Valtellina a Genova, "Strappare per ricomporre" l'arte di Maurizio Frizziero

Che cosa avrà spinto Maurizio Frizziero a rispolverare dei moduli narrativi da lui scoperti alla fine degli anni '60 e a riprenderne possesso? Quale storia intende raccontarci con le sue accurate e preziose campiture di colore che scontornano persone - donne - dai profili abbozzati? Non mi farei ingannare dal soggetto: non vi è alcun interesse esplicito per l'essere biologico femminile, nell'arte di Frizziero. Posso ipotizzare un puro interesse per la composizione, lo sviluppo del tratto, la ricerca di frammenti di colore da assemblare, da giustapporre e da rendere materici e poi ancora scuriti di sfumature, quasi a voler conferire un sedimento temporale su ogni singola opera e renderla piacevole da vedere. 

Perchè forse non bisognerebbe dirlo: forse parlando d'arte converrebbe anzi evitare il sacrilego tabu: e cioè affermare che siamo di fronte a cose belle da toccare e belle da guardare, opere che per la loro composta ed equilibrata eleganza formale, voglio proprio dirlo, ci appenderemmo in casa. Belle da guardare, sissignori, che sanno entrare in casa tua con educazione, senza pugni nello stomaco e senza costringerti a dipingere una parete di nero. Quindi, per me, niente più che mosaici dalle pastosità cromatiche belle da guardare da lontano, nella prospettiva di una stanza, che cambiano atmosfera col variare delle luci, e belli anche da vicino, quando la figura si perde e si scopre il piccolo tesoro delle tessere multicromatiche. Ecco forse qual'è la rivelazione dei mosaici di carta: una capigliatura e un'incarnato hanno la stessa importanza di una parete o del tessuto di una marsina. Una persona conta come un muro o come il broccato d'una poltrona. Tutto è fatto della stessa materia, di strappi di carta, ex testi e d ex immagini che si ricongiungono a formare nuove identità Se volete c'è anche una metafora del samsara, e un sano ed ecologico riciclaggio della carta (ed anche dei supporti, quasi sempre recuperati tra gli "scarti nobili" della post civiltà dei consumi). In quest'arte d'assemblaggio e di frammenti, tutto diventa texture, tutto diventa pura ricerca cromatica da arte informale, dove a comandare è il rapporto di equilibrio e di mutuo rispetto tra le campiture di colore. E dove tutto però alla fine torna ad essere immagine, presenza e addirittura "persona", testimoniando anche l'imperturbabile occhio di Frizziero, scevro da giudizi, verdetti o sentenze su chicchessia. Era ora che la sua grande capacità di narratore, di descrittore di gente, e la sua colossale galleria di incontri si traducessero in immagini. 

note biografiche
Nasce nel 1940, vive e lavora a Genova. Cresce a Sondrio dove frequenta il liceo scientifico; si trasferisce poi a Genova per seguire i corsi di ingegneria.Nel periodo tra il 1965 e il 1968 realizza un centinaio di collages di medie dimensioni e decine di linoleografie che lo portano alla prima personale alla Porquoi Pas? (che cambierà poi nome in Martini & Ronchetti). Negli stessi anni inizia quello che diventerà il suo lavoro per i quarantanni successivi, il graphic design. (esempio:http://issuu.com/exakta/docs/moduli ) Negli anni '80 diviene Segretario Nazionale di AIAP (Associazione Italiana design della comunicazione visiva), docente di creatività per TP (associazione italiana tecnici pubblicitari), Presidente di Agenco (consorzio delle agenzie liguri di grafica e pubblicità),Questa sua scelta lo tiene lontano dalla sua prima vocazione sino alla fine della sua professione che avviene nel 2012. Fu allora che ricomincia con i collages che trovano spazio in diverse personali e collettive. Dal 2013 al 2016 si è occupato, con varie funzioni, di Artre Gellery. piccola ma conosciuta galleria genovese,

Marco Vimercati
Cultura e spettacoli