CINA. "RISCHI FATALI -

di Alberto Frizziero

COME LEGGERE UN LIBRO

Come leggere un libro. Non ci sono regole per cui per me
vale la mia di regola: tutto d’un fiato. Da ragazzo ero
un divoratore di libri, al punto di leggermi l’opera
omnia di Maupassant, in francese, Zola (saltando le
pagine descrittive, magari tre su un giardino), diverse
opere in latino e poi un po’ di tutto, non andando oltre
la pag. 26 dell’Ulisse e non riuscendo a sopportare gran
parte dei contemporanei, al punto di fermarmi.

Galeotto fu allora Guerra e pace di Tolstoi, letto a rate.
Arrivato, che so, a pagina 500 saltavano fuori alcuni
dei 600 personaggi del libro, per cui indietro a pagina
50, letta 10 giorni prima, per capire chi erano. Idem
per Il Visconte di Bragelonne e per altri maxi-testi.

LEGGERE IL
LIBRO DI TREMONTI


Leggere un libro d’un fiato comporta di trovare il tempo
di farlo. E così “Rischi fatali” dell’amico e
concittadino Giulio Tremonti, subito acquistato in
libreria appena uscito, è rimasto lì sino alla favorevole combinazione
di un volo transoceanico. Ore tante ma appena pranzato
subito a “1 - Lo scenario - 1989, 1994. 9 novembre 1989,
15 aprile 1994. Sono le due date che hanno cambiato la
struttura e la velocità del mondo in cui viviamo” (é
l'inizio del libro con i riferimenti alla caduta del
muro di Berlino e alla nascita del WTO, definito nel
libro "Tempio del mercatismo"), fermandomi a
"Il tempo é sostanza. Il tempo dell'Europa non é ancora
scaduto" (sono le ultime parole del libro, 108 pagine
più avanti).

POLITICO ATIPICO

Non avevamo volutamente letto le recensioni per
esprimere una valutazione non condizionata. Qualche
riferimento era venuto soltanto dalla consorte (l’Unipol
non c’entra, trattandosi in questo caso di un titolo
acquisito da tempo nella splendida Abbazia di Piona, e
in valore consolidato nel tempo) che il libro se lo era
letto subito. Abbiamo scoperto come però sia
interessante leggerle non prima come capita di solito ma
dopo avere letto e quindi dopo essersi fatta un’idea.
Divertente, ad esempio, l’inizio della recensione di
Ludovico Fraia: “I libri dei politici sono spesso
noiosi, soprattutto perché prevedibili e rassicuranti.
‘Rischi fatali’ di Giulio Tremonti non è né prevedibile
né lettura rassicurante, anzi l'impressione che si ha è
quella di essere sul grande aereo Unione europea con
piloti per vari motivi poco affidabili…” La realtà è che
Tremonti non è affatto un “politico” nel senso
tradizionale del termine. Al più si potrebbe chiamarlo
un “politico atipico”, razza rara, meno rara per la
verità in Valtellina, come da riscontri, nazionali e
locali.

UN PASSO INDIETRO (Tremonti)

Il 3 luglio 2004 al Presidente del Consiglio Berlusconi
arriva, tal quale, questa missiva “Al Presidente del
Consiglio – Accedo alla richiesta di dimissioni – Giulio
Tremonti”. Significativamente rilevante, sotto molti
profili e certamente un unicum nella storia dei 60
governi della Repubblica italiana.

Due giorni dopo non con dichiarazione verbale ma sul
Corriere della Sera il senatore Franco De Benedetti, pur
sedendo nelle file del centrosinistra, ammette che
Giulio Tremonti ha fatto un buon lavoro e «il
centrosinistra dovrebbe riconoscerglielo. Anzi, è
probabile Anzi, è probabile che nella versione ultima di
un governo eletto perché si diceva liberista, la
sinistra la sinistra finirà per rimpiangerlo ». E
ancora: «ma, soprattutto, gli si deve riconoscere il
rigore sull' uso del danaro pubblico»

Peraltro, come si suol dire, era tempo, cosa nota a
pochissimi, che Tremonti ne aveva piene le scuffie al
punto, prima del precedente Natale, di pensare di
andarsene. Con ragione.

Senza le pende del Ministero decide di scrivere. Nel suo
modo, essenziale, sintetico. Traduce in letteratura un
dramma politico, quello di un’Europa che si culla
pensando forse di essere ancora nella Belle Epoque non
accorgendosi che invece si arrota intorno al ballo delle
belle statuine. Come per la palude di un tempo, la
storia sta passando davanti a Bruxelles e quegli
burocrati, funzionari e politici, manco se ne accorgono.

Historia – dovrebbe essere – magistra vitae. L’impero
romano imboccò la via della decadenza quando i romani
dimenticarono le virtù che lo avevano fatto grande e non
solo per estensione ma soprattutto in e per cultura.
L’Europa di De Gasperi, Adenauer, Schumann si poneva
grandi orizzonti con enorme respiro politico. L’Europa
dei nostri giorni si preoccupa che nel bacello del
pisello debbano esserci 5 semi come da Regolamento
2561/1999. E con altri simili Regolamenti si occupa di
pere, ciliegie, cavolfiori con una perla per i cocomeri
per i quali la Direttiva fissa tali condizioni che
richiederebbero, di fatto, l'esame, anguria per anguria,
di un fisico laureato con particolari strumenti... C'é
un po' di tutto, persino i preservativi nella follia
burocratica dei burosauri di lassù di fronte ai quali
tutti sembrano impotenti.

UN PASSO INDIETRO (noi)

Avevamo condiviso a suo tempo le preoccupazioni del
Ministro del Tesoro condensabili nello slogan “attenti
alla Cina”, forse meglio “attenti alla Cina con questa
Europa”. Erano in pochi a prenderlo sul serio: Bossi, un
Berlusconi frenato da un diffuso scetticismo all’interno
della Casa della Libertà, qualche isolatissimo nel
centro sinistra. Era definito “l’euroscettico” e non
solo.

Il crollo del marxismo aveva messo le ali ai liberisti,
scarsi di conoscenze classiche e quindi del saggio detto
latino secondo il quale “in medio stat virtus”. Per chi
ne aveva sommaria contezza c’era comunque una “t” in
più: “in medio stat virus”. Scartata come fosse un virus
la scelta centrale, di sintesi in realtà dilagò un altro
tipo di febbre, quella liberista in effetti molto
contagiosa in quegli anni. La Cina faceva brillare gli
occhi, per fare un esempio, all’idea di almeno un
miliardo di cinesi con la lattina di Coca Cola alle
labbra… Nella logica del (iniziale minuscola)
dio-mercato, un mercato così immenso aveva fatto venire
l’acquolina in bocca, un’acquolina però di gradazione
simile alle micidiali Gocce imperiali con l’effetto
quindi di una sorta di ubriacatura collettiva, con la
politica sconfitta dall’alleanza tra economia e
burocrazia.


Quelle preoccupazioni, così snobbate o per diversità di
interesse o per superficialità emotiva, erano invece
pienamente da noi condivise e non per ragioni o meriti
speciali bensì perché del misterioso pianeta Cina ne
sapevamo qualcosa in più. L’avevamo appreso dal sen.
Vittorino Colombo, due volte eletto in Valtellina, già
Presidente del Senato, cinque volte Ministro ma, quel
che più conta ai fini nostri, Presidente dell’Istituto
Italia-Cina e della Camera di Commercio italo-cinese.
Significativo ricordare l’incontro a Palazzo Chigi tra
il Presidente Andreotti e il Premier cinese, prima rottura dell’isolamento cinese
dopo i fatti, due anni prima, di Piazza Tien-an-men.
All’esordio di Andreotti ovviamente sui diritti umani il
Premier cinese rispose che loro con il sette per cento
delle terre fertili dovevano dare ogni giorno da
mangiare a un quarto della popolazione mondiale. S olo
l’inizio. Da notare del resto che nel viaggio in Cina di
un foltissimo gruppo di valtellinesi, propiziato dal
sen. Colombo, diversi aspetti erano emersi della Cina
reale, compresi i significativi fattori di sviluppo già
allora – almeno una dozzina di anni fa – evidenti.

Abbiamo avuto in diverse occasioni modo di soffermarci
sulla strana partita che siamo costretti a giocare. Noi
italiani ma in sostanza, come scrive Tremonti, noi
europei (ma nei giorni scorsi oltre Oceano ci dicevano
amici USA si sentire il fiato sul collo anche loro).


L’impari partita di calcio

Sullo scacchiere planetario in questa nuova edizione di
campionato mondiale, usando la similitudine calcistica,
noi stiamo giocando con la squadra a sette contro una
normale nazionale cinese con undici giocatori. E non è
finita perché come arbitro abbiamo il sign. Moreno,
quello dell’infelicissima Italia-Corea, che per giunta è
buono di espellerci qualcuno. Cartellino rosso per
Europa e Italia: se ne sta parlando in questi giorni
visto che su spinta di USA, Canadà e Argentina, il WTO
sta per metterci fuori gioco sulla questione degli OGM.
E che cartellino rosso! Sotto processo infatti non
alcuni comportamenti ma addirittura la legislazione,
europea e italiana, subordinate al commercio e a
decisioni non di un board politico bensì di burosauri
messi in condizione, anche per omissioni, superficialità
ed errori, di prevalere sui fondamenti del vivere
democratico, quelli che si traducono, nei parlamenti,
in leggi.

Torniamo al libro

Parliamo poco del libro, proprio per invogliare a
leggerlo perché anche chi non lo condividesse –
difficile che se ne trovi qualcuno, salvo che non sia
condizionato da altri fattori, politico-partitici in
primis – può trovare motivo di riflessione.

L’autore, ad esempio, cita una serie di casi di
europignoleria applicata, ahimé, alla vita quotidiana e
con jugulatorio vincolo di osservanza attraverso lo
strumento della “Direttiva”, resa operante dalla
pubblicazione della Gazzetta Ufficiale, serie apposita.

L’allucinante complesso di lacci e laccioli che l’
europignoleria ha steso e continua a stendere rende
sempre più arduo il compito dei giocatori della squadra,
a sette, di cui si è dianzi parlato.

Le maglie sono molto strette, gli slip troppo
avvolgenti, i calzettoni con rigidissimi elastici, le
scarpe birichine. Il sospensorio manca per consentire il
completamento dell’auto-annichilazione.

Il boomerang australiano, inventato, si dice ore, dagli
egiziani parte da casa nostra, dall'Europa, destinazione
Europa. E che boomerang!



Ci sarebbe da dire tanto di questo libro. Ripetiamo di
volerne dire il meno possibile perché é sacrosantemente
giusto che un documento così importante sia letto e
meditato.

Per andare dove?

Tremonti azzarda alcune ipotesi in "Un programma per
reagire".

Sette ricette e una provocazione.

Leggerle.

Alberto Frizziero


(Giulio Tremonti, Rischi fatali, Mondadori 2005)

APPENDICE
WTO =
Word Trade Organization. Si tratta dell'organizzazione
del

sistema commerciale
mondiale, con relative regole contrattuali cui i Paesi
sono tenuti a sottostare. Attivo dal 1.1.1995 essendo
subentrato, per decisione dei Paesi membri, al precedente, e meno articolato, accordo
commerciale, il cosiddetto GATT (General Agreement on
Tariffs and Trade) attivo dal 1.1.1948 e ancora oggi,
sia pure come parte del WTO. C'é comunque una
sostanziale differenza in quanto dal commercio dei
prodotti (GATT) si é passati a un campo molto più vasto
e con vincoli severi per i vari Paesi in quanto oltre a
regolare con una trentina di "protocolli" (oltre ad
altri accordi tra Paesi) i rapporti il WTO provvede
anche a controllare.

Tutto ruota intorno al nuovo Moloch. E' Mercurio, un
Mercurio moderno che domina incontrastato. Tutto in nome
della libertà di commercio, che diventa - ve lo
ricordate? - Mammona.

Lapidaria la cosiddetta "clausola della Nazione più
favorita", un modo per dire che tutti i Paesi sono
uguali e non si può trattarne uno diversamente da tutti
gli altri. Ammessi comunque i dazi, ma marginalmente e a
certe condizioni. C'é anche attenzione per i Paesi in
sviluppo con l'intento di prenderli per mano e condurli
pienamente alla beatitudine del commercio globale. In
questa logica un Paese può "adottarne" un altro nel
senso che può praticare condizioni particolari.


Chi comanda al WTO? Le decisioni vengono prese votando
con il sistema delle cooperative: ognuno un voto solo.
Organismi: la Conferenza Ministeriale, il Consiglio Generale, anche organo per
dirimere controversie oltre che per pilotare il
commercio.

Ci sono anche Consiglio per il Commercio dei beni,
Consiglio per il Commercio nei Servizi, Consiglio per
gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale.
Poi vari sottocomitati e organismi diversi.

Il Segretariato del WTO si trova a Ginevra. C'é infine
un direttore generale


GdS 10 II 2006 -
www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
Editoriali