Evviva, con Madonna l’otto marzo 2015!

Triste dover ancora affrontare il problema della condizione femminile nel mondo: significa che...

In fondo, è una notizia “allegra” quella che la cantante Madonna, che sì fa capitomboli per scale troppo pericolose per la sua età, ma si mantiene meravigliosamente   snella e bella, l’otto marzo, giornata sacrale per le donne del pianeta (quanto???) ospite di Fabio Fazio per presentare il suo nuovo disco”Rebel Heart”. In fondo, il suo cuore femminile al massimo, è stato sempre “ribelle” e così vorremmo che fossimo anche quelli delle tantissime donne nel mondo tuttora sotto il “tallone” maschile.

Triste, tristissimo

È veramente triste, all'alba del terzo millennio, dover ancora affrontare il problema della condizione femminile nel mondo: significa che civiltà e progresso non sono stati sufficienti a risolverlo, che l'uomo ha quasi conquistato lo spazio, anche se attualmente vi è una donna italiana Samantha con titoli e lauree pari a quelle dei suoi compagni nella navicella spaziale che ogni tanto si fa vedere anche dagli italiani, ma non ha imparato ad amare e soprattutto a rispettare "l'altra metà del cielo".

Nella maggior parte delle culture di cui siamo a conoscenza, i maschi hanno gestito il potere politico e religioso, hanno comandato in famiglia e svolto i lavori più redditizi, sono stati abbastanza liberi di scegliere il proprio destino.

Le donne sono state considerate persone deboli e inferiori; spesso emarginate dalla società ed escluse dalle sedi in cui venivano assunte decisioni importanti. Il loro posto essenziale era la famiglia: la cura dei figli, dei mariti e della casa. Questo ruolo prestabilito, assieme a molte discriminazioni vere e proprie, ha impedito che le donne potessero esprimersi liberamente ed essere se stesse, obbligandole al silenzio e all'invisibilità in un mondo dominato dai maschi.

Oggi si può dire senza paura di essere smentite, che nei Paesi occidentali i diritti delle donne sono legalmente riconosciuti e le leggi italiane sono tra le più avanzate d'Europa, soprattutto quelle per la tutela della maternità e sulle pari opportunità. Nonostante le leggi, molti ostacoli si frappongono ancora tra le donne e la carriera: infatti sono pochissime quelle che occupano posti di vertice nelle aziende e nei partiti politici, continuando la loro giornata ad essere la somma di due fatiche, quella domestica e quella extradomestica. Occorre realizzare quelle strutture sociali che consentirebbero di conciliare il lavoro fuori casa con la vita domestica, e particolarmente efficace potrebbe risultare la legge sul lavoro part-time.

Se però allarghiamo lo sguardo al mondo intero, il quadro è per varie ragioni sconfortante; il genere femminile, che costituisce poco più della metà dell'umanità e svolge i due terzi circa del lavoro globale, non possiede che un decimo della ricchezza, è rappresentato minimamente nei parlamenti, subisce forti discriminazioni. La piaga della violenza sessuale esiste in tutti i continenti, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo e non conosce differenze sociali o culturali; secondo l'OMS almeno una donna su cinque nel corso della vita subisce abusi fisici o sessuali.

In paesi come la Cina e l'India, dove nascere donna è spesso considerata una disgrazia, migliaia di neonate vengono lasciate morire per cure inadeguate o per abbandono.

Nei Paesi del terzo mondo la violenza sulle donne è una normale componente del tessuto culturale e non viene identificata come tale neppure dalle sue vittime.

Anche la povertà miete vittime in primo luogo tra le donne; in Nepal circa l0mila ragazze ogni anno vengono vendute dalle famiglie per essere avviate alla prostituzione e nell'Asia sudorientale sono oltre mezzo milione le bambine costrette a tale attività.

Un problema specifico di alcune culture africane è invece quello della mutilazione genitale, ancora ampiamente praticata ed effettuata in condizioni sanitarie abominevoli, senza anestesia e soprattutto su bambine anche in tenerissima età. Gli effetti sulla salute sono devastanti e colpiscono le donne in ogni momento della loro vita sessuale e riproduttiva. Sarebbero 130 milioni le donne che hanno subito questa mutilazione e i flussi migratori stanno facendo arrivare il problema anche nei paesi occidentali. Un altro fattore di disuguaglianza è quello derivante da motivi religiosi, presente soprattutto nei Paesi di religione islamica, dove le donne sono vittime di pesanti discriminazioni. Diffusi in alcuni Paesi musulmani, i gruppi integralisti si propongono di trasformare la società secondo le regole del Corano e di imporle come legge dello Stato. In Algeria alle donne è imposto di portare l'hidjab, il velo, e di vivere ai margini della società; in Iran, in Afghanistan è imposto il burka e alle donne è preclusa l'istruzione.

Un'altra piaga che colpisce le donne in ogni parte del mondo è lo stupro: sconvolge sapere quanto sia diffuso in Paesi ricchi e civili quali gli Usa e il Canada, ma ancor più sconvolgente è scoprire come per esempio in Pakistan, per avere giustizia, la donna debba presentare quattro testimoni maschi e non possa testimoniare lei stessa. Inoltre, se la vittima non riesce a dimostrare il reato viene incriminata per attività sessuali illecite, incarcerata, frustata pubblicamente. La violenza sessuale è anche un'arma di guerra, solo da poco riconosciuta come tale dalle leggi internazionali. I conflitti con un forte connotato etnico, come quelli nei Balcani o in Africa centrale, vedono l'uso dello stupro come strumento bellico da parte di entrambi i contendenti. Dobbiamo affermare se è pur vero che la condizione femminile si è evoluta e i mutamenti più significativi si sono avuti in Occidente, molto probabilmente la liberazione di quella parte dell'umanità definita "l'altra metà del cielo" è solo agli inizi.

Una speranza.

Indubbiamente la vita delle donne oggigiorno è molto diversa da quella immutabile delle loro antenate e non solo nell’Occidente sviluppato: le donne stanno facendo passi avanti anche in Sudamerica ed in Estremo Oriente e cercano di mantenere le loro conquiste nei difficili periodi che vivono la Russia e l’Europa orientale. La parità dei sessi è stata raggiunta solamente sulla carta nonostante anni di lotta e rivendicazioni.
La donna continua ad essere considerata per molti, un elemento di proprietà senza possibilità di sviluppo e di accrescimento personale in quanto costretta a casa e con i figli, sottoposta a condizionamenti di vario genere che ne limitano la libertà d’azione. Fino a poco tempo fa, il valore di una donna veniva misurato solo per gli aspetti riproduttivi e per la sua propensione femminile a pensare prima ai bisogni e alla salute Discriminata in ogni settore, in Italia, ha potuto differenziarsi soltanto con l’avvento della guerra. Fino ad allora, nulla poteva far pensare ad una donna diversamente abile dal far figli e pulire casa. La donna ha dovuto necessariamente sostituirsi all’uomo, impegnato al fronte, non solo per le decisioni educative e familiari ma anche nell’agricoltura, nelle fabbriche, nella attività commerciali e formative  e più tardi ha visto la propria introduzione nel settore tessile, manifatturiero ed impiegatizio. Di importanza fondamentale sono state le crocerossine e le religiose anch’esse impegnate al fronte per assistere e medicare i feriti e i malati. Anche le scrittrici e le giornaliste hanno avuto un’importanza di rilievo, narrando fatti di cronaca e di propaganda. Purtroppo, con il cessare della guerra, i veterani tornarono riprendendo i propri ruoli gerarchici, rispedendo le donne “al loro posto” appellandosi alla retorica della maternità e del riequilibrio familiare. L’emancipazione femminile per quanto timida, ha subito un forte arresto o meglio, un’inversione di marcia con una sostanziale differenza: la donna, costretta a subire la perdita di una propria autonomia conquistatasi indipendentemente, ha acquisito la consapevolezza delle proprie abilità anche al di fuori della famiglia. Non è una considerazione da poco. Non si può dare ad un bambino una caramella per poi riprendersela. E’ naturale che farà Dalla fine della seconda guerra mondiale e dalla liberazione della dittatura fascista ebbe inizio quel processo di ricostruzione del Paese che riconobbe la donna come entità indipendente e libera.
Ottennero il diritto al voto nel 1946, anche se ben più tardi degli altri Paesi (Germania 1918, Spagna 1931, Regno Unito 1928, Austria 1918, in Vaticano tuttora votano solo gli uomini e non esiste il suffragio femminile).  Nel 1948 entrò in vigore la Costituzione con la partecipazione di diverse donne che concorsero alla sua scrittura. Il loro contributo fu rappresentato e  sancito dell’importantissimo articolo 3 di cui tutti conosciamo il contenuto ma che per correttezza riporto di seguito: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni  di sesso, razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Nonostante la presenza femminile nei vari ambienti lavorativi e le acquisizioni di alcune libertà rispetto al passato, le donne continuarono ad essere considerate una proprietà del padre, del fratello e successivamente del marito. Questa concezione era ed è purtroppo molto forte ancora nella Chiesa e in alcuni esponenti politici che continuano ad inquadrare la donna solo all’interno della realtà familiare.
Oggi però,  vi sono nel  Governo  un buon numero di esponenti femminili, una donna come presidente della Camera, la presenza femminile in tutti gli ambienti lavorativi (anche quelli considerati prettamente maschili), in quelli economici e sociali ma allo stesso tempo dobbiamo incorrere alla rettifica della Convenzione di Istanbul, documento che contrasta ogni forma di violenza , fisica e psicologica sulle donne e che introduce il riconoscimento della violenza domestica, dello stalking e del femminicidio, argomenti che da mesi imperversano nei telegiornali e nei talk show. Dobbiamo, in quanto l’articolo 3 della Costituzione, non è stato sufficiente. Il principio di uguaglianza degli uomini è continuamente messo a dura prova ed è stato necessario intervenire con un accordo dettagliato che mira a elencare ogni singola violenza rivolta alle donne sin da bambine (le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni combinati). La Convenzione, che diventerà operativa soltanto dopo la rettifica di dieci Stati di cui otto appartenenti al Consiglio d’Europa, parla anche di prevenzione, protezione e assistenza e su questo c’è ancora molto lavoro da fare. Senza contare le tante assenze da parte degli onorevoli durante il dibattito e al momento del voto.
La società italiana è nata e cresciuta maschilista, fatta di pregiudizi e di stereotipi che con lo sviluppo nazionale, sono rimasti tali. Non è quindi inspiegabile che in Italia ci sia ancora questa forte difficoltà e, a volte, avversità nell’accettare la parità di genere. Il dominio maschile oltre ad essere fisico/biologico è sempre stato percepito come una costruzione mentale, una visione del mondo per appagare la sua frustrante sete di dominio senza mai essere contestato e contrastato.
La donna, nascendo e crescendo in questo contesto, si è integrata in questo modo di pensare e ha accettato inconsciamente la propria inferiorità. Essa nasce inconsapevolmente come essere destinato al servilismo, alla sottomissione e al dolore. Quest’ultimo è un elemento più volte presente nella natura femminile  con, ad esempio, l’atto del parto.  La donna è da secoli l’antitesi per eccellenza. Procreatrice di vita e quindi interiormente forte e con un alto livello di sopportazione ma allo stesso tempo vulnerabile per la sua minuta ed inferiore fisicità. Cacciata, temuta e perseguitata negli anni dell’Inquisizione perché etichettata come strega e creatura del peccato.  Sono tutti chiari esempi che l’inferiorità femminile è esclusivamente una concezione mentale che solo le donne stesse possono impugnare e rivoluzionare per mezzo della presa di coscienza della loro identità. Ci vuole il raggiungimento di un’ autentica integrazione femminile.
L’uomo  è l’unico essere vivente che uccide e violenta i propri simili senza far distinzioni da bambini donne o anziani. La violenza nasce da una serie infinita di spiegazioni biologiche, sociali, economiche, ambientali e culturali. Partendo dal presupposto che siamo tutti sia buoni che cattivi, gli uomini che manifestano espressioni violente sono uomini in declino, talvolta con un livello culturale basso e pochi soldi in tasca. Molto spesso fanno abuso di alcool o di droga. Sono uomini sopraffatti dalla volontà di rivalsa, con una scarsa tolleranza alla frustrazione, impulsivi e antisociali. La propensione individuale nel diventare un soggetto violento deriva da diversi fattori: l’esposizione da bambini in una famiglia originaria violenta l’avere alle spalle genitori con abusi di alcool o di stupefacenti, il vivere in ambienti con un alto livello di criminalità e con una facile accessibilità alle armi oppure in contesti sociali e ambienti disagiati e violenti, essere frustrati psicologicamente per motivi personali o fisici, etc. Questo perdurare di situazioni malsane e di criticità fisiche ed emotive possono avere conseguenze patologiche che se non gestire e non curate danno spazio a episodi di violenza verso se stessi, verso terzi o verso cose materiali.  Bisogna non avere paura:  torniamo ai valori e i bisogni di un tempo e riprendiamoci il benessere di allora in cui la solidarietà e l’altruismo, la forza interiore e la volontà di riuscire, alimentavano quotidianamente anima e corpo. Rieduchiamoci al rispetto e alla ricchezza interiore con una possibilità in più: accettando la donna come essere alla pari, come investimento. Si, proprio come investimento e non come una persona da sfruttare ma come arricchimento totale dove trarre beneficio in tutti i settori. Familiare, sociale, lavorativo ed economico. Vederla come  un albero da frutto che non scontenterà mai. Se lasciato libero di prosperare, darà frutti di qualità sempre superiore senza particolari pretese ma con l’esclusivo riconoscimento del rispetto e della propria libertà (Cfr: permalink).

(E nell'immagine la stessa rosa dello scorso anno)

Maria de falco Marotta & Team
Editoriali