11.1 Dove Renzi sbaglia, a danno di 10 milioni di italiani, valtellinesi compresi
Cvd
Cvd, una formuletta che, conclusa la dimostrazione, si usa in geometria: Come Volevasi Dimostrare. A noi piace usarla anche nei commenti politici anche se non è cosa facile perchè, se lo si dice, significa che qualcosa è arrivato a conclusione nel modo che era stato detto, anzi, predetto. Renzi ce ne dà opportunità con la sua uscita sulle Camere di Commercio che, dichiarazione dei giorni scorsi, per lui non servono, al massimo potendo essere usate per la tenuta del registro delle imprese ma con l'eliminazione dell'obbligo del versamento camerale.
Il nuovo strale di Matteo
Più di una volta abbiamo scritto che dopo le Province la ghigliottina avrebbe continuato a funzionare partendo proprio dalle Camere di Commercio. Non siamo indovini, non abbiamo capacità profetiche. Ci limitiamo a leggere i fatti non cronisticamente ma come tasselli di un mosaico. Se lo si fa, tessera dopo tessera, il mosaico si compone facilitato da altri concorsi in questa direzione. A questa affermazione, significativa, nel giro di poche ore Renzi ne ha infatti aggiunta un'altra relativa alla opportunità della eliminazione di una serie di uffici. Sommiamo un dato ormai acquisito, parallelamente, ovvero la prevalente opinione che 4186 imprese a controllo pubblico (38% dei Comuni) con quasi 700.000 addetti siano in gran parte da eliminare trasferendo le relative funzioni a Regioni e Comuni.
Superficialità
Ne consegue un disegno complessivo, quello delineato da Renzi – ma che trova su una linea simile anche settori politici diversi dal PD, tanti centristi e di centrodestra – che preoccupa per la superficialità con la quale è stato delineato.
Non si tratta di questione di persone, bensì di argomenti
“Chi siete voi per dare questo giudizio su Renzi, novità politica dell'Italia” ci potrebbero dire in tanti e quindi preventivamente rispondiamo. Siamo i signori nessuno o quasi ma il problema non è di soggetti, di persone, di fare un confronto fra il segretario del PD e chi scrive queste note; il discorso ovviamente sarebbe chiuso prima di iniziare. Ma il fatto è che non si tratta di questione di persone, bensì di argomenti. In secondo luogo non si tratta di posizioni partitiche perchè le opinioni in merito, - ribadiamo: superficiali attraversano gli schieramenti politici.
Cultura metropolitana comune
Renzi è secco nel volere la soppressione delle Province ma lo è persino Feltri oltre a vari centristi. Divisi per colore politico ma accomunati da una cultura metropolitana che vuole essere egemone accantonando problemi ed esigenze di circa 10 milioni di italiani (tanti sono quelli residenti in Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti; circa il doppio considerando quelli residenti in Comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti).
E per quale motivo ci dovrebbe essere questo ' accantonamento di problemi ed esigenze'? La risposta è legata all'assetto istituzionale che sta venendo avanti, quello in mente di Renzi ed altri.
La telenovela delle Province
Le Province chiudono bottega. Per farlo bisogna cambiare l'art. 114 della Costituzione, riportato in calce, il che richiede procedura complessa e tempi lunghi. Il Governo Monti, dimenticando di leggersi le leggi vigenti cominciando dalla fondamentale, aveva deciso la chiusura trasferendo le funzioni a Regioni e Comuni. Che le leggi dovessero andare a leggersele lo ha sancito la Corte Costituzionale. Intanto con comportamenti da dilettanti allo sbaraglio e con la scusa di risparmi (impossibili ,?!? - chi lo ha previsto dovrebbe darsi all'ippica) scoperto che nelle Province non si giravano i pollici ma si svolgevano attività che dovevano pur continuare ma che Comuni e Regioni non sarebbero stati in grado di fare salvo costi astronomici ecco allora l'escamotage di “prosciugarle” in attesa di seppellirle dopo l'iter previsto di revisione costituzionale. Niente elezioni però visto che quello può essere deciso con legge ordinaria. Sindaci e consiglieri comunali eleggeranno un ristretto consiglio scegliendo fra di loro mentre Presidente sarà un Sindaco scelto dai colleghi che dovrà chiedere ore in prestito perchè le 24 normali non gli basteranno a fare il Sindaco, il Presidente della Provincia e, visto che non ci sarà più, la Giunta. Perla: naturalmente gratis. Meglio risparmiare in periferia che a Roma.
Viene meno quello che oggi è il riferimento principale per tutti: Comuni, Enti pubblici e privati, società civile. Non può svolgere questo ruolo la Regione. Non lo può l'Ente provvisorio tipo Consorzio di Comuni che assomma di fatto i due ruoli di controllore-controllato, e pensiamo soprattutto per tutte le tematiche territoriali, dirette e indirette, acque comprese.
Dopo le Province grande serrata
Scompare o quasi la pletora dei soggetti intermedi, obiettivamente troppi e non tutti virtuosi come possiamo vantare siano SECAM, STPS, AEVV. La legislazione vigente favorisce la sparizione delle Camera di Commercio la cui sopravvivenza minimale potrà esserci sul piano tecnico. Resteranno le ALER perchè nessun soggetto le vorrà visto che molte non sono come quella di Sondrio. La falce si abbatterà su Consorzi ed altri soggetti locali. In regime da asfissia le Comunità Montane sempre meno finanziate con lo Stato assente. Resta, blindato in quanto protetto da due sentenze della Corte Costituzionale solo il BIM sempre che, dimenticando di studiarsi la materia qualcuno non insista con il delittuoso (nei confronti della nostra gente) tentativo di chiudere baracca, il che non vuol dire, anzi, di lasciarlo così com'è.
Quanto all'interrogativo relativo alle attività e alle funzione oggi svolte dai vari soggetti si pone il problema di vederne il futuro. In che modo? La tendenza, fortissima e contrastata solo da qualche porzione della sinistra oppure qua e là a livello locale, è quella di privatizzare società e altri soggetti simili con l'obiettivo duplice di far cassa e di migliorare risultati economici e servizio (ma fra il dire e il fare in un Paese che per problemi non è 1500 km ma almeno 20.000...). Quanto al settore pubblico rientro previsto nelle Regioni, caso evidente il PFP di Sondrio, o nei Comuni.
Senato delle Regioni
Non è finita. Nella riforma della Costituzione le Regioni avranno il Senato ma dovranno subire una restrizione dei poteri, specie nelle materie di legislazione concorrente, quelle in cui devono decidere in due complicando le cose.
Le due categorie dei Comuni
I Comuni si dividono in due categorie. I dieci Comuni di Serie A e gli altri.
I primi diventeranno il nucleo dell'area metropolitana, presieduta dal Sindaco del capoluogo – e c'era chi si illudeva che non sarebbe stato così – con uno Statuto per forza di cose molto centralista. Gli altri, quelli con 10 milioni, o anche 20, di residenti, emarginati, senza la possibilità di rappresentanza com'è oggi con la Provincia e persino, per certi aspetti e per certi settori, con la Camera di Commercio.
Il quadro futuro
- Primo livello. Il Governo, rafforzato in sede di riforma a cominciare dalla Presidenza del Consiglio e nel rapporto con il Parlamento ridotto alla sola Camera ci sia o meno l'elezione diretta del Capo dello Stato.
- Secondo livello. Le Regioni, indebolite e finanziariamente tenute a freno.
- Terzo livello: i Comuni di serie A in quanto in grado di interloquire negli sviluppi politici e gli altri incastrati in assetti giuridico-istituzionali più pesanti perfino rispetto all'attuale deprecato patto di stabilità.
Centralismo democratico, nuova versione
Siamo cioè in regime di centralismo democratico nuova versione figlio di una visione della realtà suggerita dall'esperienza personale di chi si occupa di queste cose extrapolata al 100% anche se è, come nel caso citato della dimensione dei Comuni, il 66. L'esempio più evidente Di Pietro, contrario alle Province, lui in quanto viene da una Regione di poco più di 300.000 abitanti con due Province in tutto, una di 90.000 abitanti. Da sopprimere una delle due Province e soprattutto la Regione, oltre trenta volte minore della Lombardia! Ma il resto d'Italia non è nelle condizioni, oggi inammissibili, del Molise!
Renzi 'cattivo soggetto'?
No. E neppure prevenuto. Sindaco di una grande città dopo essere stato Presidente della Provincia, quell'Ente, uno dei 13, che sono anni e anni che avrebbe dovuto essere soppresso e sostituito dall'area metropolitana. A Firenze, come a Milano, a Bologna eccetera le Province non hanno un senso con un capoluogo 'più forte', istituzionalmente parlando. Ma c'è la periferia. In Toscana vive solo il 10% della popolazione nei 'piccoli' Comuni, tali cioè quelli sotto i 5.000 abitanti, quelli con voce fioca e problemi acuti perchè così diventa anche quello che in città di maggiori dimensioni non lo è.
Torniamo alla 'Cultura metropolitana'
Torniamo a noi, al 1970, quando si avviò il cammino delle Regioni a Statuto ordinario entrate poi nella pienezza dei poteri il 1 aprile del 1972
Non eravamo soli a scriverne e a parlarne, almeno uno condiviveva. Pur su differenti sponde politiche Libero Della Briotta e il sottoscritto muovevano la stessa critica alla 'Cultura metropolitana' che allora albergava fortissima. Erano i primi tempi della vita delle Regioni e la voce delle periferie era molto fioca e non per difetto dei loro rappresentanti – che anzi riuscirono ad ottenere risultati anche impensati sia pur parziali – ma per la sordità dei “metropolitani”, non voluta ma insita nel loro DNA. Spesso si levava la critica ai”milanesi” per i quali la Lombardia sembrava fosse Milano con qualcosa intorno e, per quel che ci riguarda, la Valtellina con la sua corrente elettrica montagna privata di Milano.
Concetto di Cultura
Cultura dominante, dunque. Ma se si tratta di 'Cultura' corredo indispensabile dovrebbe essere la disponibilità al confronto.
E' vero che siamo in una fase di passaggio da una democrazia policentrica ad altra sostanzialmente ad un tempo e centralista e tecnocratica, come la sanità ci dimostra per fare un solo esempio, e da una democrazia delegata ad una assembleare di cui sono evidente segno le primarie. Elemento questo sì positivo per il coinvolgimento della gente ma negativo per l'approfondimento dei problemi.
E' vero che tante cose sono cambiate. Mai nessuno dalla Liberazione ad oggi ha avuto una supercampagna mediatica, complessivamente più che benevola, da 20 e forse più mesi a questa parte. Pendant con il suo modo di fare politica, in piena rottura con il modo precedente detestato, in parte a ragione in parte a torto, da gran parte della gente. Non siamo al Partito del leader come Fi e poi PdL, ma va pur detto che non ne siamo tanto distanti, come schema e assetto, sebbene non certo per ragion politica. Ma non lo si vede molto diverso da Berlusconi su un argomento specifico di grande nostro interesse quando lo si sente sbrigativamente dire ”via le Province” e poi “via le Camere di Commercio”, e poi via gli Uffici, e poi domani...
Auguri
Oggi, 11 gennaio, Matteo Renzi compie 39 anni, la vita, secondo la saggezza popolare, comincia dall'anno prossimo. Voti augurali. Se riesce a realizzare il suo programma, anche solo i ¾, è un bene per il Paese.
Ci pensi però due volte sull'assetto istituzionale, e tre volte esaminando i problemi che la rivoluzione in corso determinerebbe su quello di cui il dibattito tiene, sbagliando, in poco conto: il territorio.
(x) Art. 114 della Costituzione: La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.