A PADRE HUGO DE CENSI IL "LIONS D'ORO 2002"

Premessa: il Lions d'Oro - L'articolo di Don Chiari



PREMESSA: IL LIONS
D'ORO

Il Lion d'oro
è un riconoscimento attribuito periodicamente dal Lions Club
Sondrio Host "a un Valtellinese (per origine o per elezione) che
abbia conseguito nel campo del valore, delle lettere, delle
scienze, delle arti, della tecnica o del lavoro, significative
benemerenze, onorando così in modo straordinario il nome di
Sondrio e della sua provincia in Italia e nel mondo".

Basta scorrere l'elenco degli insigniti per rendersi conto come
vi sia fior di nomi di fama e livello internazionale.

Quest'anno la scelta é caduta su Padre Hugo De Censi con la
seguente motivazione:

LA MOTIVAZIONE

Sacerdote salesiano dal 1951, per circa 20 anni assistente
presso la casa salesiana di Arese, trasformata da carcere
minorile in riformatorio.

Inizia nel 1966 l'Operazione Mato Grosso per portare un nuovo
modo di operare nelle missioni più povere dell'America Latina.

Missionario lui stesso dal 1976 a Chacas (Perù) nel cuore delle
Ande, qui fa sorgere dal nulla scuole, laboratori, cooperative,
un seminario, un ospedale, tre rifugi in alta montagna e tante
altre iniziative.

In tutte queste opere ha portato , accanto alla sua Fede,
naturalmente, la tenacia e la volontà della gente valtellinese,
esaltando così anche in quelle lontane contrade il nome della
nostra terra.



L'ARTICOLO DI
DON CHIARI

Una Chiesa profetica, una Chiesa di frontiera, una Chiesa aperta
ai poveri, una Chiesa carità, una Chiesa giovane, questo abbiamo
visto arrivando a Chacas, da don Ugo, che festeggiava i suoi
cinquant’anni di sacerdozio. In un modo più semplice il
cardinale Martini, che aveva visitato padre Hugo alcuni mesi
prima, aveva detto di ritrovare a Chacas “la Valdocco di don
Bosco”: lo stesso clima di famiglia e di accoglienza,
l’attenzione educativa ai giovani, a quelli più poveri e
abbandonati, l’impegno per la loro formazione scolastica e
professionale, l’allegria dei gioco e della ricreazione, il
senso religioso, che traspariva dalla devozione popolare, dai
canti, dalla liturgia eucaristica, che avvolgeva il tutto, dando
sapore di una comunità viva, da Chiesa delle origini, che non ti
metteva soggezione, ma apriva il cuore alla speranza.

Anima e cuore di tutto, padre Hugo: “un prete clown”, dirà il
cardinale Martini, colpito dalla vivacità del suo stare con i
poveri, con i ragazzi: “Cinquant’anni di sacerdozio come me, ma
io non ho quell’energia che ha lui, con la sua mimica, la sua
fisarmonica, la sua parola, la sua vita così donata” e,
aggiungo, così “mangiata” dai poveri, che hanno bussato alla sua
porta.

Padre Hugo! Qualcuno dei suoi giovani – perché Hugo non è mai
stato solo nel suo stare con i poveri, attorno a lui è cresciuta
l’Operazione Mato Grosso – l’ha definito una roccia. Certo della
Valtellina suo paese di origine, Hugo ha le caratteristiche:
roccia sulla quale poni le fondamenta di una casa, che i venti
non riescono a sbattere giù, anche quando tirano forte. E i
venti hanno sbattuto più volte contro “la roccia”: la malattia,
che lo dava per morto prima del sacerdozio, che non lo ha
abbandonato neppure sulla Cordillera delle Ande, dove, seguendo
i suoi giovani, si era radicato in mezzo ai poveri. E poi le
incomprensioni di chi non capiva il suo andare avanti con i
giovani, la profezia dell’OMG, e poi… e poi il seguire questo
loro mondo, lasciarsi educare e “trafiggere” dalle loro domande,
richieste, bisogni. E poi… le morti, che hanno segnato il suo
cammino. Dei propri cari in Italia, quando lui era in Perù: papà
Vincenzo, Renato, don Ferruccio, la Tosca… Dei propri giovani:
da Claudio Zebelloni a Giulio Rocca. Dei suoi preti: don Remo,
don Tone, don Elio, padre Daniele…

Venti e tempeste non hanno scalfito la roccia e neppure portato
via la terra buona che la circondava: una terra da lui lavorata,
fecondata, che ha donato ai poveri centinaia, migliaia di
giovani, partiti dall’Italia senza alcuna assicurazione con una
generosità da incoscienti, la stessa di padre Hugo, di tutti
coloro che per amore danno la propria vita per gli altri. Non
era un incosciente anche don Bosco, prima ancora Francesco
d’Assisi, prima e dopo tutti i santi della Chiesa, di chi ha
creduto seriamente nel Vangelo, una Parola da incarnare più che
da vivere?

E il giorno del cinquantesimo di sacerdozio a Chacas e Yanama, a
Pomallucay abbiamo incontrato alcuni di questi semi gettati in
terra, a volte arida, che sono maturati in vocazioni
sacerdotali; in famiglie aperte, in realizzazioni per dare
dignità ai poveri: dagli oratori alle scuole d’arte all’ospedale
alle chiese alle cooperative ai rifugi d’alta montagna al
seminario alle case per anziani, per i ‘danielitos”, i picoli
con gravi disturbi fisici o psichici, alle centrali elettriche…
E quanta parlata di Valtellina e Valdidentro, Valchiavenna e
brianzola e bresciana e del Lago e… che bello ritrovare volti
amici: il Tino di Menaggio, il Pino, la Flavia, la Luisa e la
Rosanna, le mitiche “donne di San Rocco”… La festa attorno a
Hugo è stata solenne e semplice insieme: fatta di preghiere, di
sorrisi, di lacrime, d abbracci, di “pranzo”: erano sette mila a
tavola in quel giorno!

“Padre Hugo, el salvador de Chacas”,
intitolava il giornale più venduto di Lima. Ma solo di Chacas?
Don Vittorio Chiari


GdS
8 VI 02

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Don Vittorio Chiari
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