NO dei Presidenti dei Consigli Regionali alla vigente proposta di soppressione delle Province - Commento
Dalla conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali nell'Assemblea plenaria tenutasi a Roma ieri, 20 febbraio, viene questo “contributo sulle riforme istituzionali”:
“Premessa
I Consigli regionali italiani condividono la necessità di dare concreta attuazione in tempi brevi al processo in corso di riforma delle Istituzioni e intendono fornire il proprio contributo per semplificare i livelli istituzionali e di governo, per una migliore allocazione delle rispettive funzioni e per l’ottimizzazione della gestione delle politiche pubbliche”.
Segue un'ampia analisi sulla Riforma Costituzionale che, fra l'altro, indica la possibilità di rivedere i confini delle attuali Regioni (abbiamo sempre sottolineato l'anomalia di una Regione come il Molise di poco più di 300.000 abitanti su un territorio di non molto superiore a quello della provincia di Sondrio!). Poi si passa alla parte che ci riguarda più direttamente e che riportiamo tal quale:
“Riorganizzazione livelli territoriali di governo
Lo stretto legame tra gli assetti istituzionali, le competenze legislative e quelle della pubblica amministrazione fa sì che la riflessione sulla riforma del Parlamento sia accompagnata da una visione condivisa sulla riorganizzazione dei livelli territoriali di governo. L’interesse prioritario per le Regioni è quello di normare sulle questioni che interessano l’ uso del territorio e l’ordinamento degli enti locali. Il disegno di legge AS 1212 recante Disposizioni sulle città metropolitane, sulle Province e sulle unioni e fusioni di comuni si orienta in direzione contraria rispetto a quanto auspicato. Per questi motivi non si concorda sullo scarso ruolo affidato alle Regioni nella definizione delle funzioni e del territorio dei nuovi enti. LA PROPOSTA DELLA CONFERENZA È QUELLA DI TENERE CONTO NEL PROCESSO DI RIORDINO DEGLI ENTI LOCALI DELLE DIFFERENZIAZIONI COSTITUZIONALI E TERRITORIALI CHE SOLO LE REGIONI CONOSCONO E POSSONO REGOLARE IN MODO ADEGUATO. Bisogna che la legge regionale partecipi alla semplificazione dei livelli istituzionali e alla allocazione delle funzioni amministrative del sistema locale, anche in considerazione della COMPLESSITÀ DI GESTIONE DEL PERSONALE E DEI TRASFERIMENTI DI BENI che deriveranno dalla razionalizzazione dei livelli intermedi di governo. L’ordinamento ed il funzionamento dei comuni e degli enti di area vasta deve essere riconsiderato in una prospettiva più regionocentrica.
In questo quadro di riordino non si può procedere neppure all’istituzione e all’attribuzione di funzioni alle Città metropolitane senza il raccordo delle Regioni, secondo le proprie diversità territoriali e sociali. In particolare, ribadendo la CONTRARIETÀ DELLA SOPPRESSIONE DELLE PROVINCE ALL’ESTERNO DI UNA RIFORMA COMPLESSIVA DEL TITOLO V, riteniamo utile che ogni Regione possa autonomamente definire la propria legislazione in materia di assetti dei livelli di governo sub regionali e la modalità di composizione dei loro organi. Riteniamo infine SIA DA PRESERVARE LA MUNICIPALITÀ, della quale riconosciamo il valore tradizionale e il livello capillare fondamentale della rappresentazione democratica e, allo stesso tempo, occorre riconoscere che è auspicabile e possibile configurare la GESTIONE DEI SERVIZI SECONDO CRITERI DI EFFICIENZA ED EFFICACIA ASSICURANDO LA NECESSARIA DIMENSIONE OTTIMA MINIMA.
L’esigenza di differenziazione territoriale e funzionale può implicare anche una rivisitazione dell’attuale assetto delle Regioni così come previsto dal 131 della Costituzione senza però mettere in discussione – sulla base di una visione unitaria della asimmetria – gli ordinamenti regionali speciali”.
Commento
La posizione è sostanzialmente quella da sempre sostenuta dal e sul nostro giornale partendo dalla considerazione che l'assetto istituzionale originario del nostro Paese si fondava e si fonda su una serie di equilibri che nel corso del tempo sono andati modificandosi. D'un lato vi è stata una eccessiva proliferazione di soggetti (comunità montane con, un tempo, i comprensori per le zone non montane, Enti vari sub-regionali di ogni tipo, società pubbliche o miste, municipalizzate, fondazioni) che hanno alterato il disegno originario citato, peraltro alle prese con una profonda trasformazione della società. Dall'altro lato l'area della 'legislazione concorrente' – cioè le materie che sono di competenza e delle Stato e delle Regioni – ha determinato, complicazioni, contenzioso, in definitiva guai seri.
L'errore (Province)
Un errore, per tanta demagogia e grande superficialità (basta pensare ai proponenti che pensavano in questo modo di tagliare le spese senza rendersi conto che in realtà di risparmi non ci sarebbe stato neanche un €uro come persino la Corte dei Conti ha rilevato) il decidere sui due piedi la soppressione delle Province, incredibilmente poi con Decreto Legge del Governo Monti, 'castigato', ovviamente, dalla Corte Costituzionale! Fretta! Evidentemente non è passato per la mente di cosa dice la saggezza popolare quando ricorda che la gatta frettolosa fa i gattini ciechi. Cecità evidente con l'assurdità della posizione che prescriveva, senza porsi i problemi che sarebbero nati, il trasferimento di competenze dalle ex Province a “Regioni e Comuni”. E pensare che sarebbe bastato, come da noi indicato, il procedere ad una simulazione su tre Province, diverse per dimensioni e caratteristiche, per accorgersi della complessità del problema. C'è sì da cambiare, indubbiamente, ma dipende dove e come. Un conto è la Lombardia dove la Regione ha delegato, secondo lo spirito costituzionale originario, alle Province oltre 200 funzioni e un altro conto sono le altre Regioni che si sono diversamente organizzate. Un conto Province come la nostra che sono il riferimento fondamentale per le Istituzioni e la società civile e un conto sono Province come quelle di Milano, Roma, Napoli e via dicendo, schiacciate ed emarginate dalla forza dei Comuni capoluogo.
Un altro errore (fusione Comuni)
Un errore anche il forzare la fusione dei Comuni. La Francia ne ha, salvo eventuali modifiche recenti, 36.488 (e 212 Oltremare) eppure risulta essere un Paese con una Pubblica Amministrazione notoriamente eccellente. In Italia oggi sono 8058, quasi quelli di circa 35 anni fa, 8086. Le fusioni sono abbastanza invise alla gente perchè in genere calate dall'alto e anche per altri motivi. Quando si diceva, a titolo di esempio, che in Valmalenco ci sarebbe voluta 'una condotta urbanistica' si prefigurava una gestione associata ancor più essenziale, rispetto al welfare, pure ovviamente opportuno. La disciplina territoriale non può cambiare là dove cambia la circoscrizione comunale. Nell'anno Domini 2014 che la provincia di Sondrio sia un mosaico di 78 tessere è un autentico assurdo. A fronte di un piano provinciale potrebbero ipotizzarsi una trentina di 'condotte' con poi 48 'zoomate' per il dettaglio municipale. E il territorio, fattore spesso trascurato da chi si occupa di assetti istituzionali, potrebbe essere la prima pietra dell'assetto amministrativo alla condizione però – legislatore nazionale – di sopprimere il rapporto Stato Civile ed Elettorale – Comune che dovrebbe passare alla 'Unione'. Dovrebbe essere elemento fondamentale questo ma nessuno, neppure a Roma, questo vitale problema se lo pone. Per tornare all'esempio iniziale oggi in Valmalenco ci sono 5 Ufficiali di Stato Civile, 5 commissioni elettorali, 5 segretari comunali. Si vuole risparmiare? Si vuole razionalizzare? Si proceda in questo senso copiando dai francesi lasciando pure, sempre stando all'esempio citato, i cinque Comuni, sostanzialmente a quel punto Municipalità non aventi ruoli gestionali ma di rappresentanza democratica e di interlocuzione sulle tematiche territoriali di area locale nell'ambito di quelle di area intercomunale, nella fattispecie dell'area dell'intera Valmalenco.
Il resto
Tutto il resto è modificabile. Primo punto Comunità Montane, soppresse in alcune regioni, presenti in altre ma in scarsità di ossigeno, ovvero risorse. Le nostre reggono perchè hanno i fondi BIM che però sono sempre stati considerati come una risorsa non da destinare a spese correnti. Punto interrogativo. Lo citiamo per la connessione al BIM perchè una volta ancora, come documentato nel dossier diffuso, e condiviso, in tutta Italia, tale Ente con due sentenze della Corte Costituzionale alle spalle, è in una botte di ferro per fortuna delle nostre popolazioni. Sì, ma a condizione di non voler cambiare perchè si aprirebbe un varco pericoloso come ripetutamente dimostrato.