Niente sci vuol dire chiudere la montagna e sua economia - e ns nota

C'è proposta di protocollo, niente a che spartire con l'idiozia dell'8 marzo

Lo sci è ormai diventato il male assoluto, facciamocene una ragione. Il motivo? I potenziali
assembramenti generati dagli impianti di risalita. Questo dipinto è esito della campagna mediatica
scattata lo scorso 8 marzo, dalla quale sembra che non esista nulla più pericoloso e virale dello sci.
Se si raccontasse correttamente cosa accadde quel giorno, esito della follia di chi impose una
riduzione della portata senza ridurre il numero delle persone che potevano accedere ai
comprensori, ci si accorgerebbe che con le giuste regole lo sci non sarebbe un problema. Tanto
che un protocollo è stato definito, con sensibili rinunce ma garantendo la continuità del sistema.
Lo sci, uno sport che si pratica in solitaria all’aria aperta. Ma ormai il demone è finito nel
tritacarne, facciamocene una ragione.
Quello di cui non si parla è che chiudere gli impianti di risalita significa chiudere le località
turistiche invernali e tutta la loro economia. Si, perché quelle infrastrutture tanto demonizzate,
che hanno costi di gestione enormi, tengono in piedi interi sistemi, che si compongono di alberghi,
scuole di sci, negozi, noleggi, ristoranti, bar e ogni altra attività presente sul territorio. Si chiudono
dunque le montagne e la loro fragile economia. Questo significa chiudere gli impianti di risalita.
Allora, per paradosso, vorrei che sul prossimo DPCM non fosse scritto “restano chiusi gli impianti
di risalita”, ma che più correttamente ci si assumesse la responsabilità di scrivere “restano chiuse
le località turistiche montane e la loro economia”. Perché di questo stiamo parlando.
Quando poi sento equiparare il rischio dello sci a quello corso con le discoteche aperte questa
estate mi chiedo se chi ha fatto queste affermazioni abbia mai sciato nella sua vita e sappia cos’è
la montagna. Credo di no. Ma ripeto, ormai lo sci è il demonio. E noi che di questo viviamo siamo
tutti piccoli demoni ai quali non è mai stata nemmeno data la possibilità di dimostrare che questo
paventato rischio in realtà non esiste se ben gestito, come invece è stato fatto per tutte le altre
attività.
Esito di questa decisione sarà la morte di molti comprensori e attività. Alberghi chiuderanno
definitivamente, negozi non riapriranno più, ristoratori appenderanno le pentole al chiodo. E si, le
società che gestiscono gli impianti di risalita falliranno, trascinando con sé tutta la montagna e la
sua economia. In compenso ci troveremo il prossimo anno sulle piste svizzere, austriache o
francesi, perché molte di quelle italiane non riapriranno più.

Dario Corvi Sindaco di Aprica
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Nostra nota
Non riapriranno? No, no. Qualcosa riaprirà, acquisito da fallimenti a prezzo stracciato dai cinesi di turno.
Battuta a parte, c'è una proposta di protocollo, niente a che spartire con l'idiozia dell'8 marzo.
Sicurezza garantita ma poi però rigidi controlli per evitare che l'irresponsabilità di pochi freghi tutti (Red)

Economia