Clamorosa la gaffe della Provincia sul Piano Territoriale, ma non è quello il peggior di tutti i mali. Infatti…

di

Autogol
della Provincia

La Provincia ha dovuto revocare la delibera della Giunta
con la quale adottava il Piano Territoriale-Paesistico per un
errore di procedura. Prima di trasmettere il Piano ai Comuni per
le osservazioni di rito doveva invece essere sottoposto alla
Camera di Commercio. Prendiamo tal quale la notizia così come é
uscita da Palazzo Muzio anche se non conosciamo ancora il testo
della delibera.

Appresa la notizia allibito ma dispiaciuto, fortemente
dispiaciuto.

Qualcuno, sentendo parlare di procedura, potrebbe pensare a
qualche disguido burocratico o cose del genere. Non é affatto
così. In questa materia, in questo argomento non si tratta di una formalità, di un banale errore
di procedura. E' ben più seria la cosa come, con ragioni e
responsabilità, vedremo più avanti.

La provincia al top per qualità di vita e per una serie d'altre
cose, alle prese con grandi prospettive come i mondiali di sci,
con una serie di iniziative che la impongono all'attenzione del
Paese, fa autogol.

Abito
troppo stretto per la provincia


Non entriamo nel merito, almeno per ora, nei contenuti di questo
Piano che si era presentato in retta d'arrivo, e ora dovrà
ripresentarsi, con straordinario ritardo. In una serie di
interventi, in memorie, in articoli chi scrive ha sempre ritenuto la scelta
di un Piano Territoriale tradizionale un abito troppo stretto
per la provincia, inevitabilmente destinato a "congelare" il
territorio diventando anziché occasione di sviluppo motivo di
freno.

Siamo, come abbiamo ripetuto innumeri volte riprendendo
la definizione dell'amico prof. Alberto Quadrio Curzio, una vera
e propria Regione Alpina, dalle Alpi Lepontine all'Ortles, con,
per fare un esempio e solo limitato alla Valtellina,
1533,565 km di corsi
d'acqua, con la rete di canali e tubazioni per la produzione
idroelettrica, con 1300 km di elettrodotti, con ampie porzioni
del territorio destinate a Parchi. E metà della provincia sopra
i 2000 metri con convalli - sono 105 solo gli affluenti
dell'Adda! - di pendenze rilevanti, sia longitudinali che
trasversali.

Avremmo quindi avuto, e
avremmo, bisogno, di uno strumento innovativo, flessibile che
sopperisca con questa caratteristica alla rigidità del sistema
complessivo tuttora soggetto, nonostante recenti passi avanti
compiuti, alla vincolistica passiva.

Avremmo quindi avuto, e avremmo, bisogno di uno sforzo di
fantasia urbanistico-territoriale all'insegna della
processualità dinamica, pane prelibato per i denti non già dei
tecnici bensì degli amministratori cui competono le scelte e
quindi gli input ai tecnici. Non si tratta di utopie o di
astrazioni. In fin dei conti in tempi non recentissimi ma
neppure troppo lontani proprio nella provincia di Sondrio erano
state sperimentate vie nuove di pianificazione territoriale,
riprese poi a Milano. Certo, queste cose non sono
di tutti, anzi sono da pochi,
pochissimi, e, ripetiamo, non ci riferiamo al lavoro dei tecnici
incaricati, perché le scelte di cui stiamo parlando appartengono
al livello politico-amministrativo che, al più, avrebbe potuto
scegliere questa strada se chi é in grado di interpretare la
realtà territoriale secondo schemi innovativi fosse stato in
qualche misura coinvolto nella elaborazione del Piano, o in una
sorta di rinnovata Consulta - come quella del Piano a suo tempo
della C.M. unica di Valtellina - o in un vero e proprio Ufficio
di Piano.

lE DUE
SCELTE


Il problema torna dunque alle due scelte di fondo compiute:
quella dell'imboccare la via di un Piano tradizionale, per la
verità probabilmente senza adeguata valutazione dell'alternativa
della processualità dinamica cui abbiamo dianzi accennato e l'altra della metodologia.

Chi scrive ha sempre ritenuto, e quindi coerentemente agito nelle diverse
responsabilità del settore ricoperte anche a livello nazionale,
che la via che magari va benissimo in altre materie o altri
provvedimenti, quella "illuministica", non é affatto adatta a
un Piano Territoriale-Paesistico. La partecipazione nella fase finale ha
un senso molto limitato. Non siamo alle prese con un Piano
Regolatore la cui redazione può essere influenzata dai valzer di
plusvalori fondiari - ed anche dai minusvalori - in base alla
disposizione dei vari retini sulle tavole di destinazioni di
zona.

Il PTP non
é un "Piano regolatore più grande


Il PTP non é un "Piano regolatore più grande". La partecipazione
é utile se gli apporti giungono fin dalla fase di elaborazione
con un rapporto iterativo fra tali apporti, la valutazione dei
tecnici, la presentazione al livello politico-amministrativo,
l'assunzione di scelte conseguenti, di nuovo gli input ai
tecnici.

Questa impostazione metodologica, con scelte innovative, aveva
del resto splendidamente funzionato in occasione del citato Piano della
Comunità Montana unica di Valtellina. Ne era venuto quanto di
meglio prodotto fin allora in Italia sotto il profilo culturale
ma ad un tempo una soluzione di grande spessore per la gente di
Valtellina. Presidente Garbellini con il suo CD, chi scrive, una
Consulta di Piano con S. Venosta e G. Spini a coordinare i
lavori per gli aspetti rispettivamente territoriali e
socio-economici, incarico progettuale alla soc. CERPI.

Nella Consulta di Piano quasi cinquanta persone ciascuna delle
quali portava un apporto culturale o di professionalità
specifica - qualcuno ne aveva parlato come "la sede della
Cultura di Valle", qualcun altro di "Pensatoio"... -

Se non ci fosse stato l'assassinio della Comunità Montana unica
di Valtellina, e ci fosse stata l'approvazione in Regione del
Piano, oggi non ci sarebbero una serie di problemi che
affliggono la provincia perché il Piano Territoriale non solo si
era posto i problemi ma ad essi aveva anche dato soluzioni tali
da non costituire imposizione col rischio, come spesso in questi
casi, o di non approdare a nulla o di scrivere grida di
manzoniana memoria.

"Ragioni e
responsabilità


Si diceva di ragioni e responsabilità di una gaffe così abnorme
da risultare incredibile. Non é, dicevamo, una questioncella
burocratico-formale. La procedura é sostanza.

Se fosse stata seguita la via della partecipazione razionale in
sede di elaborazione non ci sarebbe stata questa gaffe. E
perché? Per la semplicissima ragione che chi ha esperienza di
queste cose, e sono pochissimi, sa che esse debbono essere
pilotate direttamente.

Non c'é delega che tenga, anche in questioni e tecniche e
procedurali. Troppo importante la materia per essere delegata.

La delega implica anche, di fatto e inevitabilmente, delega di
interpretazione. Chiunque si deve occupare di queste cose deve,
visto quel che é successo bisogna usare il termine "dovrebbe",
essere pienamente consapevole dello scenario, anche giuridico,
nel quale si deve operare.

Ovvio che la responsabilità maggiore compete alla Presidenza
dell'Ente in quanto, negli input ai tecnici, é solo lui ad avere
in mano la situazione nella sua completezza, in misura certo ben
maggiore che non un assessore per valido che possa essere nel
suo settore.

In ogni caso nelle responsabilità si ritrovano, con il
Presidente, l'assessore che ha coordinato i lavori, la Giunta
che ha deliberato evidentemente rifacendosi a quel che veniva
riferito. Non basta. Ce n'é anche per la Commissione consiliare
competente, e quindi per i consiglieri sia di maggioranza che di
minoranza, nessuno dei quali ha ritenuto di verificare cosa ci
fosse da fare.

Qualcuno dirà "ma i tecnici?". Il Piano é atto complesso per sua
natura e quindi se una responsabilità ha da esserci questa non
può che riferirsi alla sola Segreteria Generale cui spettava e
spetta il compito di verificare la corrispondenza del progetto
presentato con quel che la legge prescrive.

Evitare il
peggio -



Tristezza dunque nel registrare quel che é successo.

C'é però da chiedersi se non ci sia invece dietro l'angolo
qualcosa di peggio. C'é troppo malumore tra i Sindaci - ma anche
fra tecnici dei Comuni - che si sono incontrati per le
valutazioni sul Piano, o meglio sul progetto di Piano. Taluni lo
hanno espresso, altri no, ma che Il Piano sia mal digerito é
evidente.

Non vogliamo entrare nel merito, come abbiamo detto prima.
Poniamo però una semplice domanda, cui ciascuno dia la sua
risposta, di scegliere, come abbiamo detto e scritto in diverse
circostanze, fra questi due corni del dilemma:
"deve essere l'ambiente al servizio dell'uomo o l'uomo al
servizio dell'ambiente?"
(ovviamente per noi deve essere
l'ambiente al servizio dell'uomo).

Si veda il Piano, in particolare alcune sue rigidità, e si dia
risposta in base a questo dilemma. Se si ritiene che esso possa
essere tranquillamente visto come strumento in cui l'ambiente é
al servizio dell'uomo si proceda. Se così non fosse ci si
pensi due volte
perché allora sì che occorrerebbe evitare
il peggio.
Quando il Piano sarà approvato infatti sarà dura
cambiare, quand'anche emergesse che cambiare é giusto.

Sotto questo profilo non é condivisibile la posizione sostenuta
dalla minoranza in Provincia per un'approvazione comunque rapida
del Piano. Per l'approvazione deve esserci tutto e solo il
tempo necessario per arrivare alla migliore soluzione
fra
quelle possibili.

Il Piano arriva con straordinario ritardo e quindi non si tratta
di disquisire per qualche settimana in più o in meno.

Ma ci sono
le elezioni. E allora?


Ci sono le elezioni, é vero.

Intanto però si tratta di tema di non facile comprensione e
quindi utilizzabile elettoralmente solo fra addetti ai lavori
oppure con ampio uso di demagogia, in un senso o nell'altro.

Anche se la gaffe é stata grossa, i ritardi eccessivi (a
cominciare dall'incarico stranamente affidato solo nel luglio
2001), pesante qualche contenuto (é la stessa Giunta in delibera
ad affermare "l'esistenza di punti critici che troveranno
possibilità di ulteriore riflessione nella fase che ora si apre
di discussione del progetto", ma non si capisce, vista la scelta
"illuministica" perché questi punti critici non sono stati
risolti prima di presentare il progetto...), incerte le
prospettive (ci riferiamo alle preoccupanti rigidità) vogliamo
auspicare che la campagna elettorale possa avere altri motivi di
scontro.

Troppo importante il Piano Territoriale Paesistico per
accantonare la via del confronto scegliendo invece di dar fuoco
alle polveri.

COMPATIBILITA' CON IL
NUOVO CODICE


Il Consiglio dei Ministri del 16 gennaio ha varato il nuovo
Codice per i Beni Culturali e Paesaggistici, sulla base della
delega prevista dall'art. 10 della legge n. 137 del 6 luglio
2002. La parte che interessa é la parte terza. Una valutazione
di compatibilità si impone


Torneremo in argomento. Forse anche sui contenuti.

Alberto Frizziero


GdS 20 I 04 -
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Alberto Frizziero
Editoriali