La storia infinita tra Gaza ed Israele - Un Dossier significativo

Una visitazione delle vicende nel tempo, degli uomini, di una terra martoriata, di popoli senza pace. E una sorta di dizionario

La Striscia di Gaza è 139 miglia quadrate con 1,8 milioni

persone. Questo prigione a cielo aperto è stata soffocata sotto un
assedio mortale e ripetuti massacri come ci è dato vedere giorno dopo giorno
per TV.
Israele usa la piccola striscia per testare le sue ultime armi, finanziate 
dai contribuenti americani. Secondo il ministero della salute, nel suo ultimo
assalto alla popolazione di Gaza, sono state spazzate intere famiglie per il
bombardamento incessante di aree civili. Anche prima di questo ultimo assalto,
sono state distrutte moschee, scuole, ospedali, aree agricole, industrie, e
anche l'unica centrale elettrica
Non c’è pace per Gaza né per Israele, sebbene l’incontro voluto dal Papa
qualche tempo fa, tra Perez e  Mazen facesse intuire un possibile accordo per
porre fine agli orrendi massacri da ambo le parti.

Israele risale ai tempi precedenti la Bibbia
Gaza era una delle cinque città principali della Filistia 1Sam 6:17, occupata
originalmente dagli Avvei prima di essere conquistata da quelli di Caftor De 2:
23. Pur facendo parte della Palestina - infatti, il confine meridionale sulla
costa del paese di Canaan  Gen 10:19 - soltanto per brevi periodi fu occupata
dagli Israeliti. Giosuè  la conquistò Gios 10:41 benché ci rimanessero alcuni
Anachiti Gios 11:22, ma fu persa durante la sua vita Gios 13:3. Apparteneva
alla tribù di Giuda  Gios 15:47, che la riconquistò Giudic 1:18. Faceva ancora
parte di Israele in Giudic 6:4, ma dovrebbe essere stata persa dai Filistei
prima del tempo di Sansone, il quale vi morì Giudic 16:1-3,21. Gaza era ancora
una delle città filistee nel tempo di Samuele  1Sam 6:17. Però, Salomone
dominava su tutto il paese "fino a Gaza", sebbene potesse essere ancora "paese
dei Filistei" 1Re 4:21,24. Anche il re Ezechia  sconfisse i Filistei fino a
Gaza 2Re 18:8. L'Assiria la conquistò nel 734 a.C. Al tempo di Geremia  fu
colpita dall'Egitto Ger 47:1, e fu inclusa in due condanne del profeta Ger 25:
20; 47:5. Fu conquistata dalla Grecia nel 332 a.C., attaccata dai Maccabei nel
145 a.C., e come profetizzato fu distrutta (da Roma) 1Macc 11:61-62; Am 1:6-7;
Sof 2:4; Zac 9:5 nel 96 a.C. Fu ricostruita un po' a sud e più vicina al mare
nel 57 a.C. A questa Gaza c'è un riferimento in At 8:26. E veniamo a tempi più
recenti.
Il conflitto  arabo-israeliano abbraccia circa un secolo di tensioni politiche
e di ostilità, sebbene lo stato di Israele sia stato istituito solo 60 anni fa.
Esso riguarda la creazione del movimento sionista e la successiva creazione del
moderno Stato di Israele nel territorio considerato dal movimento panarabo come
appartenente ai palestinesi, siano essi musulmani, cristiani, drusi o altri, e
che il popolo ebraico considera la sua patria storica.

OCCUPAZIONE BRITANNICA E LA FINE DELL'IMPERO OTTOMANO
Come buona parte del Vicino Oriente, anche la Palestina ha dovuto subire
l'occupazione britannica - formalmente un Mandato della Società delle Nazioni
ma, in realtà, frutto degli accordi franco-britannici Sykes-Picot rivelati dal
nuovo governo sovietico l'indomani della Rivoluzione - a causa della sua
rilevanza economica e strategica derivante dalla vicinanza con l'Egitto e il
canale di Suez nonché con l'area siro-libanese assegnata invece in Mandato alla
Francia.

I BRITANNICI APPOGGIANO L'INSEDIAMENTO DI EBREI IN TERRA PALESTINESE
Grazie all'appoggio della Gran Bretagna (che vedeva di buon occhio la
possibilità di insediamenti nella zona di popolazioni provenienti dall'Europa)
e alla grande disponibilità economica di cui godevano alcuni settori delle
comunità ebraiche della diaspora (il popolo ebraico era stato costretto per
secoli a specializzarsi nelle cosiddette professioni "liberali" e, quindi, a
dedicarsi anche al commercio e alle attività economico-finanziarie, con
l'occupazione non di rado di importanti cariche in istituti bancari e società
d'intermediazione finanziaria), Herzl organizzò il primo convegno sionista
mondiale a Basilea nel 1897 e in esso furono poste le basi per la graduale
penetrazione ebraica in Palestina, grazie all'acquisto da parte dell'Agenzia
Ebraica di terreni da assegnare a coloni ebrei originari dell'Europa e della
Russia, per poter poi conseguire la necessaria maggioranza demografica e il
sostanziale controllo dell'economia che potessero giustificare la
rivendicazione del diritto a dar vita a un'entità statale ebraica.
Le popolazioni che vivono in tale zona sono da secoli a forte maggioranza
araba ma al termine del XIX secolo e, sempre più consistentemente nei primi
anni del XX secolo, fu consentito (dapprima dall'Impero Ottomano e poi dalla
Gran Bretagna) l'insediamento di colonie ebraiche. A partire dagli anni trenta
del XX secolo, e ancor più dopo il termine del II conflitto mondiale e la
tragedia dell'Olocausto, la Palestina vide fortemente alterata la sua
composizione demografica, con la minoranza ebraica avviata a diventare
maggioranza grazie all'acquisto di terreni reso possibile dai fondi concessi ai
profughi ebrei sfuggiti alla persecuzione nazista.
A partire dall'inizio del '900 la popolazione arabo-palestinese, sentendosi
minacciata dalla crescente immigrazione ebraica, dette vita  a movimenti
nazionalistici che miravano a stroncare sul nascere quella che era considerata
una minaccia d'origine straniera.
La situazione si protrasse così, tra momenti di tensione e di distensione tra
le due fazioni, fino al primo conflitto mondiale e alla conseguente caduta
dell'Impero Ottomano.
Il riconoscimento agli ebrei immigranti dall'Europa del diritto di godere di
un focolare nazionale in Palestina fu dato dall'allora Ministro degli esteri
della Gran Bretagna Arthur Balfour. Nel 1917 egli pubblicò la Dichiarazione
Balfour, con cui la Gran Bretagna riconosceva ai sionisti il diritto di
formazione di "'un focolare nazionale" in territorio palestinese, che venne
interpretato dagli stessi come la promessa relativa al permesso di costituire
uno stato autonomo ed indipendente. L'interpretazione della Dichiarazione
Balfour sarà subito causa di attriti tra la popolazione araba preesistente (che
temeva la costituzione di uno stato ebraico) e i sionisti, che la
interpretavano come l'appoggio da parte del governo britannico al loro
progetto.

NASCE LO STATO D'ISRAELE
Nel 1948, a seguito di un'apposita risoluzione delle Nazioni Unite, su tali
terre fu dichiarato lo Stato di Israele, con una prima emigrazione araba
palestinese verso le nazioni limitrofe, fortemente incrementata in seguito alla
sconfitta patita nel primo conflitto arabo-israeliano, scatenato l'indomani
della dichiarazione d'indipendenza israeliana dagli Stati arabi dell'Egitto,
della Siria, del Libano, della Transgiordania e dell'Iraq.
La Società delle Nazioni affidò dunque alla Gran Bretagna un mandato per la
Palestina, che fino a quel momento e per tutti i secoli precedenti aveva
coinciso con il territorio degli odierni Stati di Israele e Giordania. La
Società delle Nazioni riconosceva gli impegni presi da Balfour nel 1917, pur
rimarcando nuovamente che questi non dovevano essere realizzati a discapito dei
diritti civili e religiosi della popolazione non ebraica preesistente.
Così, nel 1922 l'Inghilterra, seguendo quanto già deciso negli accordi di
Sykes-Picot, concesse tutti i territori ad est del fiume Giordano (quasi il 73%
dell'intera area del Mandato) all'emiro Abdullah. Questo divenne la
Transgiordania, con una maggioranza di popolazione araba (nel 1920 circa il 90%
della popolazione, stimata in un totale di circa 4.000.000 di abitanti[8]),
mentre l'area ad ovest del Giordano venne gestita direttamente dalla Gran
Bretagna.

L'ESPANSIONE EBRAICA E L'ACQUISTO DELLE PRIME TERRE PALESTINESI APPOGGIATA DAI
BRITANNI
Sotto il Mandato britannico l'immigrazione ebraica nella zona subì
un'accelerazione mentre l'Agenzia Ebraica - organizzazione sionista che agiva
grazie ai finanziamenti provenienti da sostenitori esteri - operò alacremente
per l'acquisto di terreni. Il risultato fu quello di portare la popolazione
ebraica in Palestina dalle 83.000 unità del 1915, alle 175.138 del 1931 (contro
i 761.922 arabi e i quasi 90.000 cristiani), alle 360.000 unità della fine
degli anni trenta.
Negli anni venti e trenta numerose furono le dimostrazioni di protesta da
parte dei movimenti palestinesi, che sovente sfociarono in veri e propri
scontri a tre tra l'esercito di Sua Maestà britannica, i residenti arabi e i
gruppi armati dei coloni ebrei.
Spesso gli attriti non erano dovuti all'immigrazione in sé, ma ai differenti
sistemi di assegnazione del terreno: gran parte della popolazione locale per il
diritto inglese non possedeva il terreno, ma per le abitudini locali possedeva
le piante che vi venivano coltivate sopra (tra cui gli alberi di ulivo, che
erano la coltura prioritaria e che, vivendo anche secoli, divenivano dei "beni"
passati di generazione in generazione nelle famiglie), di conseguenza molti
terreni usati dai contadini arabi erano ufficialmente (per la legge inglese)
senza proprietario e venivano quindi acquistati dai coloni ebrei (o loro
affidati) appena immigrati i quali, almeno in un primo tempo, erano ignari di
questa situazione.
Questo, unito alle regole con cui venivano solitamente gestiti i terreni
assegnati ai coloni (la terra doveva essere lavorata solo da lavoratori ebrei e
non poteva essere ceduta o subaffittata a non ebrei), di fatto toglieva l'unica
fonte di sostentamento e lavoro a moltissimi insediamenti arabi preesistenti.

RIVENDICAZIONI E PRIMI SCONTRI
Il 14 agosto del 1929 alcuni gruppi di sionisti marciarono sul Muro del pianto
di Gerusalemme (luogo sacro ad entrambe le religioni e che già negli anni
precedenti era stato motivo di scontro), rivendicando a nome dei coloni ebrei
l'esclusiva proprietà della Città Santa e dei suoi luoghi sacri. Il gruppo era
scortato dalle forze dell'ordine, avvisate in anticipo, con lo scopo di evitare
disordini, nonostante questo iniziarono a circolare voci su scontri in cui i
sionisti avrebbero picchiato i residenti arabi della zona e offeso Maometto.
Come risposta il Consiglio Supremo Islamico organizzò una contro-marcia ed il
corteo, una volta arrivato al Muro, bruciò le pagine di alcuni libri di
preghiere ebraiche. Nella settimana gli scontri continuarono e, infiammati
dalla morte di un colono ebreo e dalle voci (poi rivelatesi false) sulla morte
di due arabi per mano di alcuni ebrei si ampliarono fino a comprendere tutta la
Palestina.
Il 24 agosto gli scontri raggiunsero la città dove furono uccisi quasi 70
ebrei, altri 58 furono feriti, alcune decine fuggirono dalla città, mentre 435
trovarono rifugio nelle case dei loro vicini arabi per poi fuggire dalla città
nei giorni successivi agli scontri.
Alcune famiglie torneranno ad Hebron due anni dopo, per poi lasciarla
definitivamente nel 1936, evacuate dalle forze britanniche. Alla fine degli
scontri ci furono, sul territorio della Palestina, tra gli ebrei 133 morti e
339 feriti (quasi tutti relativi a scontri con la popolazione araba, quasi 70
solo ad Hebron), mentre tra gli arabi ci furono 116 morti e 232 feriti (per la
maggioranza dovuti a scontri con le forze britanniche).

IL PENTIMENTIMENTO DEI BRITANNICI E L'APPOGGIO DEGLI ALLEATI AMERICANI.
Verso la fine degli anni trenta, dopo la Grande Rivolta Araba e i falliti
tentativi di divisione della Palestina in due Stati, sollecitata dalla
Commissione Peel, la Gran Bretagna si pentì di aver sostenuto il movimento
sionista, che mostrava aspetti inquietanti e violenti e cominciò a negare al
sionismo quel discreto appoggio politico che fin lì aveva garantito, Ciò
indusse pertanto gli ebrei di Palestina a cercare negli Stati Uniti quello che
fino ad allora aveva concesso loro l'Impero britannico.
Con la seconda guerra mondiale gli ebrei (con l'esclusione del gruppo della
Banda Stern) si schierarono con gli Alleati mentre molti gruppi arabi
guardarono con interesse l'Asse, nella speranza che una sua vittoria servisse a
liberarli dalla presenza britannica. L'esito del conflitto non valse perciò a
modificare la situazione di stallo che sfavoriva la popolazione araba, ancora
maggioritaria.

FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE E LA DIVISIONE DELLA PALESTINA
Con la fine della guerra, grande fu il dibattito tra le maggiori nazioni
vincitrici per decidere il futuro di queste zone, anche alla luce delle
direttive del presidente statunitense Woodrow Wilson che condannavano la
costituzione di nuove colonie. Alla fine, con gli accordi di San Remo del 1920,
si optò per l'autorizzazione da parte della Società delle Nazioni di affidare
alla Gran Bretagna e alla Francia Mandati, necessari in teoria per educare alla
"democrazia liberale" le popolazioni del disciolto Impero Ottomano.
L'ONU dovette quindi affrontare la situazione che dopo trent'anni di controllo
britannico era diventata pressoché ingestibile, visto che oramai la popolazione
ebraica costituiva un terzo dei residenti in Palestina, anche se possedeva solo
una minima parte del territorio (circa il 7% del territorio, contro il 50%
della popolazione araba e il restante in mano al governo britannico della
Palestina.
Il 15 maggio 1947 fu fondato quindi l'UNSCOP (United Nations Special Committee
on Palestine), comprendente 11 Nazioni (Canada, Cecoslovacchia, Guatemala,
Olanda, Peru, Svezia, Uruguay, India, Iran, Repubblica Socialista Federale di
Jugoslavia, Australia) da cui erano escluse le Nazioni "maggiori", per
permettere una maggiore neutralità.
Sette di queste nazioni (Canada, Cecoslovacchia, Guatemala, Olanda, Perù,
Svezia, Uruguay) votarono a favore di una soluzione con due Stati divisi e
Gerusalemme sotto controllo internazionale, tre per un unico stato federale
(India, Iran, Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia), e una si astenne
(Australia).
Il problema chiave che l'ONU si pose in quel periodo fu se i rifugiati europei
scampati alle persecuzioni naziste dovessero in qualche modo dover essere
ricollegati alla situazione in Palestina.
L'UNSCOP raccomandò anche che la Gran Bretagna cessasse il prima possibile il
suo controllo sulla zona, sia per cercare di ridurre gli scontri tra la
popolazione di entrambe le etnie e le forze britanniche, sia per cercare di
porre fine alle numerose azioni terroristiche portate avanti dai gruppi
ebraici.

LA DIVISIONE IN DUE STATI
La definitiva risposta delle Nazioni Unite alla questione palestinese fu data
il 25 novembre 1947 con l'approvazione della risoluzione 181, che raccomandava
la spartizione del territorio conteso tra uno Stato palestinese, uno ebraico e
una terza zona, che comprendeva Gerusalemme, amministrata direttamente
dall'ONU.
Nel decidere su come spartire il territorio l'UNSCOP considerò, per evitare
possibili rappresaglie da parte della popolazione araba, la necessità di
radunare tutte le zone dove i coloni ebraici erano presenti in numero
significativo nel futuro territorio ebraico, a cui venivano aggiunte diverse
zone disabitate (per la maggior parte desertiche) in previsione di una
massiccia immigrazione dall'Europa, una volta abolite le limitazioni imposte
dal governo britannico nel 1939, per un totale del 56% del territorio.

LA GUERRA DI LIBERAZIONE DEI PALESTINESI
La nascita ufficiale dei due Stati in Palestina era stata fissata dall'ONU nel
1948, ma essa non ebbe mai luogo. Infatti, non appena i britannici ebbero
lasciato la zona, la Lega Araba, che non aveva accettato la risoluzione
dell'ONU, scatenò una guerra "di liberazione" contro Israele (1948-1955).

LA BREVE TREGUA
Vi furono due periodi di tregua gestiti dall'ONU, con la presentazione di
nuovi piani per la ripartizione del territorio vennero rifiutati da entrambe le
parti in causa. Durante la seconda tregua venne assassinato il mediatore
dell'ONU, conte Folke Bernadotte da parte di alcuni uomini del Lehi.
In breve, dopo la catastrofe militare degli eserciti invasori, ci si ritrovò
un unico Stato, quello israeliano, impegnato a difendere quanto già conseguito
sul campo di battaglia e ad ottenere l'intero controllo del territorio
palestinese tramite il proprio esercito. L'azione combinata della propaganda
araba, basata sullo slogan tornerete nelle terre liberate, della guerra in sé,
e della pressione psicologica  di frange politiche israeliane, misero in fuga
buona parte della popolazione araba e la estromisero definitivamente dalle
proprie terre, che da allora si sono sempre disinteressati della
normalizzazione della vita dei palestinesi lì rifugiati,il più delle volte in
grado di sopravvivere solo grazie alle razioni alimentari elargite
dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNRRWA).

LE SPARTIZIONI DELL'ONU
L'11 dicembre 1948 l'ONU emise la risoluzione 194, che rimase per larga parte
non attuata e che tra le altre cose prevedeva la demilitarizzazione di
Gerusalemme, il cui controllo doveva passare all'ONU, e la restituzione (o il
rimborso) dei beni e delle proprietà dei rifugiati (arabi in territorio
israeliano e i pochi ebrei in territorio arabo) che volessero tornare a casa
dopo la guerra.
Nel 1956 Israele, sfruttando la crisi di Suez, attacca l’Egitto ma viene
fermato dalla comunità internazionale. Nel 1964 nasce l’Organizzazione per la
Liberazione della Palestina che punta a dare una rappresentanza ai palestinesi,
slegandoli dalla dipendenza dai Paesi arabi. Poco dopo ne diventa capo Yasser
Arafat che la guiderà fino alla morte.

LA GUERRA INFINITA
Nel 1967 scoppia la guerra dei Sei Giorni con la quale Israele occupa la
Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme est. Nel 1973 Egitto e Siria
attaccano Israele; è la guerra dello Yom Kippur. Israele occupa il Sinai in
Egitto e le alture del Golan in Siria. Nel 1979 l’Egitto firma un accordo di
pace con Israele. Finiscono così le guerre tra Israele e gli stati arabi, da
questo momento in poi allo stato ebraico si contrapporrà solo l’Olp.

LA NASCITA DELL' INTIFADA
Nel 1982 Israele invade e occupa la parte meridionale del Libano per
distruggere le basi palestinesi.
Dal 1987 al 1992 i palestinesi cominciano una forma di resistenza popolare,
chiamata Intifada.
Nel 1993 vengono firmati gli Accordi di Oslo e sembra che il conflitto stia
per finire, ma i nodi principali restano irrisolti e rimandati a un secondo
turno di negoziati: la nascita di uno Stato palestinese indipendente, il
ritorno dei profughi palestinesi, il controllo delle scarse risorse idriche e
lo status di Gerusalemme.

L'ACCORDO MANCATO Nel 1994 la Giordania firma un accordo di pace con Israele.
Nelle zone che dovrebbero diventare il futuro stato palestinese comincia una
forma di autogoverno guidata dall’Autorità Nazionale Palestinese, presidente
della quale viene eletto nel 1996 Yasser Arafat. Dopo l’entusiasmo degli
Accordi, la diplomazia internazionale arresta la sua pressione e israeliani e
palestinesi non riescono a trovare un accordo.

LA SECONDA INTIFADA
Israele si è ritirato dal Libano nel 2000. La tensione ricomincia a salire e,
nel settembre 2000, comincia la seconda Intifada scatenata da una provocatoria
passeggiata dell’allora candidato premier israeliano Ariel Sharon sulla
Spianata delle Moschee. Le principali formazioni militari che combattono
Israele sono: la Brigate Izz ad-Dīn al-Qassām (braccio armato di Hamas, vicina
ai Fratelli Musulmani), la Jihad Islamica, il Fronte Popolare per la
Liberazione della Palestina, le Brigate dei Martiri di al-Aqsa (braccio armato
del partito Fatah). Il conflitto ha cominciato a calare d’intensità quando, l’11 novembre 2004, muore Arafat.

SEGNALI DI PACE?
Il governo israeliano, guidato da Ariel Sharon, e le cancellerie delle grandi
potenze mondiali, si dichiarano di nuovo pronte al confronto con i palestinesi,
dopo che Arafat era stato considerato negli ultimi anni un interlocutore poco
credibile. A gennaio 2005 si tengono le elezioni presidenziali in Palestina e
successore di Arafat viene nominato Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Il dialogo
riprende, ma il governo Sharon decide unilateralmente di sgomberare la Striscia
di Gaza, occupata nel 1967, ad agosto 2005. L’esercito di Tel Aviv sgombera con
la forza i coloni israeliani e lascia l’amministrazione del territorio ai
palestinesi.

HAMAS VINCE LE ELEZIONI
Il 25 gennaio 2006, le elezioni politiche in Palestina sanciscono la vittoria
del partito armato degli islamisti di Hamas. Il nuovo governo di Hamas ha però
vita breve, dato che viene da subito boicottato dalla comunità internazionale e
da Israele. Quest'ultimo sostiene Abu Mazen, sia apertamente che sottobanco,
fornendo armi alle forze di Fatah e liberandone i prigionieri, mentre
all'opposto i deputati eletti di Hamas vengono arrestati.
Nel giugno 2006 Hamas cattura, al confine con la Striscia, il caporale
israeliano Gilad Shalit, allora diciannovenne. Israele, però, rifiuta di
barattarne la liberazione con quella di tutti i bambini e le donne palestinesi
detenuti, come proposto da Hamas. Nel febbraio dell'anno successivo (in mezzo
c'è stata la guerra tra Israele e Libano dell'estate 2006), Hamas e Fatah
accettano di formare un governo di unità nazionale, sulla base di un accordo
raggiunto alla Mecca.
HAMAS CONQUISTA LA STRISCIA
La crisi inter-palestinese continua però ad aggravarsi progressivamente, fino
a quando, nel giugno del 2007, sfocia in scontri aperti che culminano con la
conquista della Striscia di Gaza da parte di Hamas, mentre in Cisgiordania
Fatah accusa il partito islamico di aver fatto un colpo di Stato, e fonda un
governo di Emergenza. Israele nei mesi successivi dichiara Gaza “entità nemica”
e stringe la Striscia sotto un durissimo embargo, impedendo l'apertura dei
confini, incluso quello di Rafah, tra la Striscia e l'Egitto. Un embargo che
nel gennaio 2008 spinge Hamas a distruggere tratti della barriera di confine,
per consentire alla popolazione di sfondare in Egitto in massa, per procurarsi
generi di prima necessità.

LE TRATTATIVE DI ISRAELE
Sull'altro fronte, nel novembre 2007, Israele e l'Autorità Palestinese di Abu
Mazen e del premier Salam Fayyad, iniziano un percorso di colloqui di pace con
la supervisione Usa ad Annapolis. Le trattative, però, procedono da subito a
rilento per l'indisponibilità da parte di Israele a discutere i temi chiave del
conflitto: lo status di Gerusalemme e quello dei profughi palestinesi. Non
solo, Israele prosegue anche imperterrito la costruzione e l'ampliamento delle
colonie in Cisgiordania, allo scopo di creare dati di fatto sul terreno, che
non potranno essere coinvolti nella trattativa. Le proteste in questo senso
della Segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, rimangono inascoltate, mentre
le concessioni israeliane ad Abu Mazen si limitano alla liberazione di alcuni
detenuti con pene in scadenza, e di militanti delle Brigate dei Martiri di Al
Aqsa, a condizione che rinuncino alla lotta armata. Il colloqui di Annapolis
promettevano di portare alla nascita di uno Stato palestinese entro la fine del
2008. Nell'autunno 2008, però, la carriera del premier israeliano Olmert viene
compromessa da guai giudiziari che portano la ministro degli Esteri Tzipi Livni
a prendere il controllo del partito Kadima. La scadenza dei colloqui a quel
punto diventa impossibile da rispettare, e tutto slitta al 2009, dopo le
elezioni in Israele e la fine del mandato di Abu Mazen. La contesa per il
futuro governo israeliano è soprattutto tra la Livni e Banjamin Netanyahu del
Likud, la destra oltranzista. Mentre ancora non è affatto certo che le elezioni
palestinesi si terranno.

CONTINUANO I RAID TRA I VANI TENTAVI DI TREGUA
Nel giugno 2008, Hamas aveva dichiarato una tregua con Israele, impegnandosi a
cessare il lancio di razzi verso il sud del territorio israeliano in cambio
della riapertura dei valichi della Striscia. Una tregua interrotta da diversi
raid israeliani attuati per compiere omicidi mirati di miliziani, e da
sporadici lanci di razzi da parte delle milizie non direttamente legate con
Hamas. Nel frattempo i confini della Striscia vengono aperti solo di rado, e la
popolazione di Gaza continua a impoverirsi sfiorando in più periodi
un'autentica crisi umanitaria. Tra novembre e dicembre 2008, corpi speciali
israeliani compiono piccoli attacchi dentro la Striscia, provocando la reazione
di Hamas che, allo scadere della tregua, il 18 dicembre 2008, riprende
massicciamente il lancio di razzi, lasciando intendere l'intenzione di
concordare una nuova tregua, che garantisca la reale apertura dei confini.

OPERAZIONE PIOMBO FUSO - UNA STRAGE
Israele non reagisce subito, finchè, il 27 dicembre, lancia a sorpresa
l'offensiva denominata Cast Lead, Piombo Fuso. La Striscia di Gaza viene
bombardata per cinque giorni e successivamente viene invasa dall'esercito
israeliano. dopo il completamento della raccolta di informazioni di
intelligence.
L'operazione è scattata il 27 dicembre 2008.
Nel primo giorno di bombardamenti i morti vengono stimati, a seconda delle
fonti, tra i 200 e i 300, e questo viene considerato da fonti e dai media
palestinesi come il giorno con più caduti nei 60 anni di conflitto aperto (è
stato rinominato da queste il Sabato nero del massacro). I feriti vengono
stimati da fonti mediche palestinesi in circa 700.Intanto, dalla Striscia di
Gaza continua il lancio di razzi Qassam e Grad sul sud d'Israele, che nel primo
giorno causano una vittima e diversi feriti.
Successivamente, all'alba della mattina del 3 gennaio 2009, Israele ha
cominciato a colpire Hamas con colpi di artiglieria, provenienti da mezzi
stanziati a poche centinaia di metri dal confine con Gaza, preannunciando
un'azione di terra. Già il 3 gennaio a Gaza il sistema sanitario era
collassato; a 250.000 abitanti mancava l'elettricità mentre l'acqua corrente
era disponibile a intermittenza ed essendo stato colpito il principale canale
fognario gli scoli hanno invaso le strade.

ISRAELE ALL'INTERNO DELLA STRISCIA DI GAZA: UN MASSACRO DI CIVILI
Alle 20:00 circa del 3 gennaio, le truppe israeliane sono penetrate con carri
e mezzi blindati di vario tipo all'interno della Striscia di Gaza da tre punti,
dando inizio ai primi scontri a fuoco, e riuscendo ad assumere il controllo di
alcune postazioni di lancio dei razzi Qassam.
La città di Gaza è stata totalmente accerchiata dalle forze armate israeliane,
mentre violenti scontri si sono sviluppati a Dayr al-Balah e Bureyj, nella zona
centrale della Striscia. Altri combattimenti sono scoppiati nel campo profughi
di Jabaliya, a Nord della città di Gaza

STRAGE IN UNA SCUOLA PALESTINESE
Il 6 gennaio 2009, un raid israeliano colpisce una scuola ONU adibita a
rifugio per civili, dalla quale si riteneva fossero partiti lanci di razzi . Il
numero delle vittime è stimato essere circa 40 e i feriti circa 50, e immediata
è la reazione di Ban Ki Moon, Segretario Generale dell'ONU, che chiede
un'indagine sull'avvenimento. L'esercito israeliano dichiara di non essere
stato a conoscenza della presenza di civili in quell'edificio, e dispone
un'inchiesta: al termine della stessa, il 15 gennaio, afferma di ritenere
eccessivo il numero dei deceduti conteggiati dalle fonti internazionali (43),
sostenendo che 21 dei caduti sarebbero stati noti, e tra questi vi sarebbero
stati diversi militanti di Hamas . Le indagini dell'ONU hanno invece fin dal
primo momento sostenuto che non vi sarebbero stati lanci di razzi dall'edificio
e che la posizione di questo era nota da tempo ad Israele, mentre sarebbero
state raccolte dai media testimonianze non verificate, sia a favore sia contro
la loro presenza nell'area dell'edificio della scuola.

Finalmente  LA TREGUA
Il 18 gennaio 2009 si svolge la Conferenza di Pace di Sharm el Sheikh,
fortemente voluta dai governi occidentali e dall'egiziano Mubarak, che porta
all'accettazione della tregua da parte d'Israele e del ritiro da Gaza a patto
che i confini siano sorvegliati per evitare il contrabbando d'armi, e anche
all'apertura di Hamas nei confronti di una tregua di una settimana se, in
questo stesso periodo di tempo, Israele completerà il ritiro del proprio
esercito.

PRIMI BILANCI
Dopo ventidue giorni il bilancio complessivo del ministero della Sanità di
Gaza, gestito da Hamas, ha annunciato che le vittime (palestinesi) sono 1203 di
cui 410 bambini, i feriti invece 5300. Da parte israeliana si calcolano invece
13 vittime israeliane, di cui 3 civili e quasi 200 i feriti.

L'ONU ACCUSA ISRAELE E PALESTINA DI VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI
Nel settembre 2009 è stata presentata la relazione della missione dell'ONU che
dall'aprile 2009 ha indagato sul conflitto. Secondo quanto riferito dal
presidente Richard Goldstone (di origini ebraiche, ex giudice costituzionale
del Sud Africa, ex membro del Board of Governors dell'università ebraica di
Gerusalemme) vi sarebbero state violazioni dei diritti umani da entrambe le
parti, pur riservando le critiche maggiori all'operato delle forze armate
israeliane, ritenute responsabili di aver deliberatamente colpito dei civili in
più occasioni.

VITTIMEi
Le guerre tra Israele e i paesi arabi confinanti, del 1948 al 1973, hanno
causato la morte di circa 100mila persone. La prima Intifada, dal 1987 al 1992,
ha causato la morte di 2 mila persone, in massima parte palestinesi.
Dall'inizio della seconda Intifada (settembre 2000) al 20 giugno 2007, hanno
perso la vita 4626 palestinesi e 1050 israeliani. Almeno 214 palestinesi sono
morti negli scontri tra le milizie di Hamas e Fatah. Il bilancio provvisorio
della guerra nella Striscia di Gaza del dicembre2008/gennaio 2009 è di quasi
800 palestinesi morti, quasi metà dei quali civili, e 11 vittime israeliane.
(fonte Amnesty International)

RISORSE CONTESE
Rispetto al conflitto generale innescato dalla rivendicazione dei Palestinesi
per la nascita di un loro stato indipendente, il problema è quello sia dello
Stato di Israele che dei palestinesi per il controllo dell’accesso ai fiumi e
alle riserve idriche, scarse, della zona.

FORNITURE ARMAMENTI
Israele riceve armi e addestramento soprattutto dagli Stati Uniti, ma anche
dalla Francia e dalla Germania, anche se riesce a produrre da solo la massima
parte degli armamenti che servono alle sue forze armate. I vari gruppi
palestinesi ricevono armamenti ed addestramento dall’Arabia Saudita, dall’Iran
dalla Siria (Cfr. Wikipedia, l'enciclopedia libera ed altre fonti di storia).

Parole per capire .
Col termine Striscia di Gaza (in arabo: قطاع غزة, Qiṭāʿ Ghazza; in ebraico:
רצועת עזה, Retzu'at 'Azza) si indica un territorio palestinese confinante con
Israele e Egitto nei pressi della città di Gaza, de facto un territorio
autonomo e autogovernato dal 2005.Si tratta di una regione costiera di 360 km²
di superficie popolata da circa 1.645.500 abitanti di etnia araba. Rivendicato
dai palestinesi, assieme alla Cisgiordania e a Gerusalemme est, come parte
dello Stato di Palestina nella regione storico-geografica della Palestina, è
attualmente governato dal movimento di Hamas per conto del governo palestinese,
ma è al contempo considerato territorio occupato da Israele che ne opera un
blocco su tutte le sue frontiere, al centro dunque del conflitto israelo-palestinese. Dal 2012 l'ONU riconosce formalmente la Striscia come parte dello
Stato di Palestina, entità statale semi-autonoma.

Abu Mazen
Conosciuto anche come Mahmoud Abbas è tra i fondatori dell'organizzazione al
Fatah. Entra a far parte del Consiglio Nazionale Palestinese nel 1968. Nel 1981
diventa membro dell'OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina e
partecipa ai colloqui di pace di Madrid (1991) e di Oslo (1993) in veste di
coordinatore. Nel 2003 diventa Primo ministro, una carica che però perde dopo
poco tempo, a causa dei contrasti con le correnti più radicali dell'OLP e con
lo stesso "leader supremo" dell'organizzazione, Yasser Arafat. A gennaio del
2005 viene eletto alla presidenza dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e
prende il posto del defunto Arafat. Mahmoud Abbas è il primo presidente
palestinese nominato in base a un risultato elettorale. Il suo mandato è
scaduto a novembre del 2008, ma è tuttora in carica. Da Ramallah fa da
controcanto agli estremisti di Hamas, che governano sulla Striscia di Gaza,
anche se recentemente si è riavvicinato al gruppo radicale. Il governo di Abu
Mazen è riconosciuto dall'Onu e da tutti quegli Stati che hanno riconosciuto
l'indipendenza palestinese. Dopo una vita passata a negare la Shoah, nel 2014
Abu Mazen ha inviato un "messaggio speciale al popolo ebraico" in occasione
delle celebrazioni in memoria dell'Olocausto, definendo lo sterminio degli
ebrei come "Il più odioso crimine contro l’umanità avvenuto nell'era moderna"
E' stata la prima volta che un leader palestinese o arabo ha usato in pubblico
parole così importanti, dato che la Shoah è considerata un tabù storico-politico da gran parte del mondo islamico. Recentemente ha chiesto una riunione
di emergenza alle Nazioni Unite in seguito all'escalation di violenza nei
Territori e in Israele, generata dall'uccisione di tre ragazzi ebrei rapiti a
Hebron e di un ragazzo palestinese assassinato per vendicarli. E poi, l’incontro con il Papa Francesco per invocare la pace, tra gente che vive così
vicina e che solo l’odio politico allontana, fa sperare in un ripensamento
umano per quanti a Gaza vogliono vivere da diversi ma voluti da Dio.

Arabi e musulmani
Un miliardo e cento milioni i musulmani nel mondo. Con 172 milioni di fedeli è
l'Indonesia il più grande Paese islamico del pianeta. Prima ancora del
Pakistan, secondo con 126 milioni e del Bangladesh, terzo con 108 milioni di
fedeli. Nonostante ospiti i luoghi sacri dell'Islam (Mecca, Medina in Arabia
Saudita e "Spianata delle Moschee" a Gerusalemme) il mondo arabo costituisce
solo una minoranza, sia pur rilevante dal punto di vista simbolico, nella
comunità musulmana mondiale. La guerriglia palestinese contro l'occupazione
israeliana, pur avendo alcuni tratti della "jihad contro gli infedeli", è
considerata dalla maggior parte degli storici come una lotta di indipendenza
nazionale. Dove, più che l'elemento religioso, giocano un ruolo centrale le
questioni della terra e della sovranità. 

Arafat
Leader storico dei palestinesi, Yasser Arafat è stato una figura di spicco sul
panorama politico mondiale e nello scacchiere mediorientale. Per la prima volta
nel 1956, durante una conferenza nell'allora Cecoslovacchia, indossa la kefiah,
il tradizionale copricapo palestinese a scacchi rossi o neri. Da allora quello
diventa il suo tratto distintivo. Nel 1994 si divide il premio Nobel per la
Pace assieme ai due leader israeliani, Shimon Peres e Yitzhak Rabin, per
l'opera di diplomazia compiuta al fine di rappacificare i Territori di
Cisgiordania e della Striscia di Gaza, con l'obiettivo di garantire al popolo
palestinese il riconoscimento del diritto ad avere uno Stato sovrano e
indipendente .Dal 1996 e fino alla sua morte nel 2004 ricopre la carica di
presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e precedentemente era
stato a capo dell'OLP. Personaggio controverso, è l'emblema mondiale della
causa palestinese. Negli ultimi anni della sua vita è stato accusato di non
volere la pace, in seguito al fallimento del summit di Camp David nel 2000 con
l'allora premier israeliano Ehud Barak e, soprattutto, in seguito allo scoppio
della seconda Intifada. Se da una parte, però, l'Occidente lo accusa di
fiancheggiare il terrorismo, anche se non in maniera palese, dall'altra il
mondo arabo lo considera una figura unica e carismatica.  Controverso anche il
suo patrimonio personale. Nel 2002 i servizi israeliani stimano che Arafat
abbia circa 1.3 miliardi di dollari, una notizia che porta la rivista Forbes a
classificarlo al numero sei della lista di "Re, regine o despoti" nel mondo,
stimando il suo patrimonio attorno a circa 300 milioni di dollari. Nel 2003 il
Fondo Monetario Internazionale apre un'inchiesta su di lui, per aver "spostato
900 milioni di dollari di fondi pubblici su conti correnti privati. Yasser
Arafat muore a Parigi apparentemente per cause naturali a fine 2004. Ma nel
2012, su spinta dell'ultima moglie, un istituto svizzero che conduce indagini
sulla radioattività trova sulla salma riesumata del leader tracce di un
elemento radioattivo, il polonio. Cosa che fa sospettare che la morte di Arafat
sia avvenuta per avvelenamento.

Demografia
E' l'arma segreta dei palestinesi. Il ventre delle sue donne, come ebbe a dire
Yasser Arafat, è lo strumento principe per "arabizzare" la Palestina. Sulla
questione demografica - e sulla crescente immigrazione ebraica proveniente dai
Paesi dell'Ex Unione sovietica - si gioca la battaglia decisiva. Essendo in
gioco questioni complesse come la natura "religiosa" ed etnica dello Stato
d'Israele, le due parti puntano a prevalere sull'altra anche sul piano
demografico.  I palestinesi con una crescita tumultuosa, gli ebrei,
soprattutto, con l'immigrazione e con la concessione, automatica, della
cittadinanza israeliana agli ebrei della diaspora.

Forza 17
Nata nei primi anni 70, per iniziativa dei servizi giordani, Forza 17 è
confluita ufficialmente nella polizia palestinese negli anni 90, dopo aver
esercitato un ruolo di guida negli atti di resistenza armata contro Israele nel
corso di tutto il decennio precedente. Quasi la milizia privata di Yasser
Arafat, la figura simbolo della lotta palestinese.

Fronte Popolare Liberazione Palestina
Di ideologia marxista-leninista, l'FPLP è stato fondato nel 1967 da George
Habbash, un ex dirigente Olp. Si oppone al processo di pace e ha rivendicato
recentemente l'omicidio del Ministro israeliano del Turismo, l'ebreo estremista
Rehavam Zeevi. Contrario agli accordi di Oslo del 1993, l'FPLP ha  continuato a
opporsi a qualsiasi negoziato con il governo di Gerusalemme. Il suo leader, Abu
Ali Mustafa, è stato ucciso dalle forze israeliane. Dopo l'omicidio Zeevi,
l'ANP ha messo fuori legge e arrestato molti dirigenti del FPLP.

FPLP - Comando generale
Nato nel 1968 da una costola del Fronte popolare per la liberazione della
Palestina (Pflp), il Comando generale è guidato da Ahmad Jabril, ex comandante
dell'esercito siriano. Ha il suo quartier generale a Damasco e ha molti campi
di addestramento in Libano.

Fondamentalismo ebraico
La componente ultraortodossa ebraica - di cui fu vittima nel 1995 il Premier
Rabin - ha sempre cercato di radicalizzare lo scontro con gli arabi dei
territori occupati e dello stesso Stato di Israele (che costituiscono circa il
15 per cento dei 6 milioni di cittadini israeliani). Teorizza l'appartenenza di
Giudea e Samaria (il nome sacro dei Territori) al popolo ebraico e la necessità
di rigettare gli ordini di evacuare gli insediamenti in Cisgiordania e Gaza.
Irrinunciabilità dei Territori, insediamenti, "TNT" (Terrore contro terrore):
sono queste le parole d'ordine del gruppo storico ultraortodosso "Kach" (E'
così). Parole d'ordine che hanno armato la mano del colono che, qualche anno
fa, ha ucciso una trentina di palestinesi raccolti in preghiera nella moschea
di Hebron.

Fatwa
Nella teologia musulmana, è l'editto, emesso in base alla conoscenza dei testi
sacri (Corano e Sunnah), da un giureconsulto islamico, un Ulema, in relazione
alla corretta interpretazione di una vicenda o di un discorso.

Gerusalemme
Città sacra delle tre religioni monoteiste (ebraica, musulmana, cristiana) è
stata suddivisa dalla guerra del 1948 in poi in due zone, una araba-giordana, a
est, e una ebraica, a ovest. Con la guerra del 1967 Israele entra in possesso
anche della parte orientale della città e la proclama capitale dello Stato
ebraico, senza ottenere un riconoscimento internazionale (molte ambasciate sono
tuttora a Tel Aviv). Gerusalemme ospita sia la Spianata delle Moschee che il
Muro del Pianto (i luoghi sacri, rispettivamente dei musulmani e degli ebrei) e
ha assunto un valore altamente simbolico in tutte le negoziazioni tra arabi e
israeliani. Nel 2000 a Camp David è stata proprio la questione della sovranità
sulla città sacra uno dei punti di maggiore attrito nei negoziati (poi falliti)
tra Arafat e Barak.

Hamas
Fondata nel 1987 a Gaza dallo sceicco Yassin, paraplegico e cieco da
vent'anni, Hamas (che in arabo significa "zelo", "entusiasmo") è la più
importante organizzazione terroristica palestinese. Radicata nei Territori,
dove ha messo in piedi una solida struttura sociale e militare non ha mai
riconosciuto, contrariamente all'Olp di Arafat, la legittimità dello Stato
ebraico. Si oppone a qualsiasi processo negoziale e ha fatto del rifiuto degli
accordi di Oslo del 1993 una bandiera politica. Riceve finanziamenti da Iran e
Siria. Nel passato, secondo numerose fonti tra cui quella del giornalista Igor
Mann, i governi israeliani hanno favorito la diffusione di Hamas per
ridimensionare l'influenza dell'Olp. Il leader Yassin, condannato all'ergastolo
da un tribunale israeliano, è stato rilasciato dal governo di Bibi Netanhyau
nel 1998 sulla base di un accordo-baratto con re Hussein di Giordania che ne
ottenne la scarcerazione in cambio di due agenti dei servizi israeliani. Il
braccio militare di Hamas, le brigate "Ezzedin al Qassam", è responsabile della
gran parte degli attentati suicidi degli anni 90 e del periodo successivo allo
scoppio della seconda Intifada (ottobre 2000).

Hezbollah libanesi
Quella degli Hezbollah (letteralmente "Partito di Dio") è la più importante
organizzazione terroristica libanese. Fondata nel 1982 nella Valle del Beeka è
considerata, tra l'altro, l'artefice dell'attacco del 1983 contro una caserma
americana a Beirut che costò la vita a oltre 200 soldati, e dell'attacco contro
l'ambasciata degli Stati Uniti nella stessa città un anno dopo, nel quale
morirono 14 persone. Riceve finanziamenti dall'Iran degli Ayatollah, ha un
forte seguito tra gli sciiti e i cristiani libanesi. Hezbollah (che non ha mai
voluto riconoscere Israele) ha combattuto contro l'occupazione del Libano del
Sud. Da cui, ancora oggi, partono contro lo Stato ebraico, i cosiddetti
missili Katiuscia e le incursioni contro il territorio nemico. Recentemente le
truppe di Hezbollah hanno sostenuto militarmente l'esercito governativo siriano
di Bashar al Assad, contribuendo alla sua "vittoria" sulle truppe ribelli che
mirano ad abbattere il regime di Damasco.

Madrassa
Scuola coranica. Quelle nate al confine tra Afghanistan e Pakistan negli anni
80 e 90 hanno formato buona parte dei dirigenti taliban, gli studenti afghani
che hanno governato il Paese, all'insegna di una applicazione rigida e
paranoica della sharia, fino alla recente presa di Kabul da parte dell'Alleanza
del Nord, guidata da alcuni signori della guerra antisovietica come Massud
(ucciso da Al Qaeda il 9 settembre 2001), il Ministro della Difesa Fahim e
altre componenti hazara.

Mossad
Il potente servizio di intelligence israeliano nasce negli anni 20 in
Palestina, come Ente per l'Immigrazione parallela, sulla base di un'ideologia
sionista. Nel 1945, dopo le persecuzioni naziste in cui furono uccisi circa sei
milioni di ebrei, organizzò la fuga dei sopravvissuti alla Shoa (Olocausto).

Netanyahu
Benjamin Netanyahu, detto "Bibi", è stato premier d'Israele dal 96 al 99 e poi
ancora dal 2009 a oggi. Leader del partito conservatore Likud e principale
esponente dell'ala nazionalista israeliana, è stato ministro delle Finanze fino
al 2005, quando rassegnò le dimissioni in segno di protesta contro il piano di
ritiro da Gaza messo in atto dall'allora premier Ariel Sharon. Alle elezioni
del 2009 il partito centrista Kadima vince per un seggio solo e la sua leader,
Tzipi Livni, non trova la maggioranza. Netanyahu, arrivato secondo, di allea
con l'estrema destra di Avigdor Lieberman e diventa primo Ministro. Alle
elezioni del 2013il cartello elettorale composto da Likud e Beitenu ottiene il
primo posto con 31 seggi, ma la Knesset si divide in due schieramenti di pari
forza, con 60 seggi ai partiti di destra e confessionali e 60 a quelli di
centrosinistra, laburisti e arabi.

Intifada - I – II La prima Intifada (in arabo "sollevazione", "risveglio"),
esplosa nei Territori in modo spontaneo nel 1987, fu la risposta dei
palestinesi  all'occupazione israeliana e agli insediamenti in Cisgiordania e
Gaza. Guidata dall'Olp di Yasser Arafat, la prima Intifada affrontava le forze
israeliane con il lancio di pietre e il lancio di bottiglie molotov. La seconda
Intifada esplode invece nell'ottobre 2000 e si caratterizza, rispetto alla
prima, per una maggiore radicalità e un conseguente innalzamento del livello di
violenza contro lo Stato ebraico. Vengono colpiti indifferentemente civili e
militari, sia nei Territori sia nello Stato d'Israele. Mentre, nel corso della
prima Intifada, il rapporto tra i morti israeliani e quelli palestinesi era di
uno a quindici, oggi è sceso a uno a tre. La tattica degli attentati kamikaze,
tipica originariamente solo dei gruppi islamisti come Hamas e la Jihad
islamica, è stata recentemente adottata anche da gruppi armati vicini all'ANP.
Oltre 500 i civili israeliani uccisi nell'ultimo anno e mezzo, dopo la
passeggiata di Sharon alla "Spianata delle Moschee" a Gerusalemme. Oltre 1600 i
palestinesi uccisi.

Jihad
Impropriamente tradotto con "guerra santa", Jihad significa "sforzo",
"tensione sulla via di Dio". I teologi distinguono tra una "Grande Jihad"
intesa come ricerca spirituale, e la "Piccola Jihad" intesa come guerra -
esclusivamente difensiva - contro i nemici della fede e della Ummah. In nessun
caso, è ammessa una Jihad offensiva.

Jihad islamica palestinese
Nata nel 1978 da un gruppo di studenti egiziano-palestinesi fuoriusciti dai
"Fratelli musulmani", la madre di tutte le organizzazioni fondamentaliste,
lotta per la creazione di uno Stato islamico in Palestina e per la conseguente
distruzione dello Stato di Israele. E' meno popolare di Hamas, conta meno
aderenti, ma ha compiuto ugualmente numerosi attacchi suicidi, soprattutto
nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Nel 1995 il suo leader Fathi Sekhaqi,
espulso in Libano nel 1988 e considerato vicino ai servizi siriani, è stato
ucciso dal Mossad o, secondo altre fonti, da fazioni rivali palestinesi. Lo ha
sostituito Abd Allah Shallah.

OLP
L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina nasce a Gerusalemme Est
nel 1964, allora sotto occupazione giordana, su iniziativa degli Stati arabi.
Sin dalle origini l'obiettivo dell'Olp, un insieme di fazioni politiche e
militari palestinesi in esilio, era la distruzione di Israele e la contestuale
fondazione di una Palestina araba. La Carta dell'Olp del 1968 - che costituì la
base ideologica di tutte le fazioni palestinesi fino agli accordi di Oslo del
1993 Dal punto di vista organizzativo l'Organizzazione per la Liberazione della
Palestina era una coalizione di gruppi armati in esilio, tra cui il più
importante era quello di Al Fatah di Yasser Arafat (eletto Presidente dell'Olp
nel 1968). Altri gruppi aderenti all'Olp erano il Fplp di George Habbas, su
posizioni marxiste, il Fdplp di Nayef Hawatmeth, nazionalista e di sinistra,
che per primo elaborò la distinzione tra Stato di Israele e Territori occupati
nel 1967 e il combattivo Flp di Abu Abbas, responsabile nel 1985 del sequestro
dell'Achille Lauro. Tutti i gruppi aderenti all'Olp consideravano la lotta
armata come il mezzo attraverso cui raggiungere l'obiettivo della liberazione
della Palestina. Nonostante una comune retorica panaraba, furono sempre
problematici i rapporti tra l'Olp e i Paesi arabi confinanti: durante il
"Settembre nero" del 1970 il re Hussein  decretò una durissima repressione
contro i palestinesi dei campi profughi giordani, colpevoli di aver creato nel
suo Paese una sorta di "Stato parallelo": 4600 le vittime e oltre 10 mila i
feriti. Era il "Settembre nero". Scaricato dai vicini arabi, l'Olp cominciò a
mettere da parte l'originaria retorica panaraba e anti-israeliana e a
concentrarsi sempre di più sull'obiettivo dell'indipendenza nazionale
palestinese. Il processo di pace con Israele, che ebbe inizio nei primi anni 90
dopo l'esplosione della prima Intifada nel 1987, indusse Yasser Arafat a
togliere dalla Carta dell'Olp l'obiettivo della distruzione di Israele, di cui
per la prima volta veniva riconosciuta la legittimità. La fazione maggioritaria
dell'Olp si adeguò al nuovo Statuto e concentrò i suoi sforzi per ottenere uno
Stato palestinese, non più nella cosiddetta Palestina storica, ma solo
all'interno dei Territori occupati nel 1967 (Gaza e Cisgiordania).

Panarabismo
In chiave moderna, il termine richiama l'azione di Gamal Abdel Nasser, il
Presidente egiziano salito al potere a metà degli anni 50 grazie al colpo di
Stato degli "Ufficiali liberi", e artefice, fino alla sua morte, di una
politica anticolonialista, antioccidentale, ostile a Israele, ma su basi laiche
e "socialiste". Nasser è uno dei fondatori della versione moderna del
panarabismo, da intendersi come il progetto di ricostruire l'unità politica e
militare del mondo arabo e la conseguente fine delle divisioni tra i governi
della regione. E' un mito che ha attraversato e che attraversa le opinioni
pubbliche del mondo arabo, un desiderio spesso utilizzato strumentalmente, in
chiave propagandistica, dai governi della regione. La versione fondamentalista
del panarabismo - il califfato - è invece quella che sogna un (impossibile)
ritorno all'età dell'oro dei cosiddetti "cinque califfi ben guidati", i
successori del profeta.Ma oggi c’è chi lo ripropone, convinto di attuarlo.

Piombo Fuso
È l'operazione militare lanciata il 27 dicembre 2008 dall'esercito israeliano
nella Striscia di Gaza per fiaccare Hamas. L'intento dichiarato di Israele è
quello di "colpire duramente l'amministrazione di Hamas al fine di generare una
situazione di migliore sicurezza intorno alla Striscia di Gaza nel tempo,
attraverso un rafforzamento della calma e una diminuzione dei lanci dei razzi,
nella misura del possibile". L'operazione Piombo Fuso si è protratta dal 27
dicembre 2008 al 18 gennaio 2009.

Sabra e Shatila
Il massacro di Sabra e Shatila è l'eccidio compiuto il 18 settembre 1982 dalle
Falangi libanesi e da elementi ad essa legati, di un numero di civili compreso
fra 762 e 3.500, prevalentemente palestinesi e sciiti libanesi. La strage
avviene nel quartiere di Sabra e nel campo profughi di Shatila, alla periferia
ovest di Beirut. Il giorno prima del massacro l'esercito israeliano aveva
chiuso ermeticamente i campi profughi e messo posti di osservazione sui tetti
degli edifici vicini. Nel 1983 la Commissione Kahan, istituita dal governo
israeliano, giunge alla conclusione che i diretti responsabili dei massacri
sono state le Falangi libanesi, sotto la guida di Elie Hobeika

Sharon
Ariel Sharon (detto Arik) è stato uno storico generale israeliano, diventato
poi l'undicesimo premier d'Israele. Ha ricoperto tale incarico dal 2001 al
2006, quando è stato destituito a causa del suo stato di coma vegetativo (muore
2014). Figura molto controversa, sia dentro che fuori Israele, viene additato
come uno dei "responsabili indiretti" del massacro di Sabra e Shatila. Durante
la sua carriera di primo Ministro, le politiche di Sharon causano una frattura
con il partito Likud di Netanyahu, che non vuole ritirarsi dai Territori. Il
che porta Sharon a lasciare il Likud per formare il nuovo partito Kadima.
Sharon divenne così il primo Ministro di Israele a non appartenere né al
partito Laburista né al Likud, i due partiti tradizionalmente dominanti la
scena politica israeliana. Il nuovo partito creato da Sharon va sotto la guida
di Ehud Olmert a seguito della malattia del premier nel 2006.

Settembre nero
È un'organizzazione terroristica palestinese, emanazione dell'OLP di Yasser
Arafat e artefice della strage compiuta alle Olimpiadi di Monaco del 1972, che
si è costituita dopo la repressione del "Settembre nero" ad opera di re Hussein
contro i rifugiati palestinesi, colpevoli di aver creato, in Giordania, una
sorta di Stato nello Stato. La repressione segna, per i palestinesi della
diaspora, la fine definitiva dell'illusione della solidarietà panaraba.

Sionismo
"Sion", termine che ricorre più volte nei Testi sacri ebraici (Torah), indica
sia la città di Gerusalemme sia la terra dell'antico Israele. Nato al Congresso
di Basilea nel 1897, il movimento sionista moderno, costruito su basi laiche e
democratiche dal filosofo Theodor Herzl, teorizza il ritorno del popolo ebraico
in Palestina . Mira a costruire un focolare ebraico in Terrasanta, una sorta di
porto franco contro le persecuzioni antisemite che subirono gli ebrei nel 20°
secolo. Il sionismo delle origini si basava sui kibbutz e su un'ideale di vita
comunitario, legato ai nascenti movimenti socialisti ebraici. Dal 1948 il
sionismo costituisce il cemento ideologico dello Stato d'Israele.

Sunniti e sciiti
I sunniti sono la componente maggioritaria dell'Islam e costituiscono il 90
per cento del miliardo e cento milioni di musulmani nel mondo. Il restante
dieci per cento è rappresentato dagli sciiti, presenti soprattutto in Iran, in
alcune aree dell'Asia centrale e dell'Afghanistan, e tra gli Hezbollah
libanesi. Accanto al Corano e alla Sunnah, gli sciiti riconoscono valore alle
tradizioni del profeta nascosto, il califfo Alì, cugino e genero di Maometto. 
La cui discendenza è disconosciuta dai sunniti.

Sharia
È la legge divina dedotta dai sacri testi, il Corano e la Sunnah, ossia la
raccolta dei detti, dei silenzi e delle azioni del Profeta Maometto durante la
predicazione alla Mecca. I fondamentalisti islamici sognano una "rinascita"
dell'Islam all'insegna di un'applicazione rigida, metastorica della sharia e di
un ritorno all'epoca d'oro della predicazione maomettana. Grande seguito,
presso l'opinione pubblica araba, il movimento wahabbita, nato in Arabia
Saudita nel diciannovesimo secolo e diffusosi poi tra i movimenti integralisti
islamici del secolo scorso, come i "Fratelli musulmani" egiziani.

Tanzim
I Tanzim costituiscono l'ossatura della guardia nazionale palestinese.
Considerati vicino all'Olp, sono nati da una costola dell'ANP per evitare il
monopolio resistenziale dei gruppi islamisti come Hamas. Sono organizzati in
cellule clandestine, molto militarizzate e segrete. Raccolgono molti consensi
nei campi profughi, nei villaggi, nelle università palestinesi. Il loro leader
è Marwan Barghouti, l'uomo nuovo dell'Intifada, recentemente arrestato da
Gerusalemme.

Territori occupati
Si intendono i Territori occupati da Israele nel 1967: Gaza, Cisgiordania,
Sinai (poi restituito all'Egitto di Sadat), le alture siriane del Golan, la
Striscia di Gaza, la città vecchia di Gerusalemme. Per gli ortodossi ebrei,
Giudea e Samaria (i nomi sacri dei Territori) fanno parte della "Grande
Israele" e spettano, per volontà divina, al popolo ebraico. 

Ummah
La nazione islamica, la comunità dei credenti senza distinzioni etniche,
religiose, nazionali.

Wahabismo e fondamentalismo
Per spiegare la fioritura dei movimenti islamici radicali si fa spesso
riferimento alla guerra in Afghanistan dove, nel corso degli anni 80, si
riversarono decine di migliaia di combattenti integralisti, pronti a tutto, pur
di distruggere gli "shuravi" sovietici, gli infedeli. E' da una delle
innumerevoli schegge della jihad afghana che nacque infatti Al Qaeda ("La
Base"), l'organizzazione guidata da Osama bin Laden, lo sceicco saudita che ha
ideato gli attentati dell'11 settembre a New York. Ma, accanto al fattore della
guerra santa contro i russi, finanziata anche dall'intelligence americana in
funzione antisovietica, un peso particolare nella fioritura dell'Islam radicale
lo hanno avuto i "Fratelli musulmani" egiziani, l'Iran dell'Ayatollah Khomeini
e, sul piano teorico, il movimento wahabbita, nato in Arabia Saudita
nell'Ottocento. Tutti questi movimenti, quali segni del difficile rapporto tra
mondo arabo e modernità, hanno fatto molti proseliti, negli ultimi anni, anche
tra i palestinesi dei Territori, dove era prevalsa fino ad allora l'ideologia
anticolonialista dell'Olp o al limite quella del panarabismo laico nasseriano 
(Cfr.Wikipedia e testi vari, compreso il mio “Religioni culture Dialogo”).

Che dire ancora???
L’ umanità, con la globalizzazione, non ha più confini da difendere. Ma è
difficile da far capire a chi è tanto lontano da noi occidentali. La speranza
che ci resta è che il buon Dio delle religioni abramitiche ci aiuti a portare
la pace in quelle due terre martoriate come Gaza ed Israele, perché la
concordia e la tolleranza aiuti a guardarsi in faccia come esseri umani avviati
allo stesso destino. Amen!!!
 

Maria de falco Marotta
Editoriali