Sanità: costruire un progetto unitario

Dalla riforma ospedaliera del 1968, alla riforma sanitaria del 1978, ad oggi

Penso di avere qualche titolo per intervenire nel
dibattito in corso sulla sanità provinciale. Non foss’altro
per il tanto tempo che ho dedicato al settore, a partire
dalla riforma ospedaliera del 1968, alla riforma
sanitaria del 1978 e alla sua non facile attuazione.

Risparmio reminescenze storiche su occasioni mancate,
scelte rinviate, decisioni non prese, polemiche
politiche, partitiche e sindacali, nonché sperpero di
denaro pubblico per investimenti sbagliati e inutili,
speculazioni e qualche bilancio artefatto, che hanno
accompagnato gli ultimi 30 anni della vita
amministrativa e organizzativa della sanità in provincia
di Sondrio.

Ora, passato e archiviato il periodo in cui i costi e i
deficit della sanità venivano ripianati col sistema a
“piè di lista” e dopo aver sperimentato nuovi direttori,
commissari, diviso e riunito le gestioni; dopo aver
sperimentato un periodo “sperimentale” di un nuovo
assetto organizzativo e infine dopo aver fatto nascere
due aziende provinciali, quella ospedaliera e quella
sanitaria, secondo un modello che, forse può andar bene
per le realtà metropolitane, ma che lascia molto a
desiderare per un’organizzazione sanitaria in montagna.
Ora dicevo, siamo arrivati nel pieno della crisi con un
direttore generale dimissionato, con debiti di gestione
che non accennano a diminuire e che di conseguenza
gravano sulla qualità del servizio e, dulcis in fundo,
con la destituzione dell’Assessore alla Sanità, da parte
del Presidente della Giunta Regionale Lombardia.

Che fare? Occorre fare oggi quello che non si è mai
voluto fare nei decenni scorsi! Ossia costruire un
progetto ampiamente condiviso capace di mettere il
Governo Regionale di fronte alle sue responsabilità.

Ho seguito con particolare interesse il dibattito che si
è andato sviluppando in queste ultime settimane a
proposito del “che fare?”. Ho letto argomentazioni
faziose e non degne di considerazione alcuna,
soprattutto da parte di alcuni “convertiti” ma, a onor
del vero, ho anche trovato pezzi di ragionamento
sensati, degni di essere portati in un luogo appropriato
per essere discussi, confrontati, e assemblati in un
“progetto unitario della comunità valtellinese e
valchiavennasca” da presentare in Regione Lombardia.

Il “progetto”, però, deve vedere il consenso unanime di
tutte le forze politiche, sociali e istituzionali della
Provincia che, una volta tanto, scevre da pregiudizi,
contrapposizioni e interessi di parte, affrontino il
problema per quello che è, punto.

I responsabili di ogni parte politica, sociale e
istituzionale devono prendere coscienza che la gente
tutta chiede che i problemi concernenti la salute e il
servizio sanitario provinciale debbano essere affrontati
e risolti, ovviamente a favore del bene comune,
prescindendo dal colore politico di chi è al governo in
questo momento.

L’ordine sparso, la propaganda, le clientele elettorali,
le ostentazioni di appartenenza a questa o a quella
conventicola, oppure a questa o a quella fazione
partitica; la mancanza di proposte e di un progetto
unitario, hanno sempre penalizzato la Provincia di
Sondrio e permesso alla Regione Lombardia di svicolare
dalle sue responsabilità. E’ urgente, per restituire
dignità politica, sociale e istituzionale alla comunità
valtellinese e valchiavennasca, invertire la tendenza!


Al di la di ogni ulteriore considerazione di merito
vorrei inoltre far osservare che ai più sfugge il
problema dei problemi. Pochi hanno sollevato la
questione fondamentale riguardante il Servizio
Sanitario: “il personale dipendente”.

Pochi si sono chiesti quanto influisca negativamente sul
morale e sulla professionalità di medici, tecnici e
infermieri, la disorganizzazione nel servizio e
l’incertezza nella direzione del medesimo. Pochi si sono
chiesti quanto tutto ciò influisca negativamente sulla
qualità, sull’efficienza ed efficacia del servizio.

E’ vero, come affermano alcuni, che oggi la tendenza in
atto è quella di privilegiare l’aspetto economico –
finanziario delle prestazioni, delle strutture e delle
tecnologie a scapito della qualità dell’assistenza.

Ma i responsabili politici e istituzionali si sono mai
preoccupati del patrimonio umano impegnato nel
funzionamento del servizio? Si sono mai chiesti qual’è
il costo umano della mancata formazione sistematica del
personale? Si sono mai preoccupati dei costi che
derivano dalla sottoutilizzazione delle specialità
professionali? Si sono mai preoccupati della dispersione
del Know-ow acquisito nel corso degli anni a causa della
disorganizzazione in generale e in cui versano diverse
strutture?

Spesso, purtroppo, chi dovrebbe rispondere alle domande
che ho posto si limita a puntare il dito contro questi e
quelli e, tanto per scaricare le proprie responsabilità
e nascondere la propria incompetenza propositiva e
progettuale, non trova di meglio che scagliarsi contro i
sindacati che avrebbero il torto di difendere i posti di
lavoro. Come se difendere i posti di lavoro, con dignità
e cognizione di causa, sia una connotazione di
conservatorismo.

Infine ci sono anche quelli che nutrendosi di
pregiudizi, sostengono che con questo governo regionale
e con questa maggioranza non si può trattare alcunché;
dimenticandosi che la tutela della salute e la cura
delle malattie è un bisogno primario delle persone e un
presidio indispensabile alla sicurezza sanitaria di una
comunità.

Nel nostro Paese, tutti i bisogni primari sono tutelati
dalla Costituzione Repubblicana, quindi non necessitano
di etichettature politiche, ne di elargizioni benevole,
ne di paternità più o meno eccellenti. I bisogni devono
essere individuati, riconosciuti e soddisfatti. Questo è
quanto devono fare tutti coloro che hanno responsabilità
politiche, sociali e istituzionali, a prescindere dal
loro colore politico e dalla loro appartenenza.

Ogni altra considerazione è ipocrita, strumentale e
propagandistica.

Manca il direttore generale dell’azienda ospedaliera e
ci vorrebbe uno che conosca bene la nostra situazione,
dicono in molti! Sarà.! Io sostengo però che non c’è
nessun direttore o manager che possa agire per il bene
comune, seppure con competenza eccellente, in assenza di
un progetto organico e condiviso unitariamente con la
comunità locale. Non bisogna infatti dimenticare che un
progetto, per quanto ottimo e fattibile, per essere
credibile ha bisogno di uno stretto e competente
controllo da parte della rappresentanza politica,
sociale e istituzionale.

Valerio
Dalle Grave


Valerio.dallegrave@cisl.sondrio.it

GdS 20 IX 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Valerio Dalle Grave
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