IL PETROLIO HA SUPERATO ANCHE QUOTA 72 DOLLARI PER BARILE. UNA SOLA STRADA PERCORRIBILE SE NON VOGLIAMO FINIRE IN BRAGHE DI TELA

80 dollari al barile, e ci stiamo avvicinando!

Prima della guerra in Irak un analista americano, come riportato dal nostro giornale, aveva ipotizzato una stabilizzazione del prezzo su 80 dollari al barile. La previsione, fatta basandosi sul conflitto che sembrava imminente, non è stata centrata allora ma rischia di rivalutarsi, anche se in parte questa corsa all’insù del prezzo può essere ascritta alla crescente domanda dei Paesi emergenti, in primis la Cina. In effetti da una situazione in cui tutto il mondo si era stretto intorno agli USA, compresi i Paesi più riottosi, con una solidarietà effettiva che rifletteva la fortissima emozione che aveva percorso il pianeta per la fine delle Torri gemelle, si è tornati ad una ostilità diffusa nei confronti degli americani. La stessa Condoleeza Rice durante la recente visita ufficiale nel Paese fedelissimo alleato, la Gran Bretagna, aveva ammesso di essere stata negativamente colpita da questa ostilità.

La situazione nello scacchiere

Nello scacchiere regno del petrolio la situazione politica ha fatto passi giganteschi da gambero. Basta vedere il mutamento dei regimi al potere. In Irak non c’è più Saddam Hussein, è vero, ma in compenso c’è, di fatto, una guerra civile tra le tre etnie. In Iran il fondamentalismo ha due armi micidiali: il nucleare in preparazione e una quantità enorme di petrolio nel suo sottosuolo. I Palestinesi hanno scelto nientepopodimeno che Hamas. In Turchia hanno prevalso i fondamentalisti anche se da non confondersi con gli altri loro pari. In Arabia è morto il re, da sempre filoamericano, che, per quanto malatissimo e cosciente solo a sprazzi, teneva botta. Una situazione, come si vede, pesante e tale da condizionare i corsi del petrolio, in parte oggettivamente e in parte perché la speculazione internazionale ne approfitta.

La richiesta aumenta

La richiesta aumenta. Con lo sviluppo di un Paese cresce anche di più il fabbisogno di energia. Quella più facilmente ottenibile viene da petrolio e da carbone. Se poi il Paese che ha più bisogno di petrolio è uno da (almeno) 1300 milioni di abitanti, il conto è presto fatto.

I costi crescono

I costi crescono per tutti. E’ di questi giorni una presa di posizione della maggiore associazione di categoria degli artigiani.

Con una vera liberalizzazione dell'energia le imprese manifatturiere e dell'edilizia avrebbero risparmiato nel 2005 oltre 3,7 miliardi di euro. Lo afferma la Confartigianato con uno studio analitico sui costi del nostro approvvigionamento energetico rispetto alla media Ue. Il conto più salato è pagato dalle aziende del Nord, con 2,3 miliardi di euro in più rispetto alla media Ue, mentre l'azienda italiana "tipo" pagherebbe mediamente l'energia elettrica 3.760 euro all'anno in più rispetto all'Europa. Un gap che cresce a 5.142 euro anno nel Nordovest e a 4.233 euro anno nel Nordest, mentre scende a 3.212 euro anno nel Mezzogiorno e a 2.457 euro anno nel Centro.

Non basta la liberalizzazione. Situazione pesante

Non basta liberalizzare. Occorre produrre energia e nel modo meno indolore possibile.

Ci hanno imbrogliato a suo tempo col nucleare. Due volte: prima dicendoci che dopo l’Italia sarebbero venuti gli altri Paesi (e noi oggi in parte abbiamo energia che viene a caro prezzo dalle centrali nucleari francesi) e poi tacendo dei costi che avremmo dovuto affrontare per lo smantellamento delle centrali esistenti (almeno quelle che c’erano le si poteva far funzionare!)

Poi centrali funzionanti con i derivati del petrolio e con il gas. Esposti a tutti i rischi di fornitura e a rischi che ormai sono certezze di aumenti di costi. Non parliamo poi dell’eolico. Potrebbe dare non tanto ma sarebbe tutto guadagno e riduzione della dipendenza dall’estero. Ma vincono i verdi che a Roma si battono per l’eolico e in periferia fanno la guerra (Sardegna, Puglia, Lazio).

La situazione è pesante ed è destinata a peggiorare.

C’è una sola strada.

Una sola strada da percorrere, costi quello che costi

L’unica possibilità che abbiamo, con fattibilità rapida al contrario del nucleare che richiederebbe tempi impossibili (15-20 anni), è quella di usare il carbone. Diffusissimo. Miniere in 50 Paesi. Sicuro. Di facile stoccaggio.Ecologico con le attuali tecnologie. Non ci sarà nessun problema, contrariamente a petrolio e gas.

Immaginiamo già gli alti lai e i grandi cortei anti-carbone.. E’ giunto il momento di decidere, e procedere, proteste o non proteste. Si può non decidere, ma si sa che in tal caso siamo destinati a finire in braghe di tela. E i nostri figli non devono pagare la stupidaggine, e magari la viltà, dei loro padri.

GdS

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Economia