Democrazia economica e Banche Popolari

di Mario Garbellini

Un grande laboratorio naturale
- Don Sturzo - Interrogativi - Voltato pagina? - Anche per le
Banche Popolari? - Partecipazione e governance - Leader
all'altezza - 


UN GRANDE
LABORATORIO NATURALE


La storia delle Banche Popolari costituisce oggi un grande
laboratorio naturale per gli studi delle scienze sociali che
abbiano a cuore il progredire (a volte il regredire) della
democrazia economica, il fondamento delle sue virtù civili e gli
elementi che le rafforzano a vantaggio delle Comunità in cui
sono fiorite. Trattare delle piccole medie imprese e del
territorio è una sensibilità connaturata alle Banche Popolari.

Nella storia delle Popolari si vede bene il nesso tra Democrazia
economica e vita della Comunità Locale solidale:contadina,
artigiana, nel contesto di vita di una piccola media impresa
produttiva.



Don Sturzo

Già a partire dagli inizi del novecento don Sturzo
ha chiaro il legame tra democrazia economica e democrazia
politica. Don Sturzo tenne il 12 maggio 1903 al salone
dell’Arcivescovado di Milano una conferenza dal titolo "La lotta
sociale legge di progresso", (v.Sturzo Opera Omnia , Zanichelli ,
Bologna 1961 pag. 24-56) in cui assumeva la democrazia come
principio base di equilibrio sociale e di progresso al di là
degli assolutismi (l’assoluto individuo del liberalismo e
l’assoluta società del socialismo). Il dinamismo della lotta era
per lui “costituito dal popolo disgregato, atomizzato in uno
stato permanente di sofferenza sociale: ecco la necessità del
sistema democratico”. (pag. 51)

E a Messina nel 1902 (11 novembre) Sturzo sostenne le
rivendicazioni dei contadini siciliani dei primi anni del secolo
(cfr. F. Renda, Socialisti e cattolici in Sicilia (1900-1904,
Caltanisetta –Roma 1972).



INTERROGATIVI

Come fare a mantenere, in un mondo che
cambia, tale patrimonio come pilastro di democrazia economica, e
perciò, nel senso più nobile del termine, di democrazia
politica? Come confrontarsi con la tendenza giovanile a non
progettare più il futuro, ma a consumare il presente rendendola
partecipe con continuità della storia e della tradizione? E
come una democrazia economica basata su virtù civili di
moderazione e di solidarietà può vivere e rimanere forte oggi,
entro un mondo politico che è impaziente di radicalizzare il
conflitto e di imporre una gerarchia netta di governo e di
poteri?



VOLTATO PAGINA?


Uno studioso di scienze sociali italo americano, mi
invitava a constatare che l’Italia ormai ha voltato pagina
rispetto ai tempi in cui i Popolari hanno provato a costruire
una democrazia diffusa e radicata anche sul piano economico.

Ormai prevarrebbe il nuovo trend che farà dell’Italia un mercato
economico capitalistico entro un quadro democratico Europeo-Americano, secondo la volontà di chi guida la politica e
l’ economia mondiale.

Aldo Moro aveva consapevolezza delle
debolezza della democrazia italiana e aveva descritto la
necessità di un altro scenario, mentre i neoliberisti oggi
tracciano un orizzonte in cui l’azione del mercato è libera di
esprimersi nel senso del profitto.



ANCHE PER LE BANCHE
POPOLARI?


Una volta eliminati i vertici
della tradizione popolare e della tradizione socialista e
indebolita la partecipazione della base, la concezione
neoliberista può ora riprendere il cammino verso la piena
affermazione della libertà capitalistica. In questo quadro, secondo i neo-liberisti, la mera forza economico finanziaria
finirà con il dettare la legge anche alle Banche Popolari.
Secondo i neo liberisti le Popolari verrebbero risucchiate entro
la logica dell’azionariato economico normale del mercato. Si
tratta solo di dare anche alle Banche Popolari trasparenza
tecnica di controllo, sulla scia della Legge Draghi,
suscettibile di perfezionamenti . E’ancora possibile difendere
le Popolari come baluardi di Democrazia economica nelle Comunità
come la nostra?

De Censi nell’ultima Assemblea del Credito Valtellinese ha detto
chiaramente di sì, anzi ha detto che è un dovere farlo.

Al di
là della esortazione morale condivisibile non è però apparso compiutamente come intenda procedere. Probabilmente l’Assemblea
del Credito Valtellinese non era la sede per farlo. Sembrava
acquisito nel suo discorso che i leader delle Banche popolari
non se ne stanno con le mani in mano passivamente ad attendere
gli eventi.

In verità la leadership è indubbiamente un punto
chiave della difesa delle Banche Popolari. E lo stesso stile di
leadership di una Banca Popolare e il suo rapporto coi Soci e il
territorio può avere un peso e un significato determinanti. E
sul punto ci vorrebbe maggiore approfondimento e condivisione di
riflessioni..



PARTECIPAZIONE E GOVERNANCE


La partecipazione alla vita delle nostre Banche Popolari sembra
oggi un dovere civico di partecipazione politica, nel senso
migliore, ma non pare molto partecipata questa convinzione.
Anche se per esempio in Banca Etica l’attenzione al mondo delle
Popolari, nazionale e internazionale, nel conflitto tra il Nord
e il Sud del mondo, acquista un significato di rilievo.

Per
restare ai fatti di casa nostra, più facili da seguire, la
recente lettera di Giuseppe Vigorelli Presidente della Banca
Popolare Commercio e Industria di Milano è istruttiva al
proposito: egli venerdì 9 maggio su “Il Sole “ comunica ai suoi
soci ”l’approssimarsi dell’ultima Assemblea di una lunga e
gloriosa storia“ e “la conclusione della vita autonoma come
società cooperativa” per aggregarsi alla Banca Popolare di
Bergamo, e lo fa in termini di orgoglio dei risultati economici.
Il Presidente Vigorelli assicura di avere dato in questo
passaggio priorità al valore del patrimonio per i soci e gli
azionisti (in pratica socio=azionista) rispetto alle esigenze
della “governance”, cioè del potere riservato agli
amministratori.

Nella sua lettera i protagonisti delle Banche
Popolari risultano delineati oggi con chiarezza (Socio–Azionista–Cliente-Governance). Solo la cooperativa si chiude,
il resto attua in passaggio: il socio è oggi un singolo
azionista.

Le Popolari hanno sempre più azionisti e clienti
piuttosto che veri soci di una Cooperativa, una dimensione
sociale ritenuta ormai conclusa.

La verifica sta nel fatto che
la leadership oggi è della “governance”, non della Cooperativa
dei soci, e la “governance” garantisce e dispone delle priorità
di cui tenere conto.

Vigorelli scrive “Abbiamo preferito
sacrificare posizioni nella “governance”, cioè nel potere
riservato agli amministratori per privilegiare il valore per i
Soci e gli Azionisti”. Nel modo di esprimersi di Vigorelli la
“governance” ha consapevolezza della piena autocratica
leadership, ma nonostante i pieni poteri dice di avere
stabilito delle priorità a favore dei soci.

Probabilmente ha
così operato anche per poter fare accogliere ai soci azionisti
la conclusione della “vita autonoma come società cooperativa”.

E’ comunque interessante che a continuare la strada cooperativa
siano le Banche radicate nel territorio e nella storia forte di
una Comunità, a testimonianza che la leadership della Popolare
andrebbe declinata non nell’autosufficienza della “governance”
che ha in mano i clienti e gli azionisti, ma nella chiarezza
della storia passata e delle possibilità per il futuro a
vantaggio (o svantaggio) di un intero territorio e di un’intera
Comunità.

Non per nulla la fusione per aggregazione avviene da una banca a
debole base territoriale e cooperativa verso una banca come la
Bergamo a forte base territoriale e storia cooperativa.



leader all'altezza


Dobbiamo riconoscere ai leader delle nostre Banche Popolari
locali di essere stati all’altezza del compito in un momento in
cui la situazione si è via via fatta più complessa.

L’economista fiorentino professor Pier Giovanni Marzili, in un
suo intervento a Firenze durante il Convegno “Verso il nuovo
diritto societario. Dubbi ed attese (16 novembre 2002), “ha
voluto richiamare il celebre sociologo parigino Edgar Morin
circa gli scenari futuri per il mondo bancario: “bisogna
imparare a camminare senza sentiero e trovare il giusto cammino
camminando”. E’ la visione dell’evoluzione verso un sistema
complesso che Morin aveva già esposto in una sua conferenza
all’ABI per conto del “Cefor” (Centro di Formazione delle
Banche Popolari Italiane) dove, ormai vent’anni or sono, Morin
indicava l’importanza di concepire in modo nuovo
l’organizzazione economica bancaria vedendola come un’unità
complessa dove la leadership doveva riuscire nella non facile
impresa di una visione dinamica d’insieme dei legami sistemici
interni ed esterni alla Banca.

Nei legami interni la
“governance” è collegata alla base sociale e risonante con gli
stili della vita aziendale e i nuovi orizzonti politici. Nei
legami esterni il momento economico traccia via via un contesto
in cui muoversi con competenza ed efficacia. Vedere ed agire in
una dimensione di circolarità autoorganizzativa e autocorrettiva
era l’indicazione di Morin.

La lezione di Morin oggi è ancora
attuale :una Banca Popolare è un sottosistema complesso in
evoluzione tra sistemi la cui navigazione non è né lineare né
scontata. Avere una buona base sociale di riferimento e una
leadership risonante costituisce un patrimonio non indifferente
da salvaguardare.

Per tale ragione una continuità tra la
dirigenza storica che ha la memoria del passato e una dirigenza
innovativa che ha la sensibilità del presente non è stata e non
è un’equazione facile da stabilire.
Perché su un argomento così
importante per la nostra Comunità la discussione è carente?

Mario Garbellini

Per la verità la discussione, non molto
tempo fa vivacissima in provincia, é carente non solo su questo
tema, ma in generale. Il nostro giornale, nel nostro piccolo,
cerca di muoversi contro-tendenza perché siamo stati sempre e
siamo dell'avviso che il motore dello sviluppo é costituito
dalle idee. Solo dopo il resto: risorse, gambe da montanari per
reggere degnamente al fardello, strumenti e quant'altro. NdD


GdS 18.V 03   

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