Siamo un popolo che sta diventando insensibile al dolore e all’orrore
Noi siamo un popolo che sta diventando insensibile al dolore e
all’orrore. Inoltre, da masochisti quali siamo o siamo
diventati, stiamo orientando le nostre preferenze verso il
pensiero e valori negativi. E così facendo non ci accorgiamo di
rotolare sempre più velocemente verso il fondo della valle del
nulla.
Il proscenio sul quale si presentano le maggiori e più assurde
fatalità è la strada; gli strumenti sono le auto, le moto, i
motorini; il movente è la fretta, quindi la velocità; le vittime
sono, come sempre, le persone.
Ciò che rende più tragica questa nostra folle corsa sono gli
esorbitanti costi che si pagano in giovani vite umane. Non passa
settimana senza che si abbia notizia di schianti contro muri, di
investimenti sulle strisce pedonali, di fuoriuscite di strada,
di vite, a volte di intere famiglie distrutte. Nella nostra
valle la tragedia è unica: dal basso verso l’alto e viceversa,
senza distinzioni. Colpa dei platani ai bordi della strada,
colpa della strada troppo angusta e piena di curve, colpa della
segnaletica poco visibile, colpa dei fari abbaglianti di chi
viene in senso contrario, colpa del pedone disattento, colpa
dell’alta velocità, colpa di questo, di quello e di quell’altro.
Anche quando siamo seduti in casa nostra a guardare la TV e
osserviamo i fatti di cronaca vediamo che gli operatori
insistono a farci vedere scene raccapriccianti (per suscitare
più emozioni dicono), mentre il cronista ci spiega le dinamiche
dei fatti, i probabili responsabili e, finito un quadro avanti
un’altro; e la scena si ripete più o meno uguale, ad ogni
notiziario, tutti i giorni dell’anno.
Con questo ritmo di sequenze, di visioni fotocopia , di commenti
a ripetizione pappagallesca, frammezzate da spot pubblicitari
che invitano ad acquistare l’auto più veloce, più di classe, con
più accessori, noi diventiamo via via sempre più insensibili
alla drammaticità dei problemi veri che incombono sul nostro
modo di essere , di vivere e di considerare la vita, nostra e
altrui.
Il nostro modo di vivere è diventato ossessivo. Il tempo è
prezioso, guai a perderlo. Mentre camminiamo per strada,
viaggiamo in treno oppure in auto, il telefonino ci tiene
costantemente in contatto col resto del mondo: per concludere
affari, fissare appuntamenti, impartire direttive, dare e
ricevere ordini e….via telefonando.
Tutto ciò comporta una radicale modifica della percezione umana
del tempo, della vita, quindi del modo di viverla, di
concepirla, di tutelarla, difenderla, valorizzarla, apprezzarla
come valore in sé.
La vita diventa oggetto di competizione
Noi, e più di noi i nostri figli, siamo orientati al “tutto e
subito”. L’appena ricevuto è già passato ed è preludio a ciò che
deve venire. Ogni meta raggiunta diventa solo un nuovo punto di
partenza per il tormento di una nuova corsa verso un’altra, la
cui incertezza ha già appannato la soddisfazione di quella
appena ottenuta. E così ci comportiamo anche verso le tragedie
umane della strada: chissà dove accadrà la prossima, chissà chi
sono e quante saranno le vittime, chissà come avverrà, eccetera.
Valerio Dalle Grave
GdS 30 XI 2005 - www.gazzettadisondrio.it