A Venezia, bella da morire, c’è tanto da scoprire

Così tanti eventi, e continui, che c'è da perdere la testa

E’ difficile tralasciare di informare sugli eventi culturali di questa città: ne sono così tanti e così di continuo che c’è da perdere la testa. Sembra pacifica e addormentata nelle sue acque la mitica Venezia, ma ha al suo interno una valanga di professionisti di tutte le arti che sono sempre al lavoro ed organizzano il meglio per coloro che amano visitarla non solo come reperto dell’antichità. Cercherò di mettervi al corrente dei più recenti.

1). Le Collezioni della Galleria internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro.

Le Collezioni della Galleria internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro si sono arricchite negli anni anche attraverso le donazioni di opere di grafica provenienti dai più importanti maestri veneziani e dai protagonisti della scena internazionale.
In questo contesto, dal 15 aprile al 1 maggio, nelle salette espositive al piano terra del museo di San Stae viene presentata una mostra dedicata alle quattro edizioni del Premio Rotary Arte e Cultura, uno degli appuntamenti annuali più significativi della realtà culturale veneziana. Istituito nel 2013 su iniziativa del Rotary Club di Venezia con l’intento di offrire un sostegno economico agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, stimolando nel contempo la loro creatività - un’attenzione che nei confronti dell’istituto artistico era già stata anticipata da una borsa di studio dedicata alla scenografia e al costume nel 2011 -, il bando propone ogni anno un tema diverso ispirato agli eventi più significativi del nostro tempo, da esprimere attraverso la grafica. L’edizione 2016, realizzata da Rotary Club di Venezia, vede per la prima volta la collaborazione tra Accademia di Belle Arti e Fondazione Musei Civici nell’ambito di un protocollo di intesa recentemente siglato tra le due istituzioni.
Una cinquantina gli studenti dei corsi di Grafica d’Arte dell’Accademia che si sono cimentati nella realizzazione di un’opera sul tema “Migranti”, attraverso una modalità incisoria liberamente scelta. Tra questi lavori, tutti contraddistinti da un’alta qualità espressiva e tecnica, i docenti dell’Accademia Alessia Del Bianco, Diana Ferrara, Stefano Mancini, Andrea Serafini, Giovanni Turria con Elisabetta Barisoni (responsabile del Museo) hanno scelto venti opere che saranno esposte a Ca’ Pesaro insieme a quelle dei finalisti delle precedenti edizioni. (  per altre informazioni: press@fmcvenezia.it)

2- Il percorso della mostra dei Capolavori ritrovati della collezione di Vittorio Cini: 

Vittorio Cini, fu un ammirevole amante dell’arte e per quanto potè, si assicurò esemplari di grande qualità dell’arte lagunare delle origini, testimonianze del preziosismo materico di una città in costante dialogo con l’Oriente bizantino, Egli ebbe anche il merito di ampliare il perimetro geografico toscano centrico della sua raccolta.
Si inizia con il frammento di un polittico recante Due profeti e due evangelisti, primizia del terzo decennio del Trecento attribuita al Maestro dell’Incoronazione del 1324. L’eredità di Paolo Veneziano nella seconda metà del secolo è rappresentata dal pannello recante le Storie di san Matteo apostolo (dal martirio alla traslazione delle reliquie in Lucania. All’eredità di Lorenzo Veneziano fa invece capo la Madonna con il Bambino in trono, attribuita a Stefano di Sant’Agnese).
Come cultura del Gotico Internazionale ci sono due pannelli, provenienti da un medesimo polittico smembrato e legati alla produzione tardo trecentesca del maestro Nicolò di Pietro, Le tavolette, perfettamente conservate e dalle ricche trame decorative trapuntate nell’oro, sono state accostate alla Madonna del Fogg Art Museum di Cambridge. Il tardogotico in laguna è testimoniato infine da Le stimmate di san Francesco di Michele Giambono, tra i più rappresentativi artisti veneziani, insieme a Jacobello del Fiore e Jacopo Bellini, sulla scia delle novità importate a Venezia da Gentile da Fabriano e Pisanello: un’opera degli anni trenta del Quattrocento, vicina alla Madonna di Baltimora e a quella di Bassano del Grappa, che impagina l’episodio in un paesaggio fiabesco ricco di dettagli naturalistici.

Bernardino da Parenzo
Sulla parete che introduce alla seconda sala, il visitatore potrà ammirare un significativo esempio della produzione del pittore istriano Bernardino da Parenzo, la cui attività si svolse tra Mantova e Padova, in contatto con le aperture più avanzate della pittura nord-italiana del secondo Quattrocento. Il pannello, che raffigura uno degli episodi della vita del santo domenicano Vincenzo Ferrer, predicatore e taumaturgo, canonizzato nel 1455, è stato considerato, insieme ad un altro frammento già nella collezione veneziana Barozzi, parte di una predella di un altare smembrato, databile alla fine dell’ottavo decennio del XV secolo. L’opera rivela, nella caricata e grottesca espressività, l’influenza della pittura ferrarese di Ercole de’ Roberti e Francesco del Cossa e l’apporto della cultura di Marco Zoppo, formatosi nella bottega del padovano Francesco Squarcione.

Il Rinascimento
La pittura rinascimentale occupa un ruolo centrale nel gusto di Vittorio Cini, tanto che acquistò, i capolavori toscani del XV secolo che si possono ammirare al piano nobile della Galleria, nella collezione permanente.
Il Quattrocento lagunare si apre La Madonna con il Bambino, primo numero del catalogo Crivelli intorno alla metà degli anni cinquanta del Quattrocento, è percorsa da influenze belliniane e vivarinesche e la tempera su tela con San Marco evangelista, straordinaria opera giovanile di Andrea Mantegna, concessa in prestito dallo Städel Museum di Francoforte ed esposta nella Sala del Rinascimento al primo piano della Galleria. 
Le altre tavole della sala, tutte di soggetto mariano, restituiscono la ricca trama delle proposte pittoriche nella stagione che si colloca tra ultimo quarto del XV e primi decenni del Cinquecento, stagione fortemente influenzata dalla produzione del genius loci dell’epoca, Giovanni Bellini. Della lezione belliniana, insieme a spunti tratti da Mantegna e Bartolomeo Vivarini, è permeata la giovanile Madonna con il Bambino di Bartolomeo Montagna, presente in mostra anche con uno dei suoi capolavori: la Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni Battista e Francesco (1485 ca.). Memore della lezione di Antonello da Messina, l’opera di Montagna si misura con la Sacra conversazione Renier di Giovanni Bellini (Venezia, Gallerie dell’Accademia): i panneggi magnificamente risolti, la luce crepuscolare in cui si staglia il paesaggio veneto, l’introspezione degli sguardi - indimenticabile il ritratto malinconico di san Francesco, risolto in un toccante naturalismo in cui s’invera la meditazione sul Verbo incarnato - concorrono a creare un’immagine di traboccante bellezza e poesia. Di impianto belliniano, e allo stesso tempo di un plasticismo grafico di matrice vivarinesca, è la firmata Madonna di Andrea da Murano, databile alla fine del secolo. Nei primi anni del Cinquecento si colloca la Madonna di Cima da Conegliano.
Ancora un’opera di Bellini, la Sacra Conversazione Giovannelli dell’Accademia dei primi anni del Cinquecento, sta alla base della Madonna con il Bambino e santi di Benedetto Diana, collocabile anch’essa ad apertura di secolo, nella quale si avvertono influenze di Cima, di Jacopo de’ Barbari e delle novità introdotte a Venezia dal ferrarese Bocaccio Boccacino.  Vi è anche la Madonna di Giovanni Mansueti.

I ritratti del Cinquecento e il San Giorgio di Tiziano

Uno degli aspetti più rilevanti della collezione di Vittorio Cini è la predilezione per la ritrattistica, in particolare quella del XVI secolo. La sala offre un’affascinante esemplificazione di questo interesse collezionistico per quanto concerne la scuola veneta, accogliendo ritratti di grande qualità, diversi per concezione e resa psicologica, databili entro la prima metà del secolo.
Due esemplari sono di mano dell’artista veneziano, di origine bergamasca, Bernardino Licinio, singolare interprete della cultura post-giorgionesca declinata come ‘borghese’. Notevole è il suo piccolo Ritratto di giovane, collocabile tra secondo e terzo decennio, nel quale emerge lo sguardo pensoso del giovane, che si staglia contro un ampio cielo striato, fondendosi armoniosamente con il paesaggio collinare dello sfondo. Al 1535, momento di massimo avvicinamento alla cultura tizianesca, risale invece il secondo dipinto di Licinio, un coinvolgente Ritratto virile, che con vigore ci restituisce la fisionomia di un distinto gentiluomo, colto nel pieno vigore della giovinezza, come indica il cartiglio che si staglia in alto a destra, dove è ancora leggibile l’iscrizione «DANIXXX/MDXXXV».
A Tiziano si ispira l’autore del Ritratto di gentiluomo, opera accostata alla tarda produzione di Bartolomeo Veneto, per la raffinata commistione di sensibilità luministica lombarda e di impianto compositivo legato alla cultura veneziana. L’effigiato, colto di tre quarti, domina la scena, occupando quasi interamente il formato verticale della tela, davanti a un pesante tendaggio che chiude completamente lo sfondo. La grande esperienza del pittore nello studio della luce è evidenziata nel gioco dei riflessi che la pennellata cangiante disegna su particolari come l’elsa della spada e sulle profilature dorate del vestito, trovando conferma anche nel modo in cui è diretta a scolpire il volto del personaggio; di particolare interesse iconografico la medaglia che trapunta il cappello, recante il motto «IURAVI ET STATUI» (tratto dal salmo XVIII), invito a farsi custode virtuoso della giustizia divina.
Chiude la serie l’intenso ritratto di Lorenzo Lotto, con buona probabilità raffigurante un membro della famiglia Avogadro degli Azzoni, presso la quale il dipinto è stato custodito per secoli, forse il giureconsulto ed erudito Girolamo, come si evince dal Libro di spese diverse di Lotto. Ricondotto al 1542-43, il ritratto è stato considerato fra i “più penetranti e vivi” della produzione lottesca. Notevole è il singolare taglio compositivo, indubbiamente ispirato al modello aulico di memoria tizianesca. Tra i vanti della collezione, Vittorio Cini ha sempre esibito la tavola di Tiziano raffigurante San Giorgio, il miles christianus che vince il drago per liberare la principessa della città libica di Silena. Riconosciuta come parte della pala con “San Michiel con San Zorzi et San Todaro da le bande”, citata da Marin Sanudo ed esposta il 27 maggio 1517 in Palazzo Ducale, l’opera, vibrante di una intensa sensibilità coloristica e un tempo assegnata a Giorgione, è stata poi confermata al maestro cadorino quale significativo esempio del suo catalogo giovanile.

Il Settecento: Canaletto, Tiepolo, Guardi

Il Barocco ha poco spazio nella bellissima collezione di Vittorio Cini, convinto che  il XVIII secolo fu per Venezia un secolo d’oro per le arti, come lo era stato il Cinquecento. Con la lucida coscienza del collezionista che si specchia nell’immagine di un’aristocrazia lagunare colta e raffinata, Vittorio Cini intensificò, a partire dagli anni Cinquanta, gli acquisti di opere dei grandi protagonisti della cultura artistica della Venezia settecentesca, in primo luogo per arricchire le stanze della dimora sul Canal Grande.
Il salone accoglie molti dei capolavori che Cini riuscì ad assicurare alla sua già vasta e mirabile raccolta. Dominano i due Capricci giovanili di Canaletto e di Giambattista Tiepolo si espongono due opere degli anni trenta: la Madonna con il Bambino e sant’Antonio da Padova, concepita per la devozione privata; e l’Educazione della Vergine, bozzetto riconducibile, insieme ad una versione anteriore conservata a Digione, alla grande pala per la chiesa veneziana di Santa Maria della Consolazione.
Considerevole il corpus di dipinti di Francesco Guardi, genius loci che incarna gli sviluppi più audaci della ‘civiltà del tocco’ del Rococò veneziano e la dissoluzione della forma nell’impasto di luce e colore. Si inizia con la singolare tela recante l’Albero genealogico della famiglia Giovanelli, con una stampa del Gran teatro di Venezia di Domenico Lovisa. Si prosegue con il meraviglioso Capriccio con casa rustica in riva alla laguna degli anni sessanta e la Sfilata dei carri allegorici in Piazza San Marco in onore dei Conti del Nord,   e i tre piccoli Capricci dipinti a olio su tavola, esempi della sua vasta produzione di genere, sempre impeccabile nella qualità pittorica.
Antonio Guardi

All’interno della collezione di Vittorio Cini la rilevanza data alla stagione aurea del Rococò lagunare, nella quale gli artisti della Serenissima eccelsero in direzione di un vero e proprio trionfo materico e coloristico, è testimonianza delle predilezioni dell’ultima fase del collezionismo del conte, fortemente orientata sul Settecento veneziano. La sala è interamente dedicata ad Antonio Guardi, protagonista assoluto di questo momento di grande sperimentazione pittorica in laguna, che annovera capiscuola geniali come Sebastiano Ricci, Giambattista Tiepolo, Antonio Pellegrini; le loro felici formule decorative, declinatesi in una vera e propria ‘civiltà del tocco’, sono la chiave del successo e dell’influenza che essi esercitarono presso le principali corti europee.
Della ricca produzione del pittore di origine trentina, Vittorio Cini riuscì ad assicurarsi due esemplari della serie delle 47 turcherie appartenute al maresciallo Johann Matthias von der Schulenburg, riformatore dell’esercito veneziano e difensore di Corfù, oltre che colto collezionista presso il quale Antonio Guardi prestò il proprio servizio di pittore: per il mecenate, di cui Guardi realizzò più di una ventina di ritratti dipinse anche il gruppo di scene di genere di soggetto turchesco, esemplificate sule tele di Jean-Baptiste Van Mour e databili tra 1741 e 1743, grazie ai preziosi libri di cassa tenuti dal maresciallo. Rispondendo alla moda diffusa per l’esotismo levantino, Guardi traduce i celebri modelli del fiammingo in uno stile compendiario dalla pennellata sciolta e lievitata, volgendoli verso esiti di piacevolezza decorativa.

Straordinaria fu l’acquisizione delle tele realizzate da Antonio Guardi per il soffitto di un ambiente del palazzo veneziano dei Zulian del ramo di San Felice: la committenza è stata ipoteticamente ancorata dalla critica alle nozze celebrate nel 1757 tra Lucrezia Zulian, figlia di Zuanne, con Alessandro Ottoboni Boncompagni. Del ciclo, precedentemente esposto a palazzo Grassi, quando era di proprietà degli Stucky, poi a palazzo Labia, nella collezione di Carlos de Beistegui, si espongono tre delle quattro tele che Vittorio Cini acquistò per ornare una delle stanze del suo palazzo sul Canal Grande: Cibele, Nettuno e Vulcano, tre divinità dell’Olimpo pagano che rappresentano le allegorie degli elementi, la Terra, l’Acqua, il Fuoco (manca all’appello una Giunone, a simboleggiare l’Aria, dispersa). Nella ricostruzione dell’assetto originale del soffitto, le tre tele si dispongono a corona attorno alla figura allegorica dell’Aurora, non esposta, modellata su un affresco con soggetto analogo di Antonio Pellegrini e iconograficamente collegata all’esaltazione della gloria del casato Zulian, recentemente ascritto all’albo del patriziato. Ricondotto alla fase matura di Antonio Guardi, in sintonia con opere del medesimo tempo come la pala d’altare di Cerete Basso (1754), la decorazione ad affresco di casa Barbarigo (oggi Ca’ Rezzonico) o la serie delle tele per palazzo Mocenigo Robilant, il ciclo è espressione piena dello stile vibrante e liquido del pittore e capolavoro della decorazione profana a Venezia nel Settecento.

3.- Gli album con i Fasti veneziani di Antonio Guardi

I trentasette disegni raccolti nei tre album Cini, sono considerati il capolavoro di Antonio Guardi. L’insieme grafico, oltre a testimoniarne il genio creativo, ben rispecchia anche l’attività cui il maestro settecentesco, per sopperire alle impellenze della vita, dovette costantemente dedicarsi nell’arco della sua carriera, quella del copista. Alla più parte dei fogli, difatti, corrisponde un modello dipinto, identificabile ora nei cicli pittorici di Palazzo Ducale, ora in un gruppo di scene storiche della famiglia Erizzo, ora nei cartoni preparatori per i mosaici della Basilica e nei teleri della Scuola Grande di San Marco; apparentemente originali, quattro raffigurazioni celebrano invece Caterina Corner, regina di Cipro. Dimostrando un’incontenibile libertà espressiva, Guardi riesce a creare elaborazioni personalissime, che ai nostri occhi appaiono come prove straordinarie del gusto rococò.

4- Le stanze del vetro

Altro grande impegno della Fondazione G. Cini, è l’esposizione dell’arte vetraria austriaca (anche se ci stanno costruendo la barriera, il muro per non farci più liberamente circolare: poveri camionisti!)
Con oltre 300 opere, in gran parte provenienti dal MAK di Vienna, LE STANZE DEL VETRO dedica l’esposizione primaverile alla genesi della moderna arte vetraria in Austria, in un periodo molto fervido compreso tra gli ultimi decenni dell’Impero Austro-Ungarico e la Prima Repubblica, dal titolo: Il vetro degli architetti. Vienna 1900-1937

5- Accrochage e Sigmar Polke  sono le mostra di Punta della Dogana e Palazzo Grassi( assolutamente da vedere, se non altro per la Pr che le fa conoscere,  maggiore esperta in questo campo e se la tiene stretta Pinoult, un motivo ci dovrà pur essere, no?) Visitabili dal 14-15 aprile 2016.
5-  Le Città in Festa - Primavera

Mestre e Varie sedi
 Le città in festa – ha esordito l'assessore Mar – sono partite come una scommessa, una sfida. Ora sono una realtà, un segnale importante che le città di Venezia sono vive, che i cittadini vogliono contribuire a rivitalizzare il territorio, partecipando agli eventi sia come spettatori che come organizzatori. Il successo delle edizioni precedenti ci ha convinto che la formula è quella giusta. Continueremo quindi ad usare lo stesso format arricchendolo di volta in volta con nuovi appuntamenti diffusi su tutto il territorio”. “Anche questa terza edizione – ha proseguito Guzzon – coinvolgerà tutta la città e le categorie, proponendo eventi legati all'arte, alla poesia, allo sport e alle tradizioni. Un calendario ricco e variegato per venire incontro ai gusti di tutti: sono certa che nessuno si annoierà”.
Gli Eventi
Vi saranno 305 eventi, tra cui ben 107 dedicati alla musica e 42 alla poesia, 95 conferenze, oltre 70 luoghi, sia all'aperto che al chiuso, 18 mostre, 82 giorni: sono numeri importanti quelli dell'edizione primaverile de Le Città in Festa, che da aprile a giugno animeranno tutto il territorio comunale.
E poi, non dimentichiamo che da fine maggio 2016 ci sarà la grande kermesse della Biennale Architettura. Pronti, allora, per partire?

 

 

Maria de falco Marotta & Team
Cultura e spettacoli