IL LUNGO PERCORSO DEI CAPANNONI. QUELLI NEL FONDOVALLE VALTELLINESE

E nostra nota

Mi ha colpito l'intervista rilasciata dal sindaco di Talamona Domenico Luzzi, a proposito dell'eccessiva proliferazione di capannoni lungo il fondovalle (La Provincia del 27 dicembre 08).

Il suo andare con la memoria all'inizio degli anni '50 "accusando" (si fa per dire) l'allora Ministro Vanoni di essere stato l'antesignano del capannonificio Valtellinese è una verità inconfutabile, ma storicamente collocata e soprattutto ampiamente giustificata, sia dal punto di vista socio-economico che da quello eco-ambientale. Sono sicuro inoltre che il sindaco abbia ricordato Vanoni con affetto, oltre che con grande rispetto e gratitudine.

Andando anch'io con la memoria verso gli anni cinquanta e sessanta, gli anni in cui sorsero importanti opifici in Valtellina e Valchiavenna posso, senza tema di smentita, affermare che quegli insediamenti industriali, pur nell'impellente necessità di avere strutture produttive a sostegno dello sviluppo economico e pure in assenza (o quasi) di rigidi strumenti e vincoli urbanistici, ripeto, quegli insediamenti furono collocati in luoghi perfettamente compatibili con il territorio ove sorsero e sicuramente rispondenti ai bisogni sociali del momento. Potrei fare un lungo elenco di strutture e luoghi da portare come esempio, per dimostrare come amministratori e politici competenti e responsabili decisero di fare quelle scelte senza compromettere l'ecosistema naturale. Avessero avuto lo stesso buon senso e fossero stati altrettanto responsabili anche molti industriali che chiesero e ottennero facilitazioni insediative, il processo di sviluppo sociale ed economico delle due valli forse sarebbe stato diverso. Ma tant'é.

Per tornare alla scelta che fu di Vanoni, egli assieme alla struttura industriale (del Nuovo Pignone) volle che sorgesse nelle immediate adiacenze un villaggio residenziale attrezzato da offrire ai futuri dipendenti della fabbrica che avessero bisogno di un alloggio adeguato. Buon senso, lungimiranza, amore per la propria terra e per la sua gente e rispetto dell'ambiente, caratterizzò quella scelta.

Più tardi, dopo il cosiddetto "boom economico" e con la nascita delle Regioni, altre esigenze insediative si affacciarono all'orizzonte e memori dell'oculatezza con cui i predecessori avevano agito, tutti assieme: politici, amministratori locali e sindacati, si pensò di rispondere alle impellenti richieste individuando delle aree circoscritte, chiamate appunto "aree attrezzate", ove fosse possibile collocare i nuovi insediamenti industriali. Furono individuate tre grandi aree: una in Valchiavenna, una a Morbegno e una a Tirano. A determinare quelle scelte fu ancora prevalente il buon senso e il rispetto dell'ambiente.

In seguito, probabilmente dopo l'alluvione del 1987, qualcosa ruppe l'equilibrio che fino a quel momento aveva presieduto alla tutela e salvaguardia del territorio. Leggi nazionali e regionali confuse e contraddittorie offrirono il destro a pericolose scorciatoie. Infatti in assenza di regole chiare e di strumenti di controllo appropriati, ogni Amministrazione Comunale decise di regolarsi autonomamente e di rispondere in prevalenza alle pressioni che venivano dal mondo della speculazione. Tant 'è che in una quindicina d'anni del territorio di fondovalle se ne è fatto (ed è ancora in corso) uno scempio.

Il Piano di Coordinamento Provinciale proposto dalla Regione Lombardia fu snobbato dalla precedente Amministrazione Provinciale, fu intralciato con veti incrociati dalle Comunità Montane, da spinte campanilistiche dei diversi Comuni e da un laisses faire, per non dire di un palese disinteresse, della attuale Amministrazione provinciale, la quale vorrebbe scaricarsi di ogni propria responsabilità in merito.

In conclusione vorrei dire al caro amico sindaco di Talamona che: è pur vero che c'è capannone e capannone, ma che si informi bene perché constaterà che la maggior parte dei capannoni che deturpano la valle non producono quel Know-How, che lui giustamente elogia ( e che così dovrebbe essere), perché sono solo degli scatoloni di cemento vuoti e nella migliore delle ipotesi adibiti a stoccaggio di merci spesso invendute e ingombranti come le automobili. Infine, concordo con il Rag. Luzzi sulla necessità di un tavolo ove si possa discutere a 360 gradi sulle vocazioni reali e sul futuro assetto della provincia di Sondrio. Tutto ciò con il proposito che ai nostri nipoti non sia lasciato in eredità il deserto. Buon Anno 2009.

31 dicembre 2008 Valerio Dalle Grave

A proposito di capannoni: le cose 'alla brutto cane'

Abbiamo già avuto occasione di trattare la materia, - sia consentito: con piena cognizione di causa avendo avuto sempre responsabilità, anche nazionali, in materia, battendomi da sempre, con qualche risultato, contro l'irresponsabilità. Non sto a ripetere tutto l'argomentare. Ricordo solo che la Comunità Montana di Valtellina, quella unica, aveva approvato un Piano quanto di meglio sin allora prodotto in Italia. Fra le altre cose, come la soluzione ingegnosa per tutelare le zone agricole pregiate, il Piano prevedeva 11 aree artigianali fra le quali alcune "mini" di carattere locale con il divieto tassativo di insediamenti esterni a tali aree. Era in Regione quando vi fu la disastrosa divisione in quattro comunità oltre che piccole anche senza i poteri che invece aveva la C.M. unica. Il Piano finì in discarica senza più possibilità. Persa l'unica occasione, quella buona, offerta dalla LR 23 dopo la calamità si finì in un angolo. Perché? La realtà vera è che in sede nazionale i Comuni riuscirono a prevalere togliendo alle Province i poteri reali, indispensabili per un'azione di Governo del territorio, con un coordinamento che in buona sostanza è ostaggio dei Comuni visto che la loro Assemblea deve esprimere il parere sul piano. In tempi di acquisita sussidiarietà impossibile una soluzione dirigistica tanto è vero che la carenza legislativa dovrebbe essere superata con il nuovo Piano regionale, - di cui ha responsabilità principale il nostro consigliere Bordoni -, che è già a quota 6.000 pagine. Ci si può attaccare ad aspetti collaterali. Gli scarichi ad esempio. I passi carrai visto che non é la stessa cosa che vi sia un passo carraio per un prato che diventa accesso per attività con forte afflusso di persone e/o merci. Eccetera. C'è comunque un aspetto che pur nell'impotenza attuale potrebbe essere più curato, ed è quello estetico. Il Nuovo Pignone, la Manifattura dell'Adda, qualche altro insediamento degli anni 70 e oltre hanno una loro dignità. Tanti di quelli sorti dopo, e adesso, sono 'COSE ALLA BRUTTO CANE'. Forse sarebbe il caso che gli ambientalisti facessero una ricerca e pubblicassero il nominativo dei progettisti dei capannoni, sia di quelli decenti che di quelli indecenti. Dubitiamo che si faccia…

Comunque auguri..

a.f.

PS Come mai nei quasi 10 km in Cimune di Teglio i capannoni non ci sono?

Valerio Dalle Grave
Dalla provincia