Difendiamo la nostra lingua!

Ripubblichiamo un articolo-omaggio alla nostra limgua e la acuta vignetta di Antonio Del Felice:

Una volta toccava ai medici la palma della incomunicabilità. Uno usciva dall'ambulatorio con la ricetta e provava a decifrarla. Dopo qualche tentativo riusciva nell'intento scoprendo di avere una “una rinofaringite acuta infettiva virale causata da Rhinovirus”. Terribile. Senza perdere un minuto di corsa in chiesa a confessarsi almeno per non correre rischi infernali dall'altra parte nell'ipotesi che quel Rhinovirus la spuntasse nonostante la razione di antibiotici. Una botta terribile, solo parzialmente poi alleviata dal venire a sapere che quel terribile male in realtà era il comune raffreddore.

Oggi la palma della incomunicabilità spetta a chi si occupa di economia. Basta leggere 'Il Sole 24 Ore' che in teoria dovrebbe essere il veicolo divulgativo per antonomasia e invece è organo per specialisti. Requisito essenziale: conoscere l'inglese in particolare il gergo da casta evitando il linguaggio da casalinga o da panettiere.

Monti, il bocconiano
L'esempio vien dall'alto, dal Governo Monti. Ma vi pare che un bocconiano potesse rivolgersi agli italiani proponendo “la revisione della spesa” con un linguaggio da casalinga o da panettiere? Volete mettere quanto più fino e sofisticato, al pari della rinofaringite di cui dianzi, fosse invece andare in TV proponendo dall'alto quella locuzione misteriosa e piena di fascino detta la “Spending review”? (O oggi jobs act)

Anticonformisti
Massimo Granellini illustra bene l'innovazione. "Se anche voi non sopportate chi in ufficio si dà la mission di proporre uno step che esalti il brand e individui una location dove briffare i competitor. Se al telegiornale...
Se anche voi pensate che quando qualcuno non sa cosa dire lo dice in inglese, specie se non sa neppure l'inglese, allora vi suggerisco di leggere e firmare la petizione all'Accademia della Crusca lanciata su 'internazionale' da Anna Maria Testa e rintracciabile ai seguenti indirizzi: Change.org  e    #dillo in italiano”.
Anticonformisti a favore dell'italiano di qua. Di là i conformisti 'alla City'.

 

La petizione
  Diretta a Membri del Consiglio Direttivo Aldo Menichetti, Massimo Fanfani, Vittorio Coletti, Luca Serianni e 2 altri2
  Sarà consegnata a Membri del Consiglio Direttivo Aldo Menichetti, Massimo Fanfani, Vittorio Coletti, Luca Serianni
  Presidente Accademia della Crusca Claudio Marazzini
  Presidenti Onorari Accademia della Crusca Nicoletta Maraschio e Francesco Sabatini
  Un intervento per la lingua italiana (#dilloinitaliano)

Annamaria Testa

Una petizione per invitare il governo italiano, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese a parlare un po’ di più, per favore, in italiano.

La lingua italiana è la quarta più studiata al mondo. Oggi parole italiane portano con sé dappertutto la cucina, la musica, il design, la cultura e lo spirito del nostro paese. Invitano ad apprezzarlo, a conoscerlo meglio, a visitarlo.

Le lingue cambiano e vivono anche di scambi con altre lingue. L’inglese ricalca molte parole italiane (“manager” viene dall’italiano maneggiare, “discount” da scontare) e ne usa molte così come sono, da studio a mortadella, da soprano a manifesto.
La stessa cosa fa l’italiano: molte parole straniere, da computer a tram, da moquette a festival, da kitsch a strudel, non hanno corrispondenti altrettanto semplici, efficaci e diffusi. Privarci di queste parole per un malinteso desiderio di “purezza della lingua” non avrebbe molto senso.

Ha invece senso che ci sforziamo di non sprecare il patrimonio di cultura, di storia, di bellezza, di idee e di parole che, nella nostra lingua, c’è già.
Ovviamente, ciascuno è libero di usare tutte le parole che meglio crede, con l'unico limite del rispetto e della decenza. Tuttavia, e non per obbligo ma per consapevolezza, parlando italiano potremmo tutti interrogarci sulle parole che usiamo. A maggior ragione potrebbe farlo chi ha ruoli pubblici e responsabilità più grandi.

Molti (spesso oscuri) termini inglesi che oggi inutilmente ricorrono nei discorsi della politica e nei messaggi dell’amministrazione pubblica, negli articoli e nei servizi giornalistici, nella comunicazione delle imprese hanno efficaci corrispondenti italiani. Perché non scegliere quelli? Perché, per esempio, dire “form” quando si può dire modulo, “jobs act” quando si può dire legge sul lavoro, “market share” quando si può dire quota di mercato?

Chiediamo all’Accademia della Crusca di farsi, forte del nostro sostegno, portavoce e autorevole testimone di questa istanza presso il Governo, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese. E di farlo ricordando alcune ragioni per cui scegliere termini italiani che esistono e sono in uso è una scelta virtuosa.
1) Adoperare parole italiane aiuta a farsi capire da tutti. Rende i discorsi più chiari ed efficaci. È un fatto di trasparenza e di democrazia.
2) Per il buon uso della lingua, esempi autorevoli e buone pratiche quotidiane sono più efficaci di qualsiasi prescrizione.
3) La nostra lingua è un valore. Studiata e amata nel mondo, è un potente strumento di promozione del nostro paese.
4) Essere bilingui è un vantaggio. Ma non significa infarcire di termini inglesi un discorso italiano, o viceversa. In un paese che parla poco le lingue straniere questa non è la soluzione, ma è parte del problema.
5) In itanglese è facile usare termini in modo goffo o scorretto, o a sproposito. O sbagliare nel pronunciarli. Chi parla come mangia parla meglio.
6) Da Dante a Galileo, da Leopardi a Fellini: la lingua italiana è la specifica forma in cui si articolano il nostro pensiero e la nostra creatività.
7) Se il nostro tessuto linguistico è robusto, tutelato e condiviso, quando serve può essere arricchito, e non lacerato, anche dall’inserzione di utili o evocativi termini non italiani.
8) L’italiano siamo tutti noi: gli italiani, forti della nostra identità, consapevoli delle nostre radici, aperti verso il mondo.
Se sei d’accordo firma, parlane, condividi in rete. E fallo adesso. Grazie!

Chiediamo che, forte del nostro sostegno, l’Accademia della Crusca inviti formalmente il Governo e le Pubbliche Amministrazioni, gli esponenti dei media, le associazioni imprenditoriali a impegnarsi per promuovere l’uso dei termini italiani in ogni occasione in cui farlo sia sensato, semplice e naturale.
Infarcire discorsi politici e comunicazioni amministrative, resoconti giornalistici o messaggi aziendali di termini inglesi che hanno adeguati corrispondenti italiani rende i testi meno chiari e trasparenti, meno comprensibili, meno efficaci. Farsi capire è un fatto di civiltà e di democrazia.
Ma non solo: la lingua italiana è amata. È la quarta studiata nel mondo. È un potente strumento di promozione nel nostro paese ed è un grande patrimonio. Sta alle radici della nostra cultura. È l’espressione del nostro stile di pensiero. Ed è bellissima.

Privilegiare l’italiano non significa escludere i contributi di parole e pensiero che altre lingue possono portare. Non significa chiudersi ma, anzi, aprirsi al mondo manifestando la propria identità. Significa, infine, favorire un autentico bilinguismo: competenza che chiede un uso appropriato e consapevole delle parole, a qualsiasi lingua appartengano.

Chiediamo inoltre che, come avviene in Francia, in Spagna, in Germania e nei paesi anglosassoni, l’Accademia della Crusca attivi, anche in rete e insieme ad altre istituzioni, iniziative e servizi utili a promuovere e a diffondere qui da noi l’impiego consapevole delle parole italiane, e chiediamo che vengano conferite le risorse per poterlo fare.

https://www.change.org/p/un-intervento-per-la-lingua-italiana-dilloinita...
 

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