Papa Francesco, un gesuita nei Paesi più poveri dell’America Latina

La scelta di Ecuador, Bolivia e Paraguay per il ritorno di Papa Francesco in America Latina non è casuale: tre Paesi di lingua spagnola, tra i più piccoli, più poveri e meno considerati nelle studi della grande politica, dove però si sperimenta un dinamismo politico e sociale ( tipo teologia della Liberazione). Una parte di mondo in cui fame di terra e lavoro, danni dell'inquinamento, lotta alla povertà e volontà di riscatto si declinano nelle megalopoli e nelle campagne. Il seme gettato dai gesuiti tanti secoli fa non è andato perduto, tant’è che i cattolici in queste tre Nazioni sono la maggioranza: Paraguay 70%, Bolivia 86%, Ecuador 85% della popolazione. Francesco, conosce bene questi Paesi limitrofi all’Argentina, dove lui ha svolto buona parte della sua missione di sacerdote gesuita. Egli- inoltre-  primo papa latinoamericano della storia della Chiesa visita questi Paesi che rappresentano una varietà di natura, di culture, di lingue indigene e di vie alla democrazia dopo le dittature del Novecento, e prima ancora la dominazione spagnola. Questi paesi, però, sono oppressi da gravi ostacoli economici con alte percentuali di abitanti in stato di povertà. Tre Nazioni che rappresentano tre periferie non solo geografiche ma anche esistenziali, dove la Chiesa deve ripartire proprio come avvenne alcuni secoli fa ad opera dei gesuiti di cui il film “Mission” di Roland Joffé  offre uno splendido e sofferente affresco ancora valido nel nostro tempo.
Le opere di carità dei gesuiti ( cioé di Papa Francesco).
Tra le opere di carità cui intendevano dedicarsi i gesuiti, emergevano solo l'insegnamento del catechismo e l'ascolto delle confessioni, più tardi nel 1550 vennero inseriti anche la riconciliazione dei litiganti e il servizio ai carcerati e ai malati negli ospedali.  Chiamati a predicare e a confessare nelle zone più remote delle penisole italiana e iberica, essi le trovavano spesso sconvolte da lotte tra fazioni rivali e faide sanguinose che infuriavano da anni: i padri organizzavano nelle chiese vere e proprie liturgie di riconciliazione alle quali venivano invitati gli esponenti dei gruppi in lotta e, dopo la predica, venivano invitati a perdonarsi reciprocamente. L'azione pacificatrice era rivolta anche agli sposi separati e a comporre dispute, per esempio, tra monaci e clero secolare.  Però si specializzarono nell'insegnamento. Il loro impegno fu notevole anche in favore degli ebrei e dei musulmani convertiti al cattolicesimo (Ignazio fu tra i primi a consentire a moriscos e marranos l'accesso a un ordine religioso). Il ministero dell'insegnamento, si sviluppò fino a divenire una delle principali attività dell'ordine e uno dei principali strumenti della sua diffusione.
Le missioni
I gesuiti non solo contribuirono ad arrestare il dilagare del protestantesimo nell'Europa centrale, ma già durante la vita di Ignazio intrapresero anche intensa attività missionaria nei paesi da poco scoperti, sia nelle Indie che in Cina(Matteo Ricci), oltre il Giappone. All'evangelizzazione del lontano Oriente, altri gesuiti si dedicarono alle missioni presso le popolazioni indigene del Brasile, grande possedimento portoghese. Il 29 marzo 1549 una comunità di sei religiosi guidata da Manuel da Nóbrega partì per l'America e sbarcò a Bahía de Todos los Santos. Il loro primo incarico fu quello di curare l'educazione dei figli dei coloni portoghesi, insediati lungo la costa atlantica: la loro prima capanna di fango eretta a São Salvador da Bahia divenne il collegio massimo, una delle più importanti istituzioni culturali del paese.  Nel 1553 Nóbrega si spinse all'interno insieme a José de Anchieta, un giovane gesuita proveniente dalle Canarie, e i due fondarono un seminario destinato a diventare il centro per l'organizzazione dell'apostolato presso gli indigeni tupi, che i missionari organizzarono in comunità stabili. Da quell'insediamento si sviluppò la città di São Paulo.  Anchieta scrisse la prima grammatica della lingua tupi e fu autore di numerosi canzoni in lingua indigena utilizzando melodie popolari.
In Paraguay
I gesuiti vennero chiamati in Paraguay nel 1585 dal vescovo di Tucumán per evangelizzare i Guaraní che, davanti all'avanzata degli spagnoli, si erano ritirati a est del Paraná, nelle zone delle Pampas e del Gran Chaco. Inizialmente la loro azione fu poco efficace per vari motivi (il metodo adottato della missione itinerante, il carattere nomade della popolazione, i cacciatori di schiavi), così il capo generale Claudio Acquaviva suggerì ai missionari la creazione di colonie stabili di indios, lontane dai centri abitati spagnoli (al sicuro, quindi, dall'influsso dei costumi coloniali e dai cacciatori di schiavi). Sorsero così le prime reducciones (o riduzioni), approvate dalla Corona spagnola ma ostacolate dai coloni, dei piccoli villaggi fortificati autonomi a struttura teocratica che, grazie alle attività agricole introdotte dai gesuiti (coltivazione del cotone, del mate), godettero una certa prosperità. Esse si diffusero ovunque, fino in Canada. Il loro slancio missionario è testimoniato dalle circa quindicimila lettere, scritte tra il 1550 e il 1771 da tutta Europa e conservate negli archivi romani dell'Ordine. In esse i religiosi domandavano di essere mandati nelle missioni
Che cosa sono le Riduzioni
Le Riduzioni erano disposte secondo un ordine geometrico perfetto realizzato, con poche variazioni, in tutti i villaggi. Ognuna di esse si sviluppava intorno a una piazza quadrata al cui centro c'era una croce e un'immagine del santo patrono. Dall'altro lato si trovava la chiesa, con delle case per le vedove e gli orfani e la scuola, gli alloggi dei missionari e le officine; dietro la chiesa c'erano l'orto e il cimitero. Sul lato opposto vi erano le abitazioni degli indigeni, e nei lati restanti il Consiglio della Missione, una portineria, un ospizio, delle cappelle, un orologio solare e il carcere. Il villaggio era protetto da trincee e da un muro per proteggersi dagli attacchi degli altri indigeni e le incursioni degli schiavisti così detti bandeirantes o paolisti. La chiesa era l'unico edificio decorato: gli indigeni che avevano appreso tecniche artistiche avevano la possibilità di applicarle. Il governo civile era gestito dagli indigeni. Consisteva in un consiglio eletto per voto, composto di tre ufficiali, tre amministratori, alcuni ausiliari e i rappresentanti dei quartieri della Missione, tutti sotto l'egida di un cacicco. L'amministrazione della giustizia restava a carico dei gesuiti. I reati erano rari e di conseguenza le pene minime. Non si ricorreva quasi mai alla prigionia o a condanne all'esilio, ritenuta la somma disgrazia.
Come vivevano le famiglie all’interno delle Riduziones?
Ogni famiglia riceveva un terreno, ereditario, che forniva il sostegno alla famiglia: venivano coltivate patate, mais, manioca, legumi, frutta e mate. Le altre aree erano “proprietà di Dio” i cui frutti spettavano alla comunità, e dove gli indigeni dovevano lavorare due giorni a settimana. Il tabacco, miele e mais servivano a volte come moneta di scambio, questo sistema aveva però un ruolo poco rilevante, giacché i centri comunali d'approvvigionamento fornivano ciò che mancava. A volte erano ammessi dei mercanti stranieri, per un periodo non superiore a tre giorni. Il commercio esterno avveniva tra le Riduzioni e le altre provincie spagnole, i ricavi erano destinati al pagamento delle tasse alla Corona e per comprare materiali e strumenti vari. Col tempo aumentò l'allevamento del bestiame nelle Missioni e anche il commercio ebbe un incremento fino a disporre di un mercato centrale a Buenos Aires, da dove si esportavano per l'Europa cuoio ed altri generi come miele, frutta, tinture e sculture in cambio di carta, libri, seta, tegole, aghi e ami, utensili, strumenti di chirurgia, metalli e sale. Nella metà del settecento le importazioni erano spesso limitate, poiché le Riduzioni erano diventate praticamente autonome.
La vita quotidiana all’interno di una Riduzione
La vita in una Riduzione seguiva una precisa consuetudine: alle ore 4 suonava la campana, seguiva la preghiera individuale, tutti andavano alla messa, anche i bambini e alle 7 erano distribuiti i lavori del giorno, a quest'ora era data ai bambini la prima colazione. Dopo la preghiera alle 8 si facevano le visite ai malati o si seppellivano i morti, si prendeva il mate e ci si dirigeva ai diversi affari e i bambini andavano a scuola. Tra le ore 11 e 12 c'era il pranzo, al seguito un'ora di riposo, poi si tornava al lavoro. Dalle ore 16 in poi c'erano il catechismo, nuove preghiere, la merenda, la recita dell'ufficio divino del giorno e la cena. Alle ore 20.30 i fuochi venivano spenti e il villaggio andava a dormire. Nelle domeniche le messe erano più solenni, e nei giorni delle grandi festività erano realizzate delle sceneggiature teatrali, danze collettive, processioni, professioni pubbliche di fede e a volte autoflagellazioni, finti combattimenti e concerti musicali. Per migliorare la vita degli indigeni e per la costruzione dei villaggi furono introdotte nuove tecniche di agricoltura e di allevamento del bestiame. Si insegnavano elementi di architettura, si utilizzava la pietra da taglio e c'era una fonderia, l'educazione laica e religiosa era considerata indispensabile. Nel tempo vennero insegnate anche diverse arti come scultura, pittura, incisione, poesia, musica, teatro, oratoria e scienze. Inoltre, i Gesuiti studiarono e migliorarono la lingua guaraní creando una scrittura con caratteri latini e produssero una buona quantità di opere letterarie, nella maggioranza legata alla catechesi. In questo modo una buona parte degli indigeni fu alfabetizzata in guaranì, oppure educati attraverso l'insegnamento orale e l'arte. E sono tanti gli artisti, scrittori, musicisti, scultori nati in seguito alla loro tradizione che sarebbe difficile produrne un elenco completo. Sarà la curiosità di chi legge a cercarli e a dire grazie anche ai gesuiti che- in principio- gettarono il buon seme dell’Evangelo.

Maria de falco Marotta
Editoriali