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 Verona, statale 11: quattro vite spezzate! Nel 
 giro di pochi anni sulla strada del sesso più famosa d’Italia, 
 una decina di persone hanno ormai perso la vita. Chi 
 “ringraziare”? Chi non vuole risolvere l’indecente problema 
 della “prostituzione da strada”! Le Istituzioni pubbliche 
 statali devono prendere atto che i territori interessati al 
 problema della prostituzione si sono trasformati in postriboli a 
 cielo aperto, in zone franche dove perversi e criminali 
 spadroneggiano in assoluta e impunita libertà.
 E’ vero che molte amministrazioni locali hanno provato con tutti 
 i mezzi consentiti dalla legge a dissuadere i pruriginosi amanti 
 del sesso mercenario, ma la deterrenza delle multe e dei divieti 
 di sosta, non ha sortito effetto alcuno. Anzi, i dati dimostrano 
 un sensibile aumento di prostitute e clienti su tutto il 
 territorio nazionale.
 Accertato che gli strumenti finora adottati hanno fatto 
 letteralmente cilecca, lo Stato prenda provvedimenti più 
 incisivi. E’ provato che la stragrande maggioranza delle 
 prostitute non risulta in regola con il permesso di soggiorno e 
 malgrado molte siano già state raggiunte da un decreto di 
 espulsione, non si comprende per quale motivo non siano ancora 
 state espulse. E “fortuna” che la Bossi-Fini è stata definita 
 una legge troppo restrittiva. E poi, come si vuol fare credere, 
 è del tutto vero che dietro tutte le prostitute si nasconde 
 un’efficiente organizzazione criminale? A giudicare 
 dall’atteggiamento delle prostitute in attesa del cliente, non 
 si direbbe.
 Chi di solito è ridotto in schiavitù, non ha la forza d’animo 
 per atteggiarsi con spregiudicatezza e boriosa baldanza. Preso 
 atto che la prostituzione è vecchia quanto il mondo, e che la 
 capacità di dominare i sensi, è prerogativa di pochi “eletti”, 
 ha fatto un certo effetto sentire (durante la diretta televisiva 
 del funerale dei due agenti veronesi) proferire da un sacerdote 
 veronese, le parole tabù: castità e fedeltà. Non è difficile 
 immaginare che più di qualcuno si sia cosparso il capo di 
 cenere.
 Oddio, virtù sacrosante, ma realisticamente inattuabili in una 
 società che è arrivata a idolatrare il sesso quanto una 
 divinità. Che fare dunque per arginare il fenomeno? Constatando 
 che senza sesso non si può vivere (qualcuno addirittura ipotizza 
 che la prostituzione rappresenta una funzione sociale di 
 compensazione delle frustrazioni umane… sarà vero?), perché non 
 prendere in considerazione l’ipotesi di riaprire le case chiuse?
 Tutte le legislazioni europee hanno legalizzato tale opzione. I 
 vantaggi sarebbero molteplici: meno rischi per le prostitute; 
 tutela della salute per tutti i soggetti; “promozione” della 
 prostituta al grado di lavoratrice (non è cinismo, ma dato che 
 sono loro stesse a definirsi tali..); nuove entrate fiscali per 
 lo Stato. Chi si indigna a sentir parlare di case chiuse, si 
 chieda se è più dignitoso lasciare queste donne a rischiare la 
 vita sul marciapiede, o tentare di proteggerle, seppure con 
 soluzioni da male minore.
 Un pensiero non può non andare a chi rappresenta la vera causa 
 della prostituzione: i maschi “incontinenti”. Chi batte la 
 strada in cerca di trasgressioni, si ricordi che è anche, e 
 soprattutto grazie a loro, se quattro madri stanno piangendo i 
 loro figli.
Gianni Toffali
Gianni.Toffali@inwind.it
 GdS 28 II 2005 - www.gazzettadisondrio.it
