Le foibe di Tito genocidio di italiani

Ho letto  sui giornali che tra centri sociali e forze dell'ordine ci sono state tensioni per i vari convegni  sulle foibe organizzati in tuta Italia. Ci sono infatti stati spintoni tra i gruppi antifascisti, polizia e carabinieri schierati a protezione dei partecipanti a questi convegni anti-foibe con manifestanti appartenenti ai centri sociali che hanno tentato di rompere i vari sbarramenti delle forze dell'ordine in tenuta antisommossa nei posti dove sono state organizzate le serate per la Giornata del ricordo delle foibe. Ritengo che non sia giusto dimenticare gli orrori dei partigiani titini e l'esodo degli italiani dalmati che ha scatenato reazioni, ire e insulti da parte di chi vuol vedere nello strazio di una terra vilipesa una mistificazione fascista e nell’esodo disperato di tanta gente solo la fuga di una marea di fascisti. E’ giusto, invece, ricordare questo pezzo scomodo di storia italiana perché riportare alla memoria il dramma, umano e familiare vissuto da centinaia di migliaia di persone non può certamente essere considerato un reato di lesa maestà, come molti invece affermano. Del resto nei primi anni quaranta moltissime persone sono state torturate e uccise a Trieste e nell’Istria controllata dai partigiani di Tito. E, in gran parte, gettate (molte ancora vive) dentro le voragini naturali che si trovano sull’altipiano del Carso. Sono le foibe. E’ assurdo pensare che, a guerra ormai finita, migliaia di persone hanno perso la vita ed è altrettanto assurdo pensare che, per tutti questi anni, la storia d’Italia è stata parzialmente cancellata da questi tristi episodi delle foibe. Infatti per lungo tempo la storia dopo averlo rimosso per anni, ora considera un fatto minore l’esodo giuliano-dalmata, con migliaia di esuli che, dopo la firma del Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947, lasciarono i territori consegnati all’esercito del maresciallo Tito, per cercare rifugio in Italia, fuggendo dalla pulizia etnica e dalle foibe. La storia ci dice che l’Italia fascista prima e la Jugoslavia di Tito poi sono crollate. La prima dopo poco più di vent’anni, la seconda dopo il ’45, a dispetto delle loro politiche aggressive e razziste, con le quali avevano conquistato e difeso i loro confini, offeso gli abitanti della regione che non erano i propri. Una politica di apertura, di dialogo e conciliazione, di rispetto e difesa reciproci, avrebbe dato di più a tutti. Con la fine della guerra i titini invasero tutta la regione e finirono il lavoro iniziato nel 1943: si calcola che almeno 5-6mila siano stati gli italiani infoibati, che contando gli scomparsi non rientrati ed i deportati, nel complesso circa 20.000 furono le vittime di questa pulizia etnica mossa con sparizioni, infoibamenti in Istria e gli annegamenti con una pietra al collo in Dalmazia. Tutto questo derivò da una serie di ragioni: odio etnico contro gli italiani, voglia di conquista e l'instaurazione di un regime decisamente dittatoriale di stampo sovietico e repressivo come quello stalinista in URSS. Ragioni di politica internazionale e interna hanno impedito che si facesse piena luce ai drammi e alle sofferenze di quelle pagina di storia. Ma è  incredibile che ancora ad oggi la burocrazia italiana non sia stata in grado di garantire a queste persone diritti di cittadinanza, come ad esempio un codice fiscale. La Resistenza può contare su dei libri di storia molto belli, il dramma dei giuliano- dalmati no. Del resto la Resistenza è diventata un luogo mitico-simbolico della nostra storia grazie alla grande narrativa dei vari Bassani, Cassola, Vittorini, Pavese. Perché è la grande narrativa che entra nel cuore della gente. La vicenda degli esuli, invece, è prima di questa drammaturgia che ha portato alla macro-rimozione della tragedia degli esuli. Una rimozione dai libri di storia e dalla nostra identità. E’ assurdo che la storia degli esuli dalmati sia stata dimenticata per oltre mezzo secolo.  Purtroppo in Italia una parte di opinione pubblica continua ad essere vittima di una visione manichea delle vicende che, in particolare, segnarono la fine dell'ultima guerra mondiale e il dopoguerra. C'è un'irriducibile incapacità, rafforzata da anni di storiografia monocorde, a fare i conti in modo equilibrato ed equanime con i drammi e gli errori che, da tutte le parti, contraddistinsero quella tragica stagione. Etichettare come fascisti tutti coloro che scelsero di non vivere in Jugoslavia è il frutto di questo atteggiamento culturale. Ma è, per molti, anche il modo di non fare i conti con la propria storia personale. Di non riconoscere che, finalmente sconfitta la dittatura grazie anche alla Resistenza, in molti tra coloro che avevano valorosamente contribuito a liberare l'Italia dal fascismo, volevano imporre al nostro Paese un'altra dittatura, non meno feroce, quella del proletariato.  La stessa da cui fuggirono centinaia di migliaia di esuli. Pagando un prezzo elevatissimo ai propri affetti, alla propria terra, alla propria identità. Ricordarli non è solo giusto. È un dovere. Del resto,  è abominevole  che qualcuno pensi che le foibe siano stato un atto giusto, come conseguenza o una vendetta ai vent’anni di soprusi del Fascismo. Sono convinto che vadano condannati entrambi i crimini, senza metterli in relazione tra loro. Mario Pulimanti

 

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