ARGOMENTI PROPOSTI DA Mario PULIMANTI: 1) TAXI ROMANI DOPO IL BERSANI – 2) METRO ROMANO STRESS QUOTIDIANO

1) TAXI ROMANI

Con una mano digito sui tasti del mio PC, nell’altra ho il terzo pezzo di dolce che ha fatto mia moglie. Lei non usa mai un comune cioccolato per dolci: solo autentico Perugina. Adesso vi state chiedendo chi sono io? Beh, eccovi accontentati. Ho 51 anni. Da tempo ho lasciato alle spalle la timidezza dell’infanzia e dell’adolescenza. E’ sera, sono a casa davanti al computer e, mentre scrivo, mi accorgo di avere gli occhi gonfi e rossi per la troppa consuetudine con lo schermo del PC, che uso sia al lavoro che a casa, agli angoli della bocca cominciano da tempo a farsi avanti rughe profondamente incise, il profilo della mascella non è sfuggito all’incipiente doppio mento. I capelli, una volta neri, sono ormai striati di grigio e, per di più, in questo momento reclamano disperatamente un taglio. La mia non è una faccia che attira simpatia, eppure, al contempo, è una faccia che non nasconde nulla, una faccia di cui ci si può fidare. Mia moglie, essendo nativa dell’Alta Sabina, carezza spesso il desiderio di stare in campagna. Lei dice della campagna vera, di cui il parco dell’Appagliatore, recentemente inaugurato dal Sindaco Veltroni, è, a suo dire, poco più di una volgare parodia. Ieri passeggiavamo. Abitiamo vicino a Piazza delle Repubbliche Marinare. Le mostro l’angolo sud-est, dove c’è una specie di giardino. Mi risponde che qui, invece del silenzio incantato delle sue colline, si sente il sobbalzare delle macchine e, dato che Ostia è vicino a Fiumicino, anche il continuo rombo degli aerei . Né, aggiunge la fedigrafa, vi sono rondini o usignoli a guardarci dagli alberi di Corso Duca di Genova, bensì piccioni metropolitani, grandi storni con il loro guano e cornacchie nere e grosse come galletti amburghesi. “Non dire stupidaggini” dico. “Non sono sicura d’aver capito” risponde con una punta di sacrosanta indignazione. E, sorridendo, mi stringe con forza tra il pollice e l’indice, piegandomeli. Ma, nel frattempo, cosa sta succedendo intorno a noi? Passeggiamo tra persone sgarbate, barboni ubriachi, signore profumate, transessuali impomatati, studenti svogliati ed anche un po’ bulli e tassisti arrabbiati contro la liberalizzazione delle licenze decisa da Bersani nell’ambito della manovra-bis. Tale misura aveva, infatti, suscitato una dura reazione di tutta la categoria dei tassisti per la grave preoccupazione che si potesse giungere alla concentrazione dei titoli in poche mani ed alla trasformazione dei tassisti in salariati. Per questo motivo un emendamento ha modificato la normativa relativa alla liberalizzazione dei taxi in modo da alleggerirne le conseguenze sulla categoria, pur conservando intatto lo spirito e gli effetti del provvedimento. In effetti la misura iniziale comportava una certa rigidità e lentezza dei tempi di adeguamento dell’offerta all’esigenza dei consumatori. In pratica le principali misure apportate con il cosiddetto “pacchetto Bersani” sulle liberalizzazioni approvato con il decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006 e definitivamente convertito dalla Legge n. 448 del 4 agosto 2006, per i tassisti prevedono una nuova disciplina del servizio ed aumento dei mezzi in circolazione attraverso la programmazione a livello locale. Sono anche previste possibilità per i tassisti di ampliare i turni di lavoro, avvalendosi di dipendenti o familiari, e per i consorzi di utilizzare veicoli aggiuntivi. Ora i tassisti cantano vittoria, anche se Bersani è convinto di aver portato a casa misure che garantiranno il potenziamento del servizio. A questo punto mi chiederete perché ho parlato del problema della deregulation sulle licenze dei taxi. Tranquilli, vi rispondo subito. Lo spunto me l’ha dato il mio carissimo amico Giorgio, ciellino come me. Stavamo tranquillamente parlando di Formigoni, di Lotito e della Kidman, quando improvvisamente mi ha voluto raccontare un episodio increscioso accaduto alla madre il giorno prima. Lei, maestra in pensione, da alcuni anni ha alcuni problemi alle articolazioni che le impediscono di muoversi come vorrebbe ed, in caso di sforzo prolungato, le provocano gonfiore e dolore alle giunture e stanchezza. Per questo motivo sia lui che la sorella Antonella spesso l’accompagnano in macchina a trovare i parenti o a fare dei controlli medici periodici. Purtroppo destino ha voluto che l’altro giorno né Giorgio, né Antonella potessero accompagnarla ad una visita medica. Per questo motivo ha chiamato un taxi. Terminata la visita ne ha chiamato un altro che, però, si è presentato dopo due ore di attesa. Alle sue ovvie, ma garbate, lamentale il tassista prima le ha consigliato di prendersela con il famigerato ministro Bersani, poi, a seguito di una sua timida difesa dell’attuale Governo, con tono maleducato l’ha invitata a scendere. Ed è così che la mamma di Giorgio, lasciata in mezzo ad una via trafficata, non ha potuto far altro che recarsi, pian pianino, alla più vicina fermata dell’autobus. Delusa ed amareggiata. E dire che se invece che a Roma fosse nata a New York, dove c’è sempre stata la liberalizzazione delle licenze dei taxi, la mamma di Giorgio avrebbe potuto prendere tranquillamente uno dei tantissimi taxi che lì ci sono pagando, oltretutto, meno della metà di quanto si paga qui da noi dove sono cari, arrabbiati e non esitano a farti spendere più euro possibili. Qualcuno dice che a volte alcuni di loro, approfittando della distrazione del passeggero, fanno giri lunghi rispetto all'itinerario. Sarà vero? Mah… Del resto, come ho detto, Bersani ha provato a migliorare la situazione. E loro come hanno reagito? Bloccando le città. Ah, sembra che alcuni di loro, ancora non contenti di quello che hanno finora ottenuto, minaccino altre proteste.

2) METRO ROMANO

Sono sulla metro che da Ostia mi sta portando a Roma. Mi sono alzato con un fastidioso mal di testa. Quindi vado a lavorare controvoglia. Penso a mio padre. E’ morto qualche anno fa e la sua perdita mi ha segnato profondamente. Aveva solo sessantasei anni. Arrivo alla stazione della Piramide, ma il mio viaggio continua. Debbo, infatti, arrivare fino a Termini con un’altra linea della metro: l’affollatissima B. Scendo di sotto con la scala mobile. Mi rendo conto, appena vedo la piattaforma, che difatti è affollata all’inverosimile. Più del solito. Deve esserci stato qualche guasto e probabilmente non arrivano treni da almeno un quarto d’ora. Scendo dalla scala mobile. Tempo cinque minuti e arriva un treno, ogni centimetro di carrozza stipato di corpi sudati, accartocciati, pigiati in un insieme compatto. Non provo neanche a salire, ma nel pandemonio di persone che sgomitano per aprirsi un varco l’una sull’altra, riesco a guadagnare la prima linea della piattaforma e resto in attesa del convoglio seguente. Che arriva alcuni minuti dopo, ma pieno zeppo come il precedente. Quando le porte si aprono e qualche passeggero dalla faccia paonazza si fa largo tra la folla in attesa, mi pigio dentro e respiro una boccata d’aria viziata, stagnante Mi sembra che l’aria sia passata per i polmoni di ciascuno un centinaio di volte. Altra gente s’ammassa alle mie spalle e mi trovo spiaccicato tra un giovane arabo ed il vetro divisorio che ci separa dall’area dei posti a sedere. Normalmente avrei preferito mettermi con il naso pigiato contro il vetro, ma quando ci provo scopro una gran chiazza viscida, proprio ad altezza del mio viso, un accumulo di sudore e di unto lasciato dalla testa dei passeggeri che si sono strusciati contro la lastra trasparente, così non posso far altro che girarmi e fissare, occhi negli occhi il ragazzo che ho davanti. Quando al terzo o quarto tentativo si chiudono le porte io e lui ci ritroviamo ancora più pigiati perché la gente accalcatasi sulla porta senza riuscire a entrare finisce con lo stiparsi dentro insieme a noi. Se dovessi svenire non cadrei in terra perché di spazio per cadere proprio non c’è. Arrivo a Termini decisamente provato. Al contempo penso che mi farebbe bene bere un caffè. Che prendo subito prima di entrare in ufficio. E’ proprio vero: il pendolare stanca!

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