Venezia, la Mostra All the World’s Futures

136 gli artisti, dei quali 89 presenti per la prima volta, provenienti da 53 Paesi.

Ogni volta che la Biennale di Venezia apre i suoi battenti, vuoi per l’arte, il cinema, la danza ed il teatro, è tutto un rincorrersi per accaparrarsi un posto perché di sicuro è lì che la cultura avanza e ti fa sentire parte necessaria di questo mondo che non ci stanca mai di stupirci. La Mostra é composta da 89 Partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 5 i paesi presenti per la prima volta: Grenada, Mauritius, Mongolia, Repubblica del Mozambico, Repubblica delle Seychelles. Altri paesi partecipano quest’anno dopo una lunga assenza: Ecuador, Filippine, Guatemala . 

Il Padiglione Italia in Arsenale, organizzato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane - é curato quest’anno da Vincenzo Trione.

Sono 44 gli Eventi Collaterali ufficiali ammessi dal curatore e promossi da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro mostre e le loro iniziative in vari luoghi della città.

La Mostra Internazionale

La Mostra All the World’s Futures  è un unico percorso espositivo che si articola dal Padiglione Centrale (Giardini) all’Arsenale, includendo 136 artisti dei quali 89 presenti per la prima volta, provenienti da 53 paesi.

Il nostro primo giro ai Giardini inizia con le visite ai Padiglioni di Francia, Slovacchia, allo spazio dei Paesi Nordici, quest'anno unificati e rappresentati da Camille Norment, alla Gran Bretagna (Sarah Lucas), Australia (Fiona Hall), Germania e Corea (Moon Kyungwon e Jeon Joonho).

E se la Slovacchia non convince per nulla, nel suo essere didascalico, anche la Francia di Céleste Boursier-Mougenot con la sua reintroduzione della natura nel padiglione, inserendo un grande albero con tanto di zolla di terreno nella realtà ha tradito le aspettative. Chi invece non tradisce è lo splendido padiglione britannico dedicato a Sarah Lucas e alla sua riflessione sul nostro tempo e sulla condizione femminile, la società fallocentrica, l'idea di donna oggi. Ottima anche la prova dei Paesi Nordici, capitanati da Camille Henrot e dalla sua indagine sulle fratture del nostro tempo, con una serie di rotture di cristalli e finestre reali.

Bello anche il padiglione australiano, la cui madrina è stata la brava oltre che bella, Cate Blanchett

che ha tagliato il nastro della nuova, avveniristica struttura in acciaio e cemento armato, che ha dato l’onore di debuttare con l'opera dell'artista Fiona Hall "Wrong Way Time"

Invece nel suo nuovo padiglione minimalista, la Corea esplora un mondo completamente invaso e pervaso dalla virtualità.

Brutto il padiglione della Germania, con il suo percorso labirintico e l'idea produttiva (fabbricare boomerang da lanciare seguendo l'orbita solare). Poi c’è L’Arena.

Che cos’è L’ARENA

“Nel 1974 la Biennale di Venezia, a seguito di un’importante riforma dell’istituzione e di una revisione dello Statuto e delle proprie direttive, lanciò un progetto ambizioso senza precedenti, un piano quadriennale di eventi e attività. Una parte dei programmi del 1974 fu dedicata al Cile; la Biennale si espose quindi attivamente con un gesto di solidarietà verso quel paese nel periodo immediatamente seguente il violento colpo di stato con cui, nel 1973, il governo di Salvador Allende era stato rovesciato dal generale Augusto Pinochet. Gli eventi della Biennale Arte del 1974, che coinvolsero artisti di ambiti diversi – arti visive, cinema, musica, teatro, danza, performance – furono dislocati in tutta la città di Venezia. Questo capitolo significativo che ha modificato la storia della Biennale è oggi quasi dimenticato.

Quel programma di eventi dedicato al Cile e contro il fascismo incide la nostra recente memoria come una tra le più esplicite prese di posizione con cui un’esposizione della statura della Biennale Arte abbia non solo reagito, ma abbia anche coraggiosamente tentato di condividere il proprio palcoscenico storico con il contesto politico e sociale contemporaneo. È superfluo osservare che, nell’inquietudine dell’attuale scenario internazionale, gli Eventi della Biennale del 1974 sono stati una fonte d’ispirazione per la Mostra di quest’anno.

In risposta a quell’episodio così significativo e alla ricca documentazione che aveva generato, la 56. Esposizione Internazionale d’Arte: All the World’s Futures presenterà ARENA, uno spazio attivo nel Padiglione Centrale dei Giardini dedicato a una continua programmazione interdisciplinare dal vivo. Il cardine di questo programma sarà l’imponente lettura dal vivo dei tre volumi di Das Kapital di Karl Marx (Il Capitale). Das Kapital diventerà una sorta di Oratorio: per i sette mesi di apertura dell’Esposizione la lettura dal vivo sarà un appuntamento che si svolgerà senza soluzione di continuità.

Concepita dal premiato architetto ghanese-britannico David Adjaye, l’ARENA fungerà da luogo di raccolta della parola parlata, dell’arte del canto, dei recital, delle proiezioni di film, e diventerà il foro delle pubbliche discussioni. Prendendo spunto dal rito sikh dell’Akhand Path (una recitazione ininterrotta del libro sacro per la quale si alternano più lettori nell’arco di diversi giorni), Das Kapital sarà letto da attori come un testo drammaturgico, con la regia dell’artista e regista Isaac Julien, per tutta la durata della Biennale Arte. “Sulla scia del concetto di “Vitalità: sulla durata epica”, la Biennale Arte ha commissionato agli artisti diverse nuove partiture e performance che saranno presentate nell’ARENA in un’analoga modalità – senza soluzione di successione. Qui sarà particolarmente approfondito il concetto di canto, e la possibilità offerta dalla voce di essere lo strumento che scandisce il ritmo di una narrazione.

Joana Hadjithomas e Khalil Joreige presenteranno una performance quotidiana di lettura del loro libro d’artista Latent Images: Diary of a Photographer, che costituisce la terza parte del progetto Wonder Beirut e contiene sia testi sia trentotto lastre fotografiche, selezionate tra le centinaia di rullini mai sviluppati dal fotografo libanese Abdallah Farah tra il 1997 e il 2006.

Jason Moran, con il suo STAGED, mapperà e approfondirà il tempo dei canti di lavoro nelle prigioni, nei campi, nelle case. In una campionatura dei canti di una prigione statale della Louisiana (Angola), il tempo varia da 57 a 190 battiti al minuto.

Jeremy Deller esplorerà il tema delle condizioni di vita e di lavoro nelle fabbriche, a partire dalla fine del XIX secolo e fino ai nostri giorni, basandosi su materiali d’archivio.

Charles Gaines presenta la sua nuova magistrale composizione originale per la 56. Biennale Arte, tratta dal corpus del suo lavoro più recente, Notes on Social Justice, una serie di disegni in grande scala di partiture musicali di canti.

Mathieu Kleyebe Abonnenc presenterà alla Biennale Arte un memoriale temporaneo alla musica e alla personalità del musicista, cantante e straordinario compositore afroamericano Julius Eastman (1940-1990), il cui singolare e inimitabile contributo alla musica classica, contemporanea e d’avanguardia sarà esposto nell’ARENA per tutta la durata dell’Esposizione.

The TOMORROW punterà l’attenzione su Das Kapital, non solo come ambito astratto di apparati economici e logici, ma piuttosto come potenziale ricettacolo di storie e figure. Nella 56. Biennale Arte, The TOMORROW cercherà di immaginare i personaggi e le figure che potrebbero utilizzare il repertorio di Marx nel contesto contemporaneo. Tales on Das Kapital è una ricerca che si propone di interpretare teatralmente il Capitale attraverso la partecipazione di soggetti non moderni. The TOMORROW organizzerà dei seminari, da tenersi nei weekend, con l’obiettivo di investigare la dimensione narrativa ed epica del testo di Marx.

Le performance e le azioni dal vivo si svilupperanno nel Padiglione Centrale attraverso l’ARENA, all’interno della Biblioteca della Biennale, dove sarà consultabile NOA (Not Only Arabic) di Mounira Al Solh, una rivista periodica in edizione limitata fondata nel 2008, per una consultazione individuale da concordare su appuntamento.

A collegare le due sedi principali della Mostra (Giardini e Arsenale) sarà Saâdane Afif con The Laguna’s Tribute: A Corner Speaker in Venice, performance che si svilupperà all’inizio di Via Garibaldi (lato Canal Grande). Sarà allestito uno speaker corner locale che presenterà al pubblico letture e canterà canzoni scritte da amici dell’artista.

Anche l’Arsenale sarà il palcoscenico di diverse performance, a cominciare dal nuovo progetto di Jennifer Allora e Guillermo Calzadilla, In the Midst of Things, che coinvolgerà un coro nell’interpretazione di un arrangiamento di Die Schöpfung (La Creazione) di Joseph Haydn.

Le Corderie ospiteranno Theaster Gates con la sua nuova installazione multimediale Martyr Construction. L’opera affronta la questione del ripetuto smantellamento e della scomparsa di numerose chiese appartenenti a quartieri con etnie afroamericane e ispaniche in tutti gli Stati Uniti.(Dal discorso di presentazione della 56.ma Mostra di arti visive , del direttore della Biennale Paolo Baratta).

Poi vi sono alcune “chicche” organizzate in forma di piccole antologie, che spaziano da una serie di neon testuali – realizzata da Bruce Nauman tra il 1972 e l’inizio degli anni ’80 – a un atlante della filmografia di Harun Farocki che comprende complessivamente 87 film. La Biennale Arte presenterà inoltre le opere di alcune figure magistrali, tra le quali ricordiamo il fotografo Walker Evans, con un set completo tratto dall’edizione originale di Let Us Now Praise Famous Men; il cineasta Sergej Ejzenstejn; l’artista multimedialeChris Marker; l’installation artist Isa Genzken; lo scultore-compositore Terry Adkins; l’autore-regista Alexander Kluge; l’installation artist Hans Haacke; l’artista concettuale Teresa Burga; il performance artist Fabio Mauri; lo scultore Melvin Edwards; la pittrice Marlene Dumas; l’artista-attivista Inji Efflatoun; il land artist Robert Smithson; la pittrice Emily Kngwereye; il regista Ousmane Sembène; lo scultore Ricardo Brey; l’artista concettuale Adrian Piper, e altri pittori come Tetsuya Ishida e Georg Baselitz.

Questa raccolta di pratiche artistiche provenienti da Africa, Asia, Australia, Europa, Nord e Sudamerica costituisce la ricerca di nuove connessioni nell’impegno con cui gli artisti indagano la condizione umana, o esplorano idee specifiche e aree di produzione all’interno della loro opera.

Inoltre, The Invisible Borders Trans-African Project è un’organizzazione fondata nel 2009 in Nigeria che riunisce artisti africani – soprattutto fotografi, scrittori e cineasti – con l’impegno e la passione del cambiamento sociale, per riflettere sulla questione delle frontiere e sulle implicazioni connesse nell’Africa del 21° secolo. Invisible Borders presenterà alla 56. Esposizione il suo Trans-African Worldspace, una panoramica della produzione fotografica e audiovisiva più recente e attuale realizzata dalla piattaforma. Tale produzione sarà generata e inclusa nella presentazione con una cadenza regolare, durante i sette mesi di apertura dell’Esposizione. Inoltre, il gruppo presenterà nell’ARENA il documentario Invisible Borders 2011, The Film, che sarà seguito da una discussione sullo stato delle cose nella scena dell’arte contemporanea trans-africana e le idee critiche poste al centro dell’attività. Per chi volesse, poi documentarsi meglio su quello che succede in Siria, basta seguire quello che ha realizzato il collettivo Abounaddara che dal 2010, ha realizzato una serie di brevi documentari che celebrano la vita quotidiana della gente comune in Siria. In seguito alla sollevazione popolare del marzo 2011, il collettivo ha iniziato a produrre un breve film ogni venerdì, un’iniziativa tuttora in corso, realizzata grazie a una rete di cineasti volontari che operano in segreto per motivi di sicurezza. Nell’ARENA della 56. Esposizione Abounaddara presenterà ogni venerdì, in prima rappresentazione, un’installazione video di una selezione di film tratti dall’ampio corpus dei lavori già realizzati dal collettivo e anche il loro nuovo lungometraggio Syria: Snapshots of History in the Making. E poi… basta armarsi di buone scarpe per camminare(guai ai tacchi!!!) per vedere tutto il meraviglioso della Biennale d’arte che ci rende tattile il futuro che non è un sogno, ma sta proprio in mezzo a noi, grazie alla genialità dei nuovi artisti che ci consolano e ci fanno sentire parte di un’umanità degna.

 

 

Maria de falco Marotta &Team
Cultura e spettacoli