CRISI FINANZIARIA. NOI. 10 PUNTI E LA MORALE 11 7 20 24

1 - Le cose erano serie ma non andavano così male nonostante l'imponenza del nostro debito pubblico accumulatosi in anni in cui, in assenza della venuta meno egemonia politica, imperversavano le cicale con i loro poderosi assalti alla diligenza.

2 - Qualcosa stava maturando e qualcuno se ne era accorto. Tremonti, fuori dal Governo dopo la lite con Fini, nelle sue conferenze negli USA venne direttamente provocato. Là si volevano sapere le cose dall'ex Ministro, in particolare sui casi Parmalat (Tanzi) e Cirio (Cagnotti). Tagliente Tremonti rispose che si trattava di 'bruscolini' rispetto alla bolla che aleggiava negli Stati Uniti.

3 - 'Non la presero bene', commentò poi il Ministro. Non la presero bene ma qualcuno quando la bolla scoppiò si ricordò e si rese conto dell'acutezza di quella osservazione.

4 - Scoppiata la bolla la mazzata fu gigantesca, in tutto il mondo. Poteva arrivare sull'Italia, visto il suo immane debito pubblico, un tornado senza precedenti. Non fu così. Per fortuna Tremonti aveva visto giusto e molto per tempo. Lui aveva visto giusto e fatto vedere giusto. Le forze politiche, opposizioni comprese, furono all'altezza nel grave momento.

5 - Ne successero di orbe. I templi del liberismo mondiale squassati al punto da richiedere un pesantissimo intervento finanziario dell'Amministrazione Obama. Paesi coinvolti in situazioni drammatiche (basti pensare all'Irlanda le cui banche avevano attirato capitali per poi dover essere il Governo a garantire con le conseguenze che sappiamo o alla Grecia dove era stata in voga l'amministrazione allegra). Agenzie di rating evocanti il detto 'io non c'era e se c'ero dormivo'.

6 - Tutti alla stanga. Qualcuno alla frusta. E il rapporto deficit-PIL inevitabilmente salito. Per tutti anche per noi. Si riuscì in quella fase a far considerare nelle valutazioni di affidabilità omogeneità di confronto considerando in una con il debito pubblico quelli delle imprese e delle famiglie. Nel totale l'Italia stava meglio di tanti altri, per fortuna.

7 - La cassaforte del Ministero dell'Economia fu trasformata dal titolare sondriese in un caveau da Fort Knox , deposito nel Kentucky che ospita oro e riserve monetarie degli USA. I petenti erano tantissimi e ciascuno chiedeva soldi per cause, secondo lui, non solo giustissime ma anche prioritarie. La risposta, persino al Presidente del Consiglio, univoca: un NO grande come una casa.

8 - Facciamo i conti. Il debito pubblico è oltre un milione e 900.000 miliardi. Un numero di cui nessuno di noi ha la percezione reale, almeno se presentato nella sua globalità Siccome il debito è dello Stato e lo Stato siamo tutti noi traduciamo in linguaggio comprensibile: ognuno di noi ha un debito di oltre 60 milioni di vecchie lire. Una famiglia di quattro persone di circa 250 milioni. Per tanti vuol dire che il debito familiare supera il valore del proprio appartamento.

9 - La prima regola in queste condizioni è di cercare di non aumentare questo debito. Per non aumentarlo occorre che i prossimi bilanci - e ci vorranno due, tre, quattro anni - siano almeno in pareggio. Se ci si arriva l'aumento del PIL, ovvero della ricchezza nazionale prodotta, consente una sia pur lenta inversione di tendenza.

10 - Primo requisito, contingente, è che i tassi non crescano. Secondo requisito: occorre che la barriera alle richieste non ceda. Tremonti (ma anche Napolitano è su questa linea) l'ha detto chiaro: non si finanziano interventi, anche importanti, con il debito. Tutti piangono per i tagli. Comprensibilmente. Ma se si elimina il taglio da una parte occorre prelevare soldi da un'altra parte. E questo è il quadro.

La morale: ci siamo abituati troppo bene. Abbiamo assunto un grosso debito verso le future generazioni. Allo stringere la cinghia, e non di poco, non c'è alternativa. O meglio c'è: quella che ci mostra la Grecia, quella che stanno subendo, e chissà per quanti anni, i greci.

Alberto Frizziero

Alberto Frizziero
Editoriali