IL MIO ITALIANO

Ogni regime totalitario cerca di cambiare la lingua perchè, cambiando la lingua, si cambia il pensiero e chi controlla la lingua controlla il pensiero

(Maurizio Frizziero)   Molto spesso seguo su Rai 3 una straordinaria trasmissione, Maestri, condotta da un bravissimo Edoardo Camurri. In una puntata l'ospite, Barbero, tratta il tema del totalitarismo. Ma non è questo l'oggetto di queste mie poche righe. Ciò che mi ha immediatamente interessato è sta l'introduzione di Camurri dedicata al filologo Victor Klemperer e al suo studio sul cambiamento della lingua tedesca durante il nazismo: "Ogni regime totalitario cerca di cambiare la lingua perchè, cambiando la lingua, si cambia il pensiero e chi controlla la lingua controlla il pensiero." Sul sito della Treccani, alla pagina dove si parla del minuzioso diario di Klemperer l'autore nostra, attraverso numerosi esempi come il linguaggio ufficiale si insinua inavvertitamente, avvelenandosi, nella lingua comune e parlata e dunque nel pensiero dei parlanti.

Mi sono avvalso di una parte di testo tratto dal sito della Treccani, la stessa Treccani che nell'ultima edizione, ha inserito nuovi termini, nuovi solo per la vocale finale, togliendo il monopolio del maschile, o per lo meno apparente maschile, a tutta una serie di vocaboli utilizzati da sempre e che maschili sembrano mentre sostanzialmente appartengono al genere neutro.

Neutro, impossibile, la grammatica italiana non lo prevede, mi dicono in molti. Me lo dicono gli stessi che per altro affermano, contraddicendosi, che la lingua cambia e bisogna adattarla ai cambiamenti. Da circa ottocento anni l'italiano ha sostituito il latino e il latino maccheronico ed ha subito una evoluzione lentissima, non capisco perchè, all'improvviso, ci sia la necessità di grandi cambiamenti, limitati però per la maggior parte alla femminilizzazione degli incarichi e delle professioni. Non lo capisco ma se una cultura egemonica cerca di cambiare una lingua per cambiare il pensiero (lo dice Klemperer) non significa altro che si vuole controllare il pensiero. Non ho motivo per ritenere illegittimo questo modo di operare ma non voglio nemmeno che mi sia imposto. Potrei anche accettarlo ma ogni giorno, quando sento diversi giornalisti adeguarsi pappagallescamente e con tempestività al nuovo linguaggio, il mio pensiero va di nuovo al diario di Klemperer.

Le stesse voci che enfatizzano la necessità del cambiamento di genere si dimenticano spesso, quasi sempre, di come venga massacrato cominciano dalle piccole cose. Un esempio: sei stato te?  Le regole che troviamo nelle grammatiche partono dallo schema tradizionale dei pronomi personali indicando, per la seconda persona singolare, le due forme,  tu  per il soggetto e  te  per gli altri complementi. Un altro esempio: confidente. E' bastato che Briatore, Montezemolo e Della Valle anni fa utilizzassero in modo maldestro l'assonanza con il confidant inglese per dirsi fiduciosi. Potrei procedere ma preferisco tornare alla linguistica. Si ritiene che l’italiano abbia due generi, maschile e femminile, che non esistono sostantivi di genere neutro, ma che, nonostante ciò,  il neutro non è un concetto completamente avulso dalla nostra lingua  poiché lo si ritrova in meccanismi consolidati dall’uso. Un incarico istituzionale, sindaco, ministro, assessore, per sua natura è neutro e non penserei mai di declinarlo al femminile. Per l'uomo, nel mio italiano, si dovrebbe usare Signor Ministro, per una donna Signora ministro, in contrasto con l'attuale politicamente corretto molto di moda in questi ultimi tempi. Ma, come già detto, esiste il genere  neutro  in  italiano? La risposta è secca e molto precisa:  no. L'italiano, al contrario del latino, lingua dalla quale deriva,  non  prevede l'esistenza del genere  neutro, ma solamente i generi maschile e femminile. Ma il mio italiano ricorda di essere figlio del latino!

Maurizio Frizziero

 

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