I NERI FIORI DEL MALE

A proposito di Baudelaire

(Nello Colombo)
Il “poeta maledetto” fa ancora parlare di lui. Ed ha ancora un grande seguito. L’associazione culturale sondriese “Progetto Alfa” affida “I fiori del dualismo” di Baudelaire, nel 200° dalla sua nascita, al filosofo Massimiliano Zaino che traccia un rapido excursus storico sulle avanguardie parigine vissute sulla propria pelle dal poeta de “Les fleurs du mal”, per poi dissertare in una dotta disamina gnoseologica sull’eterno dualismo della condizione umana. Il Bene e il Male, lo Spirito e la Materia, la Ragione e il Sentimento, l’Anima e il Corpo, rappresentano le forze contrapposte che convivono o si contrappongono nel cuore dell’uomo. Lo sa bene il “poète maudit” asserragliato nel suo mondo pietrificato dal dolore e dall’angoscia esistenziale a cui cerca di sfuggire nel suo vaniloquio artistico che brucia i ponti col passato erigendo un nuovo santuario della deificazione dell’Arte, l’unica capace di fermare a tratti la cadenzata e inarrestabile oscura marcia della morte, indulgendo verso la parola che si fa amica lungo il cammino che pur segue l’ombra del nostro vaneggiare farneticante tra striscianti passaggi evanescenti. Quel che resta è poesia. Zaino è abile nello scarnificare il desiderio insaziabile di Baudelaire di destreggiarsi nell’inconciliabile dissidio degli opposti. Il necrologio o la vanificazione seduttiva della carne tra Dei inutili e lontani è il segno manifesto del suo scandaloso ménage con Janne Duval, l’esotica “Venere nera”, la perdizione sensuosa, la “meretrice danceuse”, “il serpente che danza lascivo” irretendolo e avvolgendolo senza posa tra le sue spire (“Tu, come lama di coltello sei entrata nel mio cuore in lacrime! Sei venuta a fare del mio spirito umiliato il tuo letto e il tuo regno! Tu, infame alla quale son legato come il forzato alla catena. E poi ecco il suo contraltare: Apollonie Sabatier: “la luce, l mondo terso dei cieli e degli astri, quell’etere che lo spirito anela, l’elevazione verso cose più pure, il desiderio di migliorarsi in quanto uomo”. Una Francesca petrarchesca dalle belle membra più che un’eterea Beatrice salvifica nei cieli (“Che metamorfosi mistica di tutti i miei sensi fusi in uno! Il suo alito emette una musica, come la sua voce emana un profumo!”). Ma inesorabilmente vana per Charles che si consola presto tra le braccia di Marie Daubrun e altri rapidi passaggi d’alcova o inseguendo semplicemente con lo sguardo e i sensi una procace “passante”. L’eterno dualismo tra il Bene e il Male. Dilaniato dalla marcescenza del corpo sotto l’avanzare inesorabile del tempo Baudelaire vive a piene mani gli effluvi venefici di paradisi artificiali in un’acuta misoginia che lo porta a “consumare” l’effimero possesso della carne. (“In ogni uomo ci sono, in ogni momento, due postulazioni simultanee, una verso Dio, l’altra verso Satana. L’invocazione a Dio, o spiritualità, è un desiderio di salire di grado; quella di Satana, o animalità, è una gioia di scendere”). Giustamente il filosofo Zaino coglie l’essenza del dualismo baudelairiano nella metafora spietata del malessere di vivere a cui il “poeta maledetto” cerca inutilmente di sfuggire nella seduzione dell’Arte come un’insperata àncora di salvezza a cui, novello Faust, vende l’anima, ispirato dalla purezza di Margherita, ben consapevole che Bene e Male fanno inevitabilmente parte dell’uomo.
Nello Colombo

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