprile, Natale di Roma, festeggerò il mio compleanno, essendo nato 44 Natali di Roma. Avrei una proposta da fare: perché non viene ripristinata a Roma la festività del Natale di Roma, dato che in ogni parte del mondo si trova qualcosa che la ricorda ed è l'unica civiltà ad avere radici cosi lunghe e ramificate?” “Giusto, Stefano, hai ragione”, convengo sorridendo. Del resto sono duemilasettecentosessanta anni, mica uno. Il prossimo Natale di Roma sarà il settimo compleanno del nuovo millennio. Il 21 aprile, secondo la tradizione, è il Natale di Roma: il giorno in cui Romolo, nel 753 a.c., avrebbe tracciato il confine originario della città. Forse questa è una data leggendaria perché sembra che, prima che Romolo tracciasse il famoso solco entro cui far nascere la città di Roma, alle pendici del Campidoglio già ci fosse una piccola comunità. La nascita di Roma, quindi, risalirebbe a prima dell’anno 753 a. c. ma la leggenda, ricca di fascino, non offusca la seduzione di Roma, città eterna, anzi la arricchisce di magia. La data del 21 aprile ha una spiegazione. Nell’antico calendario cadevano in questa data i festeggiamenti in onore di Pale, divinità della fecondità. Le Palilia, così queste feste venivano chiamate, erano comuni a tutte le genti che si incontravano per purificare con fumigazioni, il bestiame e le stalle. Fra le capitali del mondo, Roma è, a mio parere, quella che possiede il patrimonio archeologico di gran lunga più rilevante. Era la prima metà dell’Ottocento quando Stendhal passeggiava estasiato per Roma in cerca della classicità e del colore locale che tanto lo affascinavano. Sono passati quasi duecento anni da allora, il Tevere è sempre più giallo, il Papa si è ritirato dietro le Mura del Vaticano e il romano è rimasto imperturbabile, menefreghista, pacioso e scanzonato come lo definiscono i soliti e vecchi luoghi comuni in bocca a chi non ha avuto la sorte di nascere sotto il cupolone. Ma pochi sono ora i romani, quasi una razza in via di estinzione, in una città imbarbarita e involgarita. Quelli che ancora sono convinti, a ragione, che tutto il mondo è provincia, solo Roma è città. Gli stessi che rimangono indifferenti alle false grandezze, alle mode effimere, al passaggio dei potenti, allo sfavillio delle nuove ricchezze, e definiscono Roma l’unica città rimasta attraverso i secoli indipendente e sovrana perché ha conosciuto due soli grandi poteri: l’Impero e il Papato. Buon compleanno Roma! E, buon compleanno caro fratellone, da un anno e mezzo papà di Sara! Una bambina impetuosa quanto bella, e al tempo stesso così vivace e affettuosa. E’ un piacere averla per casa. Sicuramente diventerà una splendida ragazza. Ah, dimenticavo: il 21 aprile sarebbe stato anche il compleanno di mia nonna Jole. Sono sedici anni che non c’è più, ma la ricordo ancora com’era veramente: una donna speciale. Auguri, nonna! Saluto Stefano e torno a casa. Qualsiasi traccia di malumore è ormai cancellata.

2) POVERI

Osservando per un attimo con un po’ più di attenzione quello che c’è intorno a me mi sono accorta improvvisamente di un fenomeno allarmante: l’uomo della porta accanto è povero. Se prima tirare a campare era l’impresa di anziani e immigrati, ora sembra che la povertà non faccia più tante distinzioni. Trasversale, strisciante, si è infiltrata in tutte le fasce sociali. I nuovi indigenti sono intere famiglie, che improvvisamente si ritrovano senza reddito e devono combattere contro l’affitto mensile, le bollette, le spese per vivere. I nuovi poveri sono clochard per forza e dalle facce molto giovani. Basta guardare attentamente intorno a noi per notare che questo fenomeno è in aumento, così come quello dell’alcolismo giovanile. E nel girone degli indigenti ci sono anche molte persone vittime degli usurai, magari perché dovevano pagare le medicine o ristrutturare la casa. Mia moglie Simonetta ha sentito dire da alcune sue amiche che gli italiani che chiedono aiuto ai centri di assistenza di Ostia sono ultimamente aumentati rispetto agli immigrati. Molti tornano dai parenti, al paese d’origine. Altri stanno peggio, come due giovani ex tossicodipendenti che vivono in città dentro una macchina, vicino al Monte Testaccio, come mi ha detto mio fratello Stefano. La povertà è cambiata. Sembra un paradosso, ma ora può toccare tutti, compreso il dirigente d’azienda. Sembra, difatti, che ci sia in giro una nuova povertà nascosta e vissuta con dignità. Del resto povero è anche chi ha un lavoro sottopagato e se lo tiene stretto: la sopravvivenza è fatta di uno stipendio di mille euro al mese per due persone, secondo il cosiddetto indice di povertà relativa, come è lo stipendio medio, per esempio, di uno statale. E sono sempre di più le persone che d’estate restano a casa perché non possono permettersi più la vacanza. E’ proprio il caso di dire che a Roma ci sono poveri in una città sempre più cosmopolita. Molte persone con pensioni di importo pari o inferiore al minimo, tanti anziani vivono soli. La disoccupazione è l’anticamera della povertà. Ma lo Stato e le varie autorità competenti non potrebbero cercare seriamente di porre un freno a questa triste situazione e, con un brusco testa-coda, provare, una volta per tutte, ad invertire il senso di marcia risolvendo questi scottanti problemi, riportando i cittadini a condizioni di vita più tranquille?

3) POESIA

Nonna Ernesta, testaccina, me pia sottobraccio e poi me fà:

“Ricorda fijetto mio, nun te scordà

che er peggio deve sempre da arrivà.

Guarda lontano, nun vive alla carlona,

mettece impegno.... e ama sempre Roma”.

Je risponno: “Cara nonna

vorei di’ a qua pischella da seconda B

chè ‘n po’ de tempo che me fa impazzì.

Quanno la vedo divento tutto rosso

che vorei buttamme dentro un fosso.

Nun dico nemmeno ‘na parola

m‘abbasterebbe digliene una sola;

ma dimme nonna come ho da fà

pe cercà de parlaie senza scappà?

Lassa perde che so tutte dive

to dice nonna che tà sempre amato.

Er monno è vivo solo pe chi vive.

E nun se vive cor fegato ‘ngrossato.

A tribolà p’amà nun è mai ora,

der resto noi donne semo qualcosa de dannato,

prendi il monno per il giusto lato

e de stà candida passione stanne ancora fora!

Che fai ce caschi Nì? Ma ch’hai capito?

Volèmo dì le cose come stanno?

Allora c'e' bisogno de coerenza

e ce vorrebbe puro, all'occorrenza,

n'approfondito esame de cuscienza.

D’accordo, pur’io da ragazzina a tutti quanti

nun ce morivo, anzi me divertiva un monno,

dì che ciavevo na passione pè Valeriano Pulimanti

che poi nun era altro che il tuo amato nonno!

(x) Alessandro (IIa A Scuola Media San Gallo di Ostia)

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