Se qualcuno volesse fare il contadino in montagna. Ambiente al servizio dell'uomo, non l'uomo al servizio dell'ambiente!

Se qualcuno volesse... - Povero contadino! Il nuovo decalogo - I guasti della cultura metropolitana - Le cose al loro posto

Se
qualcuno volesse...


Se un contadino del secolo scorso…

La civiltà contadina è stata soppiantata dalla civiltà industriale, e magari da quella post-industriale.

I panzer della logica economica, si dice, hanno travolto tutto.

Proviamo però a vedere se una persona decidesse, contro ogni logica economica, di salire in quota per guadagnarsi il pane quotidiano alla maniera di una volta, sia pure con “un’agricoltura di sussistenza”. O, facciamo un esempio di quelli cari agli amanti dei films sui viaggi nel tempo, se un contadino del secolo scorso si trovasse catapultato nel 2004, in qualche maggengo o in qualche alpeggio.

Povero
conTadino! Il nuovo decalogo


Si sparerebbe (oppure sparerebbe a qualcun altro.

Infatti:

1) Se, come generazioni e generazioni prima, si mettesse ad allargare la baita, o a mettere a posto il tetto, o fare il casello del burro, si vedrebbe arrivare il forestale, oggi fatto diventare poliziotto urbanistico, con tanto di verbale, multe, condanne.

2) Se, come generazioni e generazioni prima, si mettesse a raccogliere i sassi intorno facendo una “muraca” si troverebbe tra capo e collo un altro verbale per avere alterato lo stato dei luoghi, con aggravanti se, come quasi tutti i territori in quota, in zona Galasso.

3) Se, come generazioni e generazioni prima, decidesse di arare un prato per una diversa utilizzazione, dovrebbe fare i conti con un altro verbale in violazione dei vincolo idrogeologico.

4) Se, come generazioni e generazioni prima, si procurasse nel suo bosco attiguo il legname per uso-costruzione e altro per fare fuoco nel camino, si troverebbe di fronte il forestale di prima, questa volta forestale-forestale e non forestale-urbanista, per non avere chiesto l’autorizzazione a tagliare le piante. Non servirebbe la risposta la più logica e naturale: “Come, nel mio bosco? E poi io taglio solo quelle che non servono, o vecchie, o malate o per diradare aree a densità eccessiva come s’è sempre fatto?”. Niente da fare.

5) Se, come generazioni e generazioni prima, girasse intorno alla ricerca di qualche fungo, altre grane se il giorno è quello sbagliato, il canestro dove metterli non omologato, se non c’è una specie di patente.

6) Se, come generazioni e generazioni prima, sparasse a qualche uccello o a qualche preda terrestre per mangiare come hanno fatto per secoli i predecessori, apriti cielo. Anche qui autorizzazioni, periodi, l’ira di Dio.

7) Se, come generazioni e generazioni prima, si mettesse a pescare nel torrente lì vicino per mangiare come hanno fatto per secoli i predecessori, apriti cielo. Anche qui autorizzazioni, periodi, l’ira di Dio.

8) Se, come generazioni e generazioni prima, si mettesse a fare il burro nella “penagia” violerebbe le sacre regole igieniche fissate nel Nord Europa, dove la storia ci racconta non vi fosse una particolare predilezione per l’igiene.

9) Se, come generazioni e generazioni prima, bevesse e desse da bere a chi passa di lì l’acqua proveniente dalla soprastante sorgente e da secoli usata, mal gliene incoglierebbe perché per bere, e dare da bere, acqua occorre che questo sia certificato possibile. Per fare un esempio alla Marinelli e alla Marco e Rosa questo non sarebbe possibile perché un cartello avverte che l’acqua non è potabile. Sia consentita una battuta da civiltà post-industriale: la gente beve centinaia di milioni l’anno di litri di acqua minerale che viene dalla provincia di Venezia, in piena pianura padana. A 3600 metri e oltre non potrebbe bere l’acqua che viene dal ghiacciaio. Quella della pianura Padana sì….!!!).

10) Se, come generazioni e generazioni prima, tirasse via la vegetazione intorno alla baita per farci l’orticello, rischierebbe di dover fare i conti con i tutelatori della “formica purpurea” che gira da quelle parti o dal “trifolius rarus”, anche lui indigeno.

I
guasti della Cultura metropolitanA


Si potrebbe continuare.

Il dramma è che la civiltà post-industriale ci ha portato anche un triste retaggio, quello che il compianto sen. Della Briotta chiamava “la cultura metropolitana”. Quella cioè che porta a vedere la montagna con la lente deformante del vivere urbano e con l’altra lente deformante che è quello della visione intellettuale avulsa dalla realtà effettiva delle cose. Basta l’esempio dell’architetta del settore Ecologia della Regione che per Pian Gembro aveva scritto “E’ vietata la battitura meccanica delle piste di fondo”, neanche accorgendosi della bestiata.

E così naturalmente nei primi giorni della calamità del 1987 quello che era successo e stava succedendo aveva due precise ragioni: il disboscamento e le lottizzazioni selvagge. Di queste anzi un importante quotidiano dava dimostrazione eloquente con una fotografia che però …ritraeva i padiglioni del
Morelli di Sondalo !!!

E’ vero che poi la stampa ha fatto marcia indietro riconoscendo che di “lottizzazioni selvagge” non c’era manco l’ombra e la verità sui boschi. In proposito toccò proprio a chi scrive documentare analiticamente la situazione a tutti gli inviati speciali. Intanto che solo la metà del territorio provinciale era boscabile perché l’altra a quote superiori a quelle di sopravvivenza degli alberi, quindi che su 160.000 ettari ben centomila erano bosco, e ben diecimila in più di qualche anno prima. E che il problema più che di aumentare il bosco sarebbe di sfoltirlo e di pulirlo…

Le
cose al loro posto

L’ambiente è al servizio dell’uomo, non l’uomo al servizio dell’ambiente”.

Dovunque si guardi si constata che sta progressivamente venendo meno il concetto di “mondanità” che pure era stato la grande conquista dei primi provvedimenti legislativi per la montagna. Viene meno una cultura. Viene meno un complesso di comportamenti nei confronti della montagna. Anche da parte di chi vi abita che spesso traduce in termini di risorse-denaro le esigenze della gente. Risorse fondamentali ma non uniche, ma non sole.

Occorrerebbe cominciare da capo, stabilendo il punto essenziale: ogni provvedimento per la montagna deve avere la stessa premessa: “Articolo 1 – L’ambiente è al servizio dell’uomo, non l’uomo al servizio dell’ambiente”.


Alberto Frizziero

GdS 20 VIII 04 -
www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
Editoriali