La terra trema, il mare devasta, la morte non paga incombe ancora


LO SPETTRO DEL FUTURO


Santo Stefano 2004. La terra trema, il mare devasta ed oggi la
morte, non paga di un enorme tributo di vite umane già
incassato, incombe ancora con lo spettro di epidemie e di quant'altro.
e per molti lo spettro del futuro.

IMPRESSIONE ENORME

Enorme l’impressione in tutto il mondo per la catastrofe
asiatica.

L’Asia ha una tragica tradizione quanto a catastrofi. Basta
pensare alle periodiche alluvioni di un tempo specie dei due
massimi fiumi cinesi, Huang He (Fiume Giallo) e Chang Jiang o
Yangtze Kiang (Fiume Azzurro). Huang He, 4.845 km di lunghezza,
771.000 km 2 di bacino, ha una portata tra 1.100 a 20.000 m3/s.
in 3.000 anni ha dato luogo a 1.500 inondazioni e ha cambiato
corso sette-otto volte, spostando ripetutamente la sua foce,
anche di 600 km. ad esempio, anche con due o tre milioni di
morti alla volta. E poi terremoti distruttivi in diversi Paesi
asiatici, uragani micidiali, persino affondamenti a catena là
ove navigano migliaia di traghetti certe volte al limite della
galleggiabilità già da vuoti, con, ogni volta centinaia e
centinaia di vittime. E gli tsunami, per i quali sono state
disseminate in parte delle acque oceaniche apposite boe di
segnalazione per un tempestivo avviso delle popolazioni. Boe che
non c’erano, che non ci sono, nell’Oceano Indiano.


una risonanza mai occorsa in
precedenZA


Questa volta però la catastrofe ha avuto una risonanza mai
occorsa in precedenti occasioni, anche più gravi di quella pur
gravissima del Santo Stefano 2004, per due ragioni:

1) Lo sviluppo delle comunicazioni. Ormai le notizie
circolano praticamente in tempo reale e ogni posto del mondo è a
portata di TV ma anche a breve distanza per la diffusione dei
collegamenti aerei, cosa che ha favorito la proliferazione di
strutture turistiche dappertutto.

2) La presenza nelle zone colpite di numerosi turisti dei
Paesi più sviluppati del mondo. E’ pur vero che di fronte alla
morte siamo tutti uguali, bianchi, neri, gialli, occidentali,
asiatici, africani e via dicendo. E’ però, ahimé, anche vero che
questa diffusa presenza, nelle località turistiche prima e nei
punti di raccolta dei corpi, o negli elenchi dei dispersi poi,
ha amplificato l’interesse in tutto il resto del mondo.


dUE ASPETTI SU CUI RIFLETTERE


Il momento del dolore e della solidarietà è al primo posto ma,
proprio per evitare un calo di tensione come spesso
fisiologicamente accade, ci sono due aspetti sui quali vale la
pena di riflettere:

1) Possibile che la scienza non sia in grado se non di
evitare quantomeno di prevedere eventi di questo genere?

Passi in avanti sono stati fatti, ad esempio nella meteorologia
con la rete di satelliti. Il tornado arriva lo stesso, ma è
preannunciato con notevole anticipo. Danni ci sono, ma in parte
possono essere limitati. Le vite umane si salvano, ed è quello
che conta di più. Passi in avanti anche in altri settori, seppur
parziali e non totali. Nessun passo in avanti per quanto
riguarda i terremoti. Vengono quando loro salta in mente e senza
alcun preavviso. C’era solo Bendandi a Faenza che teorizzava la
prevedibilità di un sisma, ma era scomunicato dalla scienza
ufficiale…

2) Possibile che non potessero essere avvertiti? Lo ha
ripetuto più d’uno, sottolineando come questo tsunami ci ha
messo parecchio tempo per arrivare dalla zona dell’epicentro
sino alle coste dell’India, dello Sry Lanka, alle Maldive. Chi
era a due ore, e anche più, di distanza avrebbe potuto – si è
detto – essere avvisato. E così, ad esempio, quando il mare si è
ritirato la gente anziché a correre a prendere i pesci rimasti
all’asciutto, avrebbe fatto come ha fatto fare alla clientela il
valtellinese Azzola nel suo villaggio, coadiuvato da un altro
valtellinese, Giugni: gambe in spalla verso zone più alte. In
quel villaggio non vi sono state vittime, mentre in uno vicino i
morti sono stati circa 200. Sì, in teoria. In pratica? Gli
strumenti ci sono. Basta la TV via satellite. Manca
l’Organizzazione. Occorre chi veda cosa sta succedendo, chi lo
interpreti, chi dia l’esito all’Autorità decisionale. Fatto
questo occorre diramare la notizia, sia pure con TV via
satellite. Occorre però che capillarmente, in ogni località,
qualcuno recepisca il messaggio e avvisi la popolazione….


La situazione richiede due cose


La situazione, comunque sia, richiede due cose:

1) Un intervento mondiale pianificato, e su due
direzioni. Adesso è la fase di emergenza e quindi occorre una
serie di cose appunto di emergenza. Superata questa occorre
procedere, e contestualmente, da un lato alla ricostruzione, ove
questo termine va inteso in senso lato, da un punto di vista
cioè socio-economico globale, e dall’altro alla graduale
definizione di un sistema revisionale mondiale. Per entrambe
queste cose occorre, appunto, un intervento mondiale pianificato
per quanto riguarda sia la messa a disposizione delle risorse
che una loro effettiva equa distribuzione, auspicabilmente per
progetti.

2) Una riflessione di natura culturale. Le nostre
esperienze per le vicende idro-geologiche dimostrano la
presunzione di chi ritiene possibile, di fatto, prevenire tutto
o quasi. Quando si verifica una frana, ovunque arrivi e comunque
originata si levano alte le voci delle prefiche di turno perché
bisogna ben dare la colpa a qualcuno. Nel 1987 ad esempio per la
stampa nazionale l’immane frana che seppellì S. Antonio
Morignone era dovuta al disboscamento e alle lottizzazioni
selvagge. Ci vollero alcuni giorni e fior di documentazione per
far prevalere il buon senso. Altro esempio l’asportazione di
ghiaia dagli alvei, ad un certo punto resa impossibile da
opposizioni ambientaliste, per poi dovere nel 1987 farla tutta
di un colpo pagando la Pubblica Amministrazione le imprese
invece di ricevere soldi come succedeva per le periodiche
escavazioni.

Settori importanti, e influenti, del mondo scientifico hanno una
impostazione illuministica fortemente condizionante anche
perché, esaurendosi tutto nell'uomo e nel suo intelletto, in non
pochi si determina una ipervalutazione delle effettive capacità
e possibilità dell'uomo.

Occasioni come queste invitano alla modestia. A pensare anche
quanto impari sia la forza dell'uomo rispetto a quella della
natura. A suggerire anche, libere le conclusioni di ciascuno,
che il trascendente e i suoi problemi, magari i suoi misteri,
non va gettato nel cestito come un orpello inutile come molti
fanno...

Alberto Frizziero

GdS 30 XII 04 -
www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
Editoriali