Referendum: le diverse chiavi di lettura; le conseguenze; ci ricordiamo di “Chiesa e Massoneria”?

di GdS



Quasi incredibile l'esitp


Quasi incredibile l'esitp del referendum sulla procreaziione
assistita.

Impressionante quello numerico, sconvolgente - é non é enfasi
usare questo termine - il significato.

Cominciamo dai numeri.


Se qualcuno avesse
scommesso...


Se qualcuno avesse voluto scommettere sull'astensionismo di tre
italiani su quattro avrebbe trovato schiere di allibratori
pronte ad accettare qualsiasi posta e ad accettare qualsiasi
moltiplicatore. Sempre che chi avesse inteso scommettere anche
pochi €uro su un risultato del genere non fosse stato ricoverato
d'urgenza al Neurodeliri.

E invece alle urne si é presentato solo il 25,9% degli aventi
diritto. Meno ancora per quanto riguarda gli italiani
all'estero.

Cosa é successo? Tante cose, per cui cominciamo a vederne
qualcuna.

L'on. Bertinotti ha definito la sconfitta "cocente" delineando
con la sua abituale schiettezza un quadro desolante per
promotori e sostenitori del referendum (restiamo in attesa delle
prossime mosse di Pannella magari con uno sciopero della fame
per qualche motivo che andrà scoprendo giusto per far
dimenticare il colossale tonfo delle quasi-Idi di giugno). Ammissione quasi
generale dell'insuccesso, anzi del vistoso insuccesso con pochi
soltanto a cercare un pochettino di gloria con arrampicate di
settimo grado su pareti di cristallo.


Alla vigilia
invece...


Alla vigilia c'era molto ottimismo nelle file del SI. Se
qualcuno, come l'on. Angius, esponente autorevole, dichiarava
alla vigilia "ce la possiamo fare", altri più prudenti facevano
riferimento a sondaggi che davano per certo almeno il 40% di
votanti, con la speranze che le ultime battute della campagna
elettorale, con la notizia di chi aveva dichiarato di andare a
votare (non solo Fini e Prodi, oltre ovviamente ai vari leaders
della sinistra, fra i personaggi di primo piano), facessero il
miracolo.

In ogni caso contavano già di aver vinto.

Una sorta di parola
d'ordine era corsa, in particolare nelle redazioni dei grandi
giornali che con sicumera preveggente avevano largamente scelto
il SI, e cioè che con il 40%, quello dato dai sondaggi, si
sarebbe cantata vittoria. Semplice il meccanismo; via la
percentuale di astensione fisiologica, nel resto i favorevoli al
Referendum avrebbero prevalso. Formalmente no ma politicamente
si, confermando l'accusa di "furbata" maldestramente - e per
quel che mi riguarda, offensivamente, e lo spiegherò subito -
avanzata da Pecoraro Scanio e altri, al Cardinale Ruini e ad
altri sostenitori dell'astensione.


Un'accusa
offensiva


Perché "offensiva" quell'accusa? Perché fin dall'indizione del
Referendum ho valutato, e ne ho il diritto, profondamente
sbagliato portare nella querelle referendaria temi di quel
genere. E prima ancora che iniziasse la campagna il
sottoscritto, e tanti altri con lui, era per la prima astensione
della mia vita da un appuntamento elettorale.

I primi dati, prima ancora dei secondi e infine dei definitivi,
avevano gi° con l'eloquenza dell'aritmetica dato il responso.
Non solo il quorum non sarebbe stato raggiunto e nemmeno
sfiorato ma si profilava quella che poi é stata la più clamorosa
delle débacles.


L'opinione
pubblica é un'altra cosa


Esamineremo e approfondiremo con calma. Alcune valutazioni però
ci vogliono. La prima riguarda la débacle di una sorta di giro
vizioso autoreferenziatosi come "opinione pubblica", largamente
favorevole in ogni circostanza a quelli che, anche qui
autoreferenziandosi, assumono veste seppur non dignità di
"diritti civili", con questa classificazione automaticamente
mettendo fuori gioco chi la pensa diversamente.

Ci riferiamo a quell'insieme di addetti ai lavori - politici,
direttori di giornali con opinionisti e columnist, conduttori
TV, VIP dell'economia e della finanza, notabili generalisti che-
ha scritto qualcuno questi giorni - ritengono di essere i veri
interpreti del Paese, in virtù di una delega che nessuno ha però
dato loro. Ci fu chi, analizzando questo aspetto tutto italiano
se ne venne fuori anche con un numero. Per lui erano in
sessantamila, non di più, poco più di un millesimo della
popolazione italiana.


La "grande" stampa
nazionale. Grande?!?


In questo quadro ci stanno pure i giornali, la cosiddetta grande
stampa nazionale, grande non si sa perché. Il maggiore dei
quotidiani, Il Corriere della Sera - dati ADS di febbraio - con
una tiratura di 852.713 copie ha una diffusione di 678.581.
Seguono Repubblica con 785.607 e 623.902, Il Sole-24 Ore con
446.689 e 366.854, La Stampa con 441.420 e 338.594. Il maggiore
quotidiano di Roma, Il Messaggero, é a quote 324.115 e 238.889.
Non si arriva a sei milioni di copie vendute giornalmente quando
in Gran Bretagna si era arrivati a cinque volte tanto e ancora
di più mentre in Germania il Bild-Zeitung da solo vende ogni
giorno 4,3 milioni di copie.

Abbiamo letto dopo il referendum diversi articoli di denuncia
del flop della stampa italiana visto e considerato il massiccio
fronte, con poche eccezioni, sul fronte del SI. Altri hanno
tratto le loro conseguenze nel senso di ritenere che la stampa
non incida affatto sulla gente.

La realtà é diversa e non la si é voluta affrontare neanche
questa volta, e per un chiaro motivo che lega un po' tutti.

La stampa non é fatta per la gente comune ma per i 60.000 di cui
si parlava, anche perché magari così piace a tanti editori che
editori puri non sono  e che hanno ben altri interessi che
molto dipendono da quei 60.000 e non dai milioni di (potenziali)
lettori.

Sembra di assistere ad una curiosa applicazione del principio di
indeterminazione di Heisemberg o della teoria del formicaio in
base alla quale la formica vive nel suo mondo come se tutto
quello che c'é intorno non esistesse. E come se il mondo non
cambiasse. Per tornare alla carta stampata gli esperimenti,
peraltro ancora timidi, di quotidiani distribuiti grati sono il
segno di una certa vivacità, cui non viene peraltro data
risposta da parte dei giornali "tradizionali" se non quella di
cercare abbonati a tariffe stracciate. Sottolineiamo al riguardo
che l'operazione "giornale gratis", o meglio "giornale dato
gratuitamente in abbinamento con altro giornale", soluzione
migliore anche perché gradita agli edicolanti, era stata attuata
con grande successo a Sondrio con il Centro Valle, divenuto per
la sua straordinaria diffusione, caso nazionale.


Il ruolo della
comunicazione


E, a proposito di comunicazione, ricordiamo che qualche
settimana prima della data fissata per il voto Pannella, tanto
per cambiare, con qualche altro dei suoi aveva elevato alti lai
e grandi proteste perché la RAI non dava spazio sufficiente,
secondo lui, ai referendari. Noi allora fummo d'accordo ma
esattamente in senso contrario. Dicemmo allora infatti che la
carenza di informazione in TV stava danneggiando gli avversari e
non i fautori del referendum. Questo per una maggiore
comprensione di una serie di persone che non sono del mestiere,
che non sono addetti ai lavori, che non sono militanti politici
agli ordini dei rispettivi capi.


LE ESIGENZE DI UNA
NUOVA ETICA -



Il Presidente del Senato Pera, schieratosi per l'astensione, ha
dichiarato che il referendum l'hanno vinto "tutti i laici e i
credenti che hanno posto le esigenze di una nuova etica". E se
si parla di una nuove etica non può che essere quella "dei
valori" in contrasto con quella "dei diritti". "Dei diritti",
sia chiaro, come intendono taluni che pongono le loro idee, le
trasformano in proposte, le battezzano con il nome di "diritti",
in genere con l'aggiunta dell'aggettivo "civili" e l'abito é
confezionato: chi ha idee diverse é uno contro i diritti, é un
reazionario, un bigotto e quant'altro. Naturalmente nelle
diverse occasioni in cui sono stati e sono portati in piazza i
"diritti civili" mai abbiamo sentito collegare, come deve
essere, anche la parola "doveri" che, su un piatto della
bilancia, dovrebbe equilibrare esattamente l'altro piatto,
quello appunto dei "diritti".


Ricordiamo tre
nostri articoli -



Ricordiamo, titoli e sommari, tre nostri articoli abbastanza
recenti e pensiamoci su.


I titoli:

- Chi può salvare la cultura occidentale? Chiesa Cattolica,
Massoneria e altri - Terzo e conclusivo articolo 10 XI a.f.
CAPO PRIMO
LA PRESSIONE DELL’ECONOMIA:

Gli elementi esterni - Gli elementi interni
all'Italia - Gli elementi europei

CAPO SECONDO

C’E’ DI PEGGIO RISPETTO ALL’ECONOMIA IN CRISI:
E come può esserci, e
dove, di peggio? -

Scristianizzazione - Addio valori e doveri -
La storia ci dice... - Ma la pratica è
un’altra - Si allarga l'impero del
nulla - I "diritti civili" e
gli oppositori "incivili" - Una sirena
ammaliatrice, anche per Ulisse

CAPO TERZO ECCO CHI PUO'
SALVARE LA NOSTRA CULTURA



- Chi può salvare la cultura occidentale? Chiesa Cattolica,
Massoneria e altri - Secondo articolo 10 XI a.f.

Continua la nostra analisi
- Perché la scelta del G.O.I.? - Terreno sufficientemente comune
- Da Santiago del Cile... - “Massoneria e intolleranza religiosa”
- Occidente, obiettivo di un Est islamico, e emotivamente
colpito - Non si può restare in silenzio -

Minacce di sradicamento -



- Chi può salvare la cultura occidentale? E se si riuscisse a
costruire un'alleanza tra Chiesa Cattolica e Massoneria (e tra
Massoneria e Chiesa Cattolica)? (PS, precisazione doverosa:
l'autore dell'articolo é in piena capacità di intendere e
volere, e non sta scherzando) 30 X a.f.


I futuribili - Le Marais, la Palude - Non
provocazione o boutade ma seria anticipazione -

Massoneria e religione oggi ( posizioni
ufficiali) -

Dall'allocuzione 2004 del Grande Maestro avv. Gustavo Raffi -

Tre motivi di riflessione


Il discorso é complesso, per cui finiamo qui la prima puntata.
Proseguiremo con la seconda.

Alberto
Frizziero




GdS 20 VI 2005 -
www.gazzettadisondrio.it

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