LA SVOLTA A DESTRA DI OBAMA: REALPOLITIK? 11 8 10 12

L'accordo firmato da Barack Obama per innalzare il tetto al debito è stato criticato sia dalla sinistra che dalla destra dei due partiti. Ciononostante si tratta di un passo bipartisan considerando i voti alla Camera ed al Senato. La conferma emerge esattamente dall'insoddisfazione dei lati estremi politici.

Era proprio un accordo bipartisan che Obama aveva cercato e vi era quasi riuscito in maniera più profonda con il suo "grand bargain", il compromesso di fondo, con John Boehner, presidente della Camera. Sfumato quell'accordo per la pressione esercitata dal Tea Party su Boehner si è arrivati all'orlo del default.

Dal punto di vista politico Obama ne esce vittorioso. Il tetto è stato innalzato al di là delle elezioni del 2012 e non prima come volevano i repubblicani. Quindi Obama è riuscito a togliere un bastone ai suoi avversari che avrebbero usato per causare un'altra crisi in piena campagna elettorale.

Ciò non toglie le nubi che si stanno creando con la base politica di Obama, specialmente l'estrema sinistra. Il tentativo del "grand bargain" ha rivelato che Obama sarebbe disposto a tagli severi ai programmi sacrosanti della sinistra, il Medicare e il Social Security. La fiducia dei liberal che il presidente difenderà quei programmi è stata scossa.

I più liberal ovviamente hanno criticato l'operato di Obama etichettandolo come arresa ai repubblicani. Ha concesso troppo secondo alcuni. Avrebbe dovuto usare la tecnicalità del quattordicesimo emendamento che secondo alcuni legali dà al presidente la responsabilità di mantenere la credibilità del debito pubblico togliendo al Congresso il potere della decisione. Come minimo avrebbe dovuto usare tale minaccia con i repubblicani per ottenere concessioni. A differenza di Bill Clinton nel 1995 e 1996 che ha sfidato e sconfitto i repubblicani con una situazione simile, Obama è stato troppo docile con il Gop, spronato dalle urla del Tea Party.

In essenza Obama ha lasciato il controllo ai repubblicani di spingere verso il precipizio e poi ha dovuto accettare il ricatto dei suoi avversari.

Non avendo risolto la situazione dell'innalzamento del debito molto prima della scadenza ha inoltre scosso la fiducia della agenzie di rating nell'affidabilità del governo americano. L'agenzia S&P ha già ridotto il rating Usa da AAA a AA+ per la prima volta dal 1917. Scossa anche la fiducia del mondo verso gli Stati Uniti che forse cercheranno altri luoghi per investire i loro soldi anche se le alternative, specialmente europee, non sono troppo desiderabili.

Ciò che preoccupa di più è però la disoccupazione che come sempre sarà fondamentale nell'elezione del 2012. Gli americani votano spesso guardando la situazione delle loro tasche al di là dell'ideologia. Infatti invece di passare il suo tempo a cercare soluzioni al miglioramento dell'economia le discussioni sull'innalzamento del debito hanno spostato la partita su un territorio che faceva comodo ai repubblicani dal punto di vista politico, una sorta di distrazione.

Inoltre i tagli al bilancio non faranno altro che ridurre l'occupazione. In periodi di crisi quando le corporation on investono spetta al governo di stimolare l'economia. La storia ce lo dice. Durante la grande depressione il presidente Franklin Roosevelt non solo investì un sacco di soldi per creare posti di lavoro ma con una disoccupazione del 20% creò anche il Social Security. Naturalmente le spese più grandi avvennero poi durante la seconda guerra mondiale quando la preoccupazione non era fare quadrare i conti del bilancio.

Nell'elezione del 2008 Obama ha potuto presentarsi come l'anti Bush. Nel 2012 le cose saranno diverse. L'entusiasmo creato con i giovani che hanno partecipato e votato in massa per Obama come pure l'essere il primo candidato afro-americano ad avere vinto la nomination non saranno fattori. Dopo quasi quattro anni della sua residenza alla casa Bianca Obama dovrà difendere il suo record che i candidati repubblicani attaccano quotidianamente.

Alla fine, oltre all'economia, l'elezione sarà decisa dalla fetta di elettori indipendenti che non hanno fedeltà a nessuno dei due maggiori partiti politici. Sono questi elettori che Obama sta cercando di corteggiare con la sua svolta a destra.

Domenico Maceri (x)

(x) dmaceri@gmail.com), PhD della Università della (x) dmaceri@gmail.com), PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc.) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

Domenico Maceri (x)
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