Questione Crocifisso. CLAMOROSO L'ERRORE DEL MAGISTRATO. ECCO PERCHE'.

di a.f.

L'apologo di Apelle -
Via il Crocifisso ex
articolo 700 - Art. 700, l'Associazione dei Legali Europei
dice... - Posizione ideologica, onnipotenza decisionale

L'APOLOGO DI
APELLE

Per la saggezza popolare vale la riedizione dialettale
valtellinese dell'apologo di Apelle con il ciabattino: "ofelée
fa' el to' mestée".

Vale per il ciabattino, vale per chiunque. Fa il tuo mestiere,
occupati di quello che sai fare e non sentenziare nel resto.

Farlo, da parte nostra, sarebbe presuntuoso. Discettare in linea
di diritto quando non abbiamo titolo, anche se magari una
qualche competenza sì, sarebbe, appunto, presuntuoso. Andare a
insegnare a un magistrato, descritto come bravo, studioso,
competente, sarebbe presuntuoso.

Premesso questo non c'é mai andato e continua a non andarci il
prendere per oro colato quel che ci viene ammannito: E allora,
non intendendo subire sic et simpliciter oppure attendere che il
ricorso avverso l'ordinanza del magistrato dell'Aquila, dr.
Mario Montanaro, abbiamo voluto documentarci per documentare con
una posizione assolutamente autorevole, e univoca, con la
conseguenza di pervenire al termine dell'articolo ad una
conclusione che definire sconcertante é meramente eufemistico.

Via il
Crocifisso ex articolo 700


Il provvedimento (ordinanza) del magistrato di disporre la
rimozione del Crocifisso é stato adottato applicando l'art. 700
del Codice di Procedura Civile. Più avanti ne daremo la
spiegazione rigorosa, ma intanto vediamo di che si tratta in
linguaggio corrente per la massima comprensione. L'art. 700
prevede la possibilità di un provvedimento urgente del
magistrato qualora vi sia certezza del buon diritto e il rischio
che l'attesa del giudizio di merito pregiudichi gli interessi
del ricorrente. Nel caso nostro il dr. Montanaro ha ritenuto
fondata in linea di diritto la richiesta del sign. Adel Smith ed
ha ritenuto che lasciare nel frattempo il Crocifisso sul muro
avrebbe provocato un danno non riparabile, nel caso, ai figli
del suddetto (!).



Art. 700,
l'Associazione dei Legali Europei dice...


Dissertavamo all'inizio sulla competenza, ed allora riportiamo
quanto in precedenza n generale e dunque indipendentemente dalla
vicenda odierna, ha scritto sull'art. 700, l'Associazione dei
Legali Europei:

"L’analisi dogmatica del provvedimento
d’urgenza ex art. 700 c.p.c. pone in rilievo la natura
cautelare, sussidiaria, atipica di questo istituto che è diretto
ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul
merito, al fine d’evitare che a causa della durata del processo,
si verifichino pregiudizi dei diritti della parte vittoriosa;
quale provvedimento cautelare, risulta per sua natura
contraddistinto dalla sommarietà, provvisorietà e strumentalità.


Unico suo limite è l’intrinseca residualità: il Legislatore ha
voluto prevenire il suo "abuso", vietandone l’utilizzo laddove
siano esperibili gli altri rimedi di legge "nominati e tipici".


Presupposti indefettibili per l’emanazione sono il fumus
bonis juris
ed il periculum in mora: entrambi debbono
sussistere ed entrambi vanno dedotti dall’istante.

a) Fumus bonis juris

E’ presupposto essenziale per l’emanazione del provvedimento
d’urgenza: consta nella verifica della probabilità di
accoglimento della domanda nel successivo giudizio di merito e
deve concernere diritti soggettivi, non essendo tutelabili ex
art. 700 c.p.c. gli interessi semplici o di fatto o legittimi (cfr.
Corte Cost. 28/6/1985, n. 190).

Giurisprudenza e dottrina concordano: l’accento è posto sulla
necessaria esistenza di un diritto da far valere in via
ordinaria, in difetto del quale non sussiste il fumus (sino da
Cass. 20/2/1968, n. 618; Andrioli, Comm., IV, 249; Montesano, I
provvedimenti d’urgenza nel proc. civ., 110). Ne discende, quale
corollario, che, a pena di inammissibilità del provvedimento, il
diritto da tutelare deve essere attuale, ossia non deve
risultare ipotetico od eventuale (sino da Cass. 70/2445).

b) Periculum in mora

La giurisprudenza e la dottrina concordano nel ritenere che
questo presupposto debba risultare (almeno nei fatti storici che
lo potrebbero concretare) fin dall’atto introduttivo; quindi, la
sua mancanza non è ovviabile tramite l’integrazione operata
nelle note di replica (fra tutti: Pret. Alessandria 16/3/93,
Giur.it., 1993, I, 2, 775, con note di E. Dalmotto e S.
Chiarloni).

In ordine alla imminenza del pregiudizio, la dottrina dominante
ritiene che esso debba "incombere con sicura probabilità" non
essendo sufficiente "la sua remota possibilità" (fra tutti:
Montesano, I provvedimenti d’urgenza, pag. 78).

La giurisprudenza prevalente concorda: la nozione di imminenza
coincide con l’"incombente minaccia del pregiudizio", sicchè il
giudice è tenuto ad accertare non solo l’esistenza del periculum,
ma anche la necessità di provvedere urgentemente (onde evitare
che il danno temuto si trasformi in danno effettivo), in assenza
della quale non v’è ragione per l’emissione del richiesto
provvedimento (Pret. Milano 10/10/1992; Pret. Pescara 30/7/92;
Pret. Chieti 25/5/92; Pret. Roma 16/7/1991)".



Posizione
ideologica, onnipotenza decisionale


Rebus sic stantibus per emettere la sua ordinanza il dr.
Montanaro ha ritenuto esistere le due condizioni, ossia:

1) La convinzione che il sign. Adel Smith abbia ragione e che
questa ragione gli verrà riconosciuta nel giudizio di merito
nonostante tutto quello che, in fatto di leggi e norme, é emerso
nei moltissimi commenti di questi giorni;

2) La convinzione di un danno certo per i figli Smith per
effetto di quel Crocifisso sul muro, per inciso con il "cadaverino"
- espressione incredibilmente sentita in TV - che rappresenta
addirittura un Profeta per la religione da padre e figli
professati.

Le sedi competenti valuteranno giuridicamente la questione.

Altre sedi competenti valuteranno la regolamentazione della
materia ove essa necessitasse di ulteriore definizione.

Noi semplicemente perveniamo ad una conclusione sola. Visto che
é così serio e competente come descritto il dr. Montanaro non
poteva non valutare la portata del suo provvedimento e quindi
c'é da stare certi che non l'abbia adottata con superficialità.

E questo é il punto, addirittura clamoroso perché la sua
sicurezza di essere nel giusto potrebbe anche configurarsi,
oltre che in una posizione ideologica, in una sorta di
onnipotenza decisionale. Un esercizio della discrezionalità che
é riconosciuto dalla Costituzione ma temperato da quel precetto
che pure informa l'intera nostra legge fondamentale: est modus
in rebus (e magari anche dall'altro: "summum jus, summa iniuria").

In questo caso il "modus" non c'é stato di sicuro.

Un errore clamoroso, forse ideologicamente viziato. Ma questo
dovrà vederselo il Consiglio Superiore della Magistratura,
organo di autogoverno (e se il magistrato non ha sbagliato se ne
dia atto, ma non magari perché lui é di "Magistratura
Democratica...).

Sperando comunque, se ha sbagliato, che non finisca come per i
giudici di Tortora tranquillamente promossi come nulla fosse
stato.

a.f.

GdS 28 X 03 -
www.gazzettadisondrio.it

a.f.
Editoriali