Il voto svizzero non ci dispiace. E spieghiamo il perchè

Quello che ci dispiace è l'antieuropeismo che monta. Anzi, che fanno montare

Torniamo al voto svizzero di ieri. Un po' di lettori, nonostante la bella giornata che favoriva le passeggiate e non il monitor, ha seguito anche noi visto che stavamo fornendo i dati in tempo reale. Diremmo cosa inesatta se dicessimo che avevamo previsto questo risultato. Sbaglieremmo però a non ricordare che se eravamo in attesa, e cominciato a scrivere quando mancavano solo Berna e Zurigo, non lo eravamo perchè non ci andava di passeggiare. Lo avremmo, anzi, fatto volentieri ma eravamo curiosi di vedere come sarebbe andato il voto. Da un lato per l'indubbio interesse di confinanti che storicamente hanno sempre offerto braccia di là delle Alpi e ne offrono ancora in una però con tanti cervelli per non parlare di aziende. E che avrebbero detto e fatto i proponenti dell'iniziativa dopo una sicura forte affermazione che era nell'aria. Non al punto di vincere. In Svizzera si erano schierati tutti per il no. Mai una così grande 'union sacrè', dalla politica, alle istituzioni, all'economia, alla finanza, alla cultura.

E l'effetto si è visto dato che in un Paese nel quale in molte elezioni se ne stanno a casa tre svizzeri su quattro questa volta si sono presentati ai seggi, grossomodo, 4 su 7! Eppure, neanche questa straordinaria affluenza è bastata. Hanno detto NO alla proposta dell'UDC in 1.444.438 ma  1.463.954 hanno creato un caso europeo. Quei 19.516 voti di differenza hanno non solo scritto una pagina di politica interna elvetica ma hanno richiamato l'attenzione di tutti.

Non ci dispiace, non ci deve dispiacere
Anzi, siamo soddisfatti dal leggere “Il governo tedesco prende atto del risultato del voto popolare e lo rispetta. Dal nostro punto di vista tale risultato costituisce tuttavia un problema considerevole".
Quanto al fatto che il governo tedesco abbia accusato il colpo e che fosse in confusione lo dimostra l'incredibile affermazione, e cioè che il governo “rispetta” il voto. Forse che altri Paesi potevano o possono non rispettare un pronunciamento popolare?

Si sono svegliati tutti. In Svizzera, in Italia, in Europa.

La prima ad assumere posizione e farcela pervenire è stata la CGIL lombarda. Alcuni stralci:

- Questo risultato elettorale ci preoccupa molto, anche perché mette in discussione la libera circolazione delle persone sancita dagli accordi tra Svizzera e Comunità Europea.

- Certamente le motivazioni di questo risultato elettorale vanno analizzate seriamente; oltre ad un razzismo nemmeno molto nascosto nei confronti dei lavoratori italiani e non solo, che respingiamo nel modo più assoluto, è necessario comprendere perché una terra che da sempre ha fatto dell’accoglienza e dell’ospitalità un elemento costitutivo, abbia compiuto una scelta come questa.

- L’esito di questo referendum rappresenta anche un avvertimento preoccupante in vista delle imminenti elezioni europee: il razzismo, l’odio nei confronti di chi è “straniero”, la guerra tra poveri, sono tutti sintomi che ci impongono di costruire tutti assieme un’Europa  dei popoli e del lavoro e non solo delle banche e della finanza.

Non ci dispiace, torniamo a dirlo.
Lo ripetiamo, non siamo affatto dispiaciuti. Intanto perchè i nostri frontalieri, o stagionali, di problemi non ne avranno. In secondo luogo perchè c'è un triennio davanti, in teoria per 'rinegoziare” l'acquis svizzero, la normativa relativa alla libera circolazione delle persone.

Non ci dispiace perchè quando è giunto l'ultimo verbale consentendo al totalizzatore di dare l'esito finale è squillato un suono di campana così forte così forte così forte da spandersi in tutti i suoi 4.326.253 km² del suo territorio penetrando nelle 1.006.859.460 orecchie (sordi compresi) dei suoi 500 milioni e rotti di europei.

Ma – ecco perchè la cosa ci soddisfa - così forte, come non si immagina neanche, è arrivato nella Bundeskanzleramtsgebäude dove Frau Merkel e suoi collaboratori qualche riflessione dovranno pur farla. Anche sulla decisione della Corte Costituzionale tedesca di mettere una bastone fra le ruote a Draghi e alla sua, giusta, politica.

Monta.
L'antieuropeismo monta. E questo ci dispiace. Un Paese dopo l'altro. Non monta per conto suo. Lo fanno montare. Politicamente ci pensano quelli dell'uber alles. Poi del loro ce lo mettono i burosauri, una tecnocrazia che fa danni gravi, e non solo in Europa, basta guardarci attorno anche da noi.

Non basta esorcizzare, ammonire, esortare, cercare di convincere. Dal giorno che abbiamo scoperto che abbiamo costruito un'Europa che ci dice con qualcuno dei migliaia di suoi regolamenti quanti semi devono avere i piselli (532° regolamento CEE del 2001), o con un'altra norma (la EN600/1996) lo spessore e altre caratteristiche dei profilattici, pensiamo alle tombe di De Gasperi, Adenauer, Schumann nelle quali purtroppo loro lontani discendenti hanno ficcato anche quella che doveva essere la vera Europa.

Abbiamo davanti circa tre mesi e mezzo, un tempo sufficiente non per cambiare ma quantomeno per invertite la tendenza. O lo si capisce o lo farà capire il risultato del voto europeo di maggio. In molti Stati.
a.f.

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