G20 Contemporanei ed insieme

di Maria de falco Marotta

Certo Draghi è stato un accorto, ma libero presidente del G20 a guidare tutti i capi di Stati del mondo per discutere dei moltissimi problemi che ci affliggono da Nord al Sud (clima, povertà, lavoro, sentimenti…) dopo l’orribile invasione del Covid19 che ancora non si ferma e sembra voglia invadere quelle poche zone che ancora non sono state colpite (quali? Non ne conosco alcuna).
In un mondo sempre più interconnesso nel quale le strumentalizzazioni delle politiche locali fanno pensare più ad un arretramento del pensiero piuttosto che ad un progresso, ci piace ricordare la concretezza della cultura come un ibrido, qualcosa in continuo mutamento, rimescolamento, che si aggrega e si ricompone nel flusso di significati che ogni giorno circolano nel panorama mediatico e relazionale nel quale siamo immersi. Niente di fisso, niente di puro: le culture seguono logiche meticce traendo proprio da esse la forza che permette ad ognuno di fabbricare il proprio modo di adattarsi all’ambiente. Le culture ibride sono le nuove sintesi, i nuovi profili, i nuovi paesaggi che caratterizzano il mondo contemporaneo dal punto di vista socioculturale: sintesi profili, e paesaggi del mondo che nascono appunto dall’incontro, oggi sempre più intenso di individui e gruppi con storie, memorie, conoscenze e identità diverse, spesso fondate su premesse esperienziali e concettuali molto distanti tra loro. A Roma è stato un bel vedere come questa gente, sebbene tanto diversa, si è connessa, ha dialogato, ha fatto delle proposte da realizzare, ha mangiato insieme, e si è anche divertita ad osservare le nostre antiche bellezze. Sul piano pratico le culture sono sempre state “ibride”, almeno nel senso che ciò che costituisce il mondo della nostra esperienza condivisa, pratica e simbolica, è sempre frutto di incontri, di apporti e di mentalità differenti tra loro, di dimenticanze e di ricordi che attingono a esperienze culturali diverse. Questi apporti, incontri, disattenzioni che dipendono naturalmente, e in primo luogo, dal modo in cui le culture si combinano e si ricombinano in base a determinati rapporti di forza, hanno oggi assunto una frequenza e un’intensità che sono notevolmente superiori al passato, anche a un passato piuttosto recente.
Da un punto di vista materiale, di conseguenza, l’espressione “culture ibride” è un modo per esprimere ciò che accade nel mondo, una metafora dell’intensità e della frequenza che caratterizzano l’incontro fra culture nel mondo contemporaneo. In altre parole bisogna sempre ricordarsi che l’ecumene globale è l’habitat principale dell’Uomo contemporaneo, che si pone sui confini e le frontiere e guarda gli intrecci ed i passaggi di tratti e persone che caratterizzano la nostra epoca.
Intrecci e scambi che sono soltanto più veloci rispetto al passato nel quale, comunque, c’è sempre stato un “traffico culturale” fatto di merci (come le spezie, le sete, le religioni, etc.), di idee e persone che si spostavano da una parte all’altra della superficie terrestre.
Per questi motivi, e per far emergere il potere delle retoriche politiche contemporanee, ci sembra utile ricordare la normalità, la banalità quasi, degli spostamenti come assolutamente tipici degli esseri umani. Ma, soprattutto, introiettare il pensiero che- seppure diversi- siamo sempre insieme e contemporanei. E che- insieme e contemporaneamente- dobbiamo difenderci e progredire verso il futuro che non sarà così semplice da superare, ma insieme ce la faremo a passare oltre “gli spiccioli per il clima” che oggi- purtroppo-  sono la realtà di molti Paesi. E lo saranno ancora per altro tempo.

Maria de falco Marotta
Editoriali