Chi era Maris? editorialista di Charlie Hebdo (strage di Parigi)

Maris propugnava la rinegoziazione del debito degli Stati europei fino al 60% del PIL...

Caro Direttore,
il 7 gennaio 2015 due killer mascherati hanno assassinato Bernard Maris, uno dei 6 consiglieri nominati della Banca di Francia. E’ stata la vittima di contorno all’interno di una strage islamica? Oppure era la vittima designata, con una falsa strage islamica a fare da contorno? Ce lo dirà forse la lunga inchiesta giudiziaria che si dipanerà su Charlie Hebdo, dopo che la farsa dell’inchiesta mediatica ha esaurito tutto in 5 giorni: i fatti, l’inchiesta, il processo sommario, la condanna a morte, e anche la manifestazione di massa coi politici.
Chi era Maris? Massone, socialista, poi verde, editorialista di un porno-giornale anticattolico come Charlie Hebdo, aveva tutte le caratteristiche giuste per essere da me cordialmente detestato. Ma finanziariamente era una testa sana, e a me risuona spesso nella mente la frase che disse Massimo Amato, bocconiano eretico, nel novembre 2012 alla CGIL di Reggio: “Non siamo più nella condizione di fare gli schizzinosi. Se in campo economico e finanziario vediamo un’idea buona, bisogna prenderla, da chiunque venga”.
Maris propugnava la rinegoziazione del debito degli Stati europei fino al 60% del PIL. Quindi non gli Stati a massacrare i cittadini per “rientrare” nei parametri, ma semplicemente la constatazione che alcuni Stati europei sono nella stessa situazione degli Stati africani dell’anno 2000: hanno già pagato il debito molte volte, e il debito continua ad autoalimentarsi solo tramite gli interessi passivi. Chiedeva insomma un sacrificio (sacrificio per modo di dire, già largamente compensato da decenni di “mungitura”) al sistema bancario invece che ai popoli, come precondizione indispensabile per la ripresa economica. Era la massima delle eresie. E la diceva in modo divulgativo, stando nella “stanza dei bottoni” bancaria.
Cito un brano dal suo “Antimanuale dell’economia”.
Alla fine di questo Antimanuale, dovrebbe essere chiaro che la gratuità e la solidarietà determinano la crescita, l’invenzione, la ricchezza, malgrado la concorrenza, sostanzialmente inefficiente. (…). Il sistema di mercato sopravvive soltanto perché fagocita tutto quello che discende dalla gratuità e dalla solidarietà. Si appropria dei beni pubblici e impone pedaggi per il loro uso (…). Virtù come l’onore, la fedeltà, il rispetto per gli altri, la morale, non hanno alcun interesse per l’economista, a meno che si presentino sfigurate da qualche grottesca formulazione del tipo “Quanto mi rende essere onesto?”.
Dobbiamo smascherare instancabilmente i rapporti di potere che si celano sotto le “evidenze” economiche, rifiutare tutte le false leggi (“i profitti di oggi sono i posti di lavoro di domani”, “il commercio arricchisce”, “la Borsa tira la crescita”) e tutte le false evidenze (“gli Stati Uniti sono un paese liberale”: al contrario, sono nazionalisti, interventisti in campo economico e fanno un enorme ricorso, specie in materia di ricerca, ai fondi pubblici).
“Si appropria dei beni pubblici e impone pedaggi per il loro uso”. E’ quello che sta succedendo adesso con la ennesima privatizzazione: il 5,7% di Enel viene privatizzato per “fare cassa”. Operazione gestita da Merrill Lynch, Goldman Sachs, Mediobanca e Unicredit, i soliti noti. Il 5,7% di Enel andrà a privati, noi “faremo cassa”, dopo di che la stessa congrega di banche darà un colpetto al tasso di interesse, e si riprenderà i soldi attraverso gli interessi passivi. Così non avremo né l’Enel né i soldi. Vecchi trucchi.
Ormai, con l’operazione “banche popolari” e con l’accelerazione sulle privatizzazioni il governo Renzi si rivela per ciò che è: l’ennesimo esecutore delle direttive bancarie. Come Letta che aveva il compito di aumentare il capitale di Bankitalia a nostre spese. Come Monti che aveva il compito di strozzarci, perché lo strozzato privatizza più facilmente. Come l’Unione del tempo che fu, che cambiò lo Statuto di Bankitalia consegnandola ai privati, invece di realizzare la legge 28 dicembre 2005 n.262 che prevedeva il ritorno di Bankitalia in mano pubblica entro tre anni, come da suo Statuto, dopo che le privatizzazioni di Amato I, Ciampi, Dini, Prodi I, D’Alema I, D’Alema II, Amato II l’aveva occultamente consegnata ai privati (un grazie a Famiglia Cristiana che rivelò l’inghippo nel gennaio 2004).
Buona notte, Italia.

Giovanni Lazzaretti
Dalla provincia