PETROLIO: MENO 1,30 $

Dai 27, ma anche 15, dollari in poi - Dai 27, ma anche 15, dollari in poi - Energia sempre più cara – Ritorni il nucleare

Il petrolio è a meno 1,30. Meno 1,30 da che cosa? Dalla quota 80 dollari al barile che in un articolo prima della guerra in Irak avevamo indicato, sulla base delle previsioni di un esperto USA, come il risultato dell’avventata decisione di Bush, succube del falco Rumsfeld – quello che la sapeva lunga e che aveva sprezzantemente definito gli inviti alla cautela come voci della vecchia Europa senza accorgersi che era la saggia Europa che parlava – di imitare il padre, cacciare Saddam e concertire l’Irak alla democrazia. E’ andata come vediamo, peggio del Vietnam perché là quantomeno era in ballo una sorta di divisione del mondo in due, una guerra fra giganti non direttamente guerreggiata alla base della scelta d’intervento, peraltro poi costellato da macroscopici errori e politici e militari. Bush sostiene che la guerra sarà ancora lunga e che non si può andare via perché sennò sarebbe una vittoria del terrorismo. Lunga in realtà non sarà in quanto scaduto il mandato di Bush alla Casa Bianca di insedierà un democratico che troverà il sistema di riportare i soldari a casa (e la stessa cosa succederà se anche vi fosse un’improbabile vittoria repubblicana).

Dai 27, ma anche 15, dollari in poi

Al tempo dell’invasione del Kuwait erano stati superati, sia pur di poco e per breve periodo, i 50 dollari al barile. Poi però la media sino al 2004 era stata intorno ai 27 dollari con punte massime intorno ai 35 ma anche con punta minima intorno ai 15 dollari nel 1999. Siamo, quasi, agli ottanta allora indicati, che sembravano una boutade, e c’è chi prevede un peggioramento sostanziale per il 2010 in relazione al calo di nuovu ritrovamenti combinato con la crescita della domanda legata alla crescita di Cina, India e altri Paesi. Non tutto infatti è addebitabile al conflitto irakeno ma solo una parte per via delle enormi riserve nel sottosuolo di quel Paese, Sta però il fatto che la guerra in Irak, al di là dell’indidenza sulla produzione petrolifera locale, ha innescato processi anarchici non governabili di cui Al Qaeda è aspetto vistoso ma non l’unico.

Energia sempre più cara

Non ci sono possibilità di invertire la tendenza. Potrebbero esserci se fosse più vicina la prospettiva dell’energia da fusione nucleare, sempre più lontana. Era data per fattibile entro il millennio, per qualcuno anche prima. Oggi al minimo è data per il 2060 circa. Le altre fonti energetiche, quelle rinnovabili, sono ostacolate al massimo. Ci riferiamo ai grandi impiani eolici, unici a fornire una produzione consistente, alla cui progettazione si accompagna regolarmente la formazione di urlanti e attivi Comitati locali difensori di paesaggi le cui bellezze spesso nessuno riesce a scorgere e tutti uniti nell’obiettivo: gli impianti ci vogliono, per l’energia ma anche per l’effetto serra, però van fatti da un’altra parte… Quand’anche comunque il nostro un per cento di eolico rispetto al totale salisse, perfino all’(% della Spagna, tenuto conto che più del 70% viene prodotto in centrali termoelettriche da combustibili fossili, quasi tutti importati così come circa il 15% dell’energia viene importato (siamo il secondo Paese al mondo importatatore di energia!). Bolletta energetica quindi sempre più cara.

Abbiamo un sacco di debiti nei confronti delle future generazioni. Non è il caso di aggiungerne ancora un altro.

Ritorni il nucleare

Piaccia o non piaccia ritorna d’attualità il problema del nucleare, annullato in Italia da un referendum intellettualemente truffaldino. Diciamo questo perché nella campagna referendaria gli svantaggi non ci sono stati afferro esposti, ad esempio ci sentivamo dire che cominciava l’Italia e poi sarebbero venuti gli altri Paesi; oggi gran parte dell’energia importata è prodotta a due passi da noi in centrali nucleari per cui dovesse succedere qualcosa è come se le centrali le avessimo in casa. Né ci erano stati indicati i costi salatissimi, da allora caricati sulle bollette di ciascuno di noi. Con un particolare rilevante: in Inghilterra, dove per centrali come quella di Calder Hall sono previsti cento anni di chiusura dopo lo spegnimento, il costo dello smantellamento si prospetta molto più basso (molte decine di volte minore) di quello che scontano ad esempio reattori come quelli Italiani, il cui smantellamento "accelerato" è stato deciso per ragioni politiche nella tredicesima legislatura, con un decreto dell'allora ministro Bersani, per i quali il costo di smantellamento potrà essere alla fine anche due o tre volte superiore a quello di costruzione. Pazzesco.

Alla domanda di energia si accompagna l’esigenza di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera, e questo avviene solo con una progressiva sostituzione delle centrali termoelettriche con quelle nucleari non bastando, qualora anche ci fosse una energica campagna in questa direzione, un ottimale utilizzo delle fonti di energia rinnovabile. Ragion politica fa tacere in argomento, ma nel mondo scientifico si sta facendo strada la convinzione che non vi sia alternativa. Nel mondo economico si sa già cosa può voler dire la crescita della bolletta energetica: minore competitività internazionale, maggiori costi, minore occupazione, cinghia da tirarsi dalle Alpi al Lilibeo.

a.f.

a.f.
Economia