I guasti del pensiero zero

di Valerio Dalle Grave

Una società civile che vuole
proseguire il suo cammino vivendo in pace, con giustizia,
libertà e democrazia, dovrebbe anzitutto preoccuparsi di
tutelare e rafforzare i valori fondamentali e le strutture
portanti sulle quali poggia il suo stesso esistere.

Chi è democraticamente chiamato a responsabilità di governo, si
suppone che debba adoperarsi con determinazione, dignità e
onestà intellettuale, affinché ciò si concretizzi con
continuità, sollecitando e coordinando la partecipazione del
popolo alla costruzione del proprio futuro.

La Costituzione della Repubblica, studiata da uomini insigni e
veri democratici, voluta e approvata successivamente dal popolo
all’indomani di una tragedia senza pari, è la più importante
struttura ordinamentale che ha permesso e permette tutt’ora
all’Italia di essere un paese sovrano e al suo popolo di essere
libero protagonista del proprio destino.

Gli italiani, che furono momentaneamente narcotizzati da un
raptus di follia collettiva, trascinati sulla via della
distruzione fisica e morale da un folle megalomane e dai suoi
gerarchi, usciti lacerati e massacrati da una guerra assurda,
dopo la liberazione del Paese dal giogo nazifascista hanno
saputo ritrovare il senno, la solidarietà e la dignità necessari
per fare dell’Italia una nazione degna di rappresentare al mondo
la sua invidiabile tradizione storica, il suo patrimonio
culturale e la sua vocazione democratica.

Sembra però che, strada facendo nel corso degli anni, qualche
altro narcotico moderno abbia obnubilato nuovamente il senno di
molti italiani, tanto che non si sono accorti di avere eletto a
loro governanti, strani personaggi, spesso arricchiti in maniera
nebulosa, piduisti e voltagabbana, che pensano a se stessi
invece di difendere e tutelare quel patrimonio di valori costato
lacrime e sangue, che prima ho richiamato.

Questi personaggi,
che si vorrebbe fautori del “pensiero unico” dominato dagli USA,
sono andati oltre, sono arrivati al pensiero zero, cioè al non
pensiero. Per questo trovano divertente distruggere quello che
altri hanno costruito, proponendo e assumendo comportamenti
discutibili, spesso irresponsabili (la recente vicenda del
ministro per le riforme la dice lunga) e dannosi per tutta la
società civile. A sentire loro il Paese dovrebbe riconoscergli
il merito di aver preso il potere, mentre in realtà stanno
diffondendo un clima astioso e diffidente tra la gente e
addensando oscure nubi sul prestigio futuro dell’Italia.

Parlano di meritocrazia non sapendo bene di cosa parlano.
Infatti il meritocrate degli anni 1950-1980, leader di una
società tendenzialmente ugualitaria , giustificava la sua
esistenza con la capacità tecnica di dominare la natura e di
trarne guadagni di produttività a beneficio di tutti. Il meritocrate da loro proposto e promosso, domina la società e ne
trae ricavi a proprio esclusivo beneficio.

Dottrine e teorie sempre più numerose proclamano la necessità
economica della disuguaglianza. Queste teorie si manifestano
spesso come richieste politiche di ridurre la tassazione diretta
delle fasce di reddito elevate per stimolare, il lavoro, il
risparmio e l’investimento dei ceti superiori della società. Il
governo Berlusconi si è subito adeguato in omaggio all’amico
Bush, sapendo che con quella operazione avrebbe tolto ai poveri
per dare ai ricchi, venendo meno al principio solidale del “chi
più ha più deve dare”.

Ricordo che la riduzione della progressività dell’imposta fu un
elemento cruciale delle realizzazioni ultraliberiste reaganiane
e tatcheriane degli anni ottanta, ma con la politica di forte
alleggerimento della tassazione dei redditi elevati, gli Stati
Uniti fallirono miseramente l’obiettivo dacché non ha impedito
il crollo dei tassi di risparmio e di investimento (Chi è
appassionato di economia si aggiorni sul colossale e
ineguagliabile debito pubblico accumulato dagli USA).

Ciò che è avvenuto e avviene invece, è la progressiva
finanziarizzazione dell’economia. Una situazione dove è più
facile evadere gli obblighi fiscali e nella quale se le
operazioni vanno bene arricchiscono chi è già ricco e se invece
vanno male distruggono il risparmio di migliaia di cittadini
(vedi i casi Enron, Pan-Am, Cirio, Parmalat, Antonveneta,
eccetera). Come in precedenza ho scritto, c’è bisogno di
risorgere, perché non si può campare di solo pane e televisione.
Insomma, dal pensiero zero non si ricava nulla, mentre l’Italia
ha bisogno di tutto per tutti.
Valerio Dalle Grave


GdS 20 II 2006 - www.gazzettadisondrio.it

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