POLITICA, GIORNO IMPORTANTE - anticipazione del 22 aprile
Le nostre previsioni
Oggi 22 aprile appare opportuna un’anticipazione ai lettori con un commento “a caldo” sulle ultime di natura politica, ultime che possono servire a delineare il futuro quadro politico del Paese.
I nostri lettori più affezionati sono abituati da anni a leggere alcune previsioni che poi, all’atto pratico, si dimostrano fondate. Ripetiamo che non abbiamo la sfera di cristallo ma utilizziamo quel settore dello straordinario computer che tutti abbiamo in testa che risulta sede della logica.
In tanti anni registriamo un solo errore: al tempo dell’Irak la previsione che il petrolio sarebbe andato a 80 dollari il barile (l’articolo è in archivio e quindi consultabile da tutti). Errore a metà in quanto avevamo ripreso le valutazioni di un analista americano, quindi fifty-fifty.
Ahimé non era un errore neppure quello visto che ormai siamo arrivati oltre quota 75.
Vediamo dunque i fatti nuovi.
Durissimo il Corriere della Sera con il centro-sinistra
L’articolo di fondo del Corriere ha un titolo che di per sé è tutto un programma: “UN PESSIMO SPETTACOLO” con occhiello “Il centrosinistra, le poltrone, le attese del Paese”.
L’autore non è certo un amico del centro-destra o di Berlusconi: è, autorevolissimo, Sergio Romano.
L’articolo non è sintetizzabile. Ne riportiamo solo un brano per far capire, a chi non l’ha letto, che aria tira: “Invece di dare prova di serietà e unità, questa sparuta maggioranza si accapiglia sulla distribuzione delle poltrone e dà così l’impressione che sia questa, per l’appunto, l’occupazione preferita dei partiti”.
Fa specie questo fondo, riletto tre volte, sul giornale che era sceso in campo a favore del centro-sinistra con, addirittura, l’invito a chi proprio non ce la facesse a lasciare il centro-destra quantomeno di scegliere Fini o Casini, non quindi Forza Italia e Lega. Non solo il direttore, ma anche il Comitato di Redazione aveva, di fatto, posto una specie di veto a fondi ed editoriali di chi non fosse allineato sulla posizione del direttore Mieli.
Va detto però, cronisticamente, che come nell’ultimo referendum anche questa volta i lettori del Corrierone si sono ben guardati dal seguirne le indicazioni visto il risultato in quello che è il principale bacino di lettori, dal Piemonte al Friuli.
Due sono le valutazioni che vengono spontanee. Da un lato non c’è dubbio che l’ambasciatore Romano tocchi problemi reali e che quindi il suo tirar la giacca al centro-sinistra voglia essere un richiamo alle difficoltà del Paese in un momento difficile per tutti ma, energia docet, in particolare per l’Italia. Non basta. C’è una valutazione da fare sul giornale (e Sala di regia, “S” maiuscola).
Sgombriamo il campo dall’aspetto utilitaristico e di gran lunga meno importante. I tradizionali lettori del Corriere della Sera non sono gli stessi di Repubblica, e le loro simpatie non sono le stesse di Repubblica. Non sono rimasti molto contenti della posizione del giornale, così come la direzione del giornale, e chi era su tale posizione in Via Solferino o in altre sedi nel giro di un chilometro, non è rimasta contenta per l’esito elettorale. Sul piano giornalistico, bon gré mal Gré, c’è da tenerne conto e da cercare di fare pace.
Ma c’è poi il piano politico. Le scorciatoie con le indicazioni interessate spesso non trovano cittadinanza nella politica. E adesso capita che il centro-sinistra non è quella soluzione che ci si attendeva, soluzione che aveva una prospettiva solo in presenza se non di un collasso quantomeno di un forte ridimensionamento del centro-destra, in particolare di Forza Italia, che non c’è stato.
Adesso, in fin dei conti, sarebbe il momento di una grande politica, quella di cui non possono certo essere mentori i Mieli o i corrispettivi nel versante opposto.
Bertinotti: scelta, logica, che viene da lontano (e DS furenti)
Che Bertinotti pensasse alla Camera lo si era capito in diversi dibattiti televisivi in cui, al riguardo si schermiva ma senza nessuna apparente convinzione mentre era fermissimo nel dichiarare la non accettazione di incarichi di governo. Che Bertinotti puntasse alla Camera a noi lo diceva sottovoce un messaggero di quella parte di cervello (non altrui) di cui si diceva dianzi. Scelta di intelligenza politica in vista delle scelte inevitabili di governo. Il Presidente della Camera è tenuto a comportamenti istituzionali con quello che ciò vuol dire. Se invece Bertinotti fosse stato libero politicamente di pronunciarsi come avrebbe potuto non prendere le distanze da molti provvedimenti che arriveranno sul tavolo, numero legale del Senato permettendo.
Certo, i DS incassano. Quirinale oggetto misterioso con rischi nel caso di scelta senza intese tra i due schieramenti. Camera a Bertinotti. Senato a Marini. Palazzo Chigi a Prodi. Il primo partito della coalizione a piedi! Non solo ma col sospetto di D’Alema: “Se Fausto è andato avanti in modo così determinato vuol dire che c’era già l’accordo”. Sottinteso: e senza informare i DS.
E adesso D’Alema? Prima di rispondere a questo interrogativo l’altra novità: Andreotti.
Andreotti disponibile per il Senato se…
In questo quadro la novità di Andreotti che si dichiara disponibile per la Presidenza del Senato se questo serve al Paese. «Adesso a me preme sottolineare che accetto la candidatura al Senato soltanto in un'ottica di conciliazione. Mi piacerebbe che sul mio nome ci fosse un accordo esteso che deve essere la base di partenza per una possibilità di dialogo, di superare questa specie di muraglia che si è creata fra i due schieramenti. È scontato che io sono fuori dai due schieramenti. e agli amici del centrosinistra voglio ricordare che sono fuori dagli schieramenti ma non provengo dalla luna. Provengo dalla Democrazia Cristiana. Tutto qui». Questa una parte delle dichiarazioni rilasciate al Giorno.
La candidatura è sul tavolo. Da un lato semplifica, dall’altro complica.
La semplificazione viene sul versante DS che con Marini al Senato vengono ad essere tagliati fuori da tutto. Se si trovasse l’intesa su Andreotti, tale da assicurare ossigeno al Governo, ad esempio evitando l’uso sistematico e quasi sempre vincente della verifica del numero legale, i due principali Partiti, DS e Margherita, sono alla pari.
Le complicazioni sul versante della Margherita che si trova a fare il bis, come sette anni fa per il Quirinale, partendo col cavallo vincente e arrivando a piedi, dopo.
Per la cronaca l’iniziativa è stata di Gianni Letta e di Casini e, attenzione, non è solo tattica.
Non dimentichiamo il 13 maggio. Ciampi andrebbe benissimo, e si sa non per sette anni ma fino al momento di soluzione dei problemi politici. Ha detto di no. Lo si convincerà? Non sappiamo, ma sappiamo, da oggi, che se non si riuscisse a convincerlo un candidato di riserva, nella stessa logica di una Presidenza a termine, c’è. In un certo senso sarebbe una riparazione per Andreotti, oltre che una cosa certamente utile al Paese. E si rafforzerebbe la nostra ipotesi di elezioni in primavera del 2007. Intendiamo elezioni programmate.
E adesso D’Alema?
Il Presidente dei DS ha certamente fatto bella figura con la sua rinuncia che ha evitato guai alla coalizione nel momento delle scelte. Ma tutti si chiedono: e adesso?
Quirinale. Il centro-sinistra fra deputati, senatori, rappresentanti delle regioni ha sì la maggioranza dei grandi elettori ma troppo ridotto é il margine. Non è possibile rischiare, mentre è difficile pensare che sul suo nome converga il centro-destra o sue porzioni.
Ministero? “Discorso del cavolo, non siamo al mercato”, risposta sul Corriere della Sera. E ancora: “Esteri? Ormai la politica estera la fanno o premier”. Difficile trovare un altro ministero, dato per scontato quello dell’Economia a Padoa Schioppa, adeguato per chi è stato Presidente del Consiglio ed è Presidente dei DS, di fatto giubilato a Montecitorio. L’unica soluzione sarebbe il Ministero degli Esteri ma insieme all’incarico di Vicepremier unico, con funzioni esclusive di politica estera (non facilmente accettabile da Prodi).
E allora? Dovremmo essere nella testa di Prodi per rispondere.
In realtà si rafforza la nostra valutazione circa la data delle elezioni programmate: primavera 2007 se al Quirinale resta Ciampi, o ci va Andreotti. E poi per D’Alema, se il centro-sinistra vince, la Presidenza della Repubblica. In alternativa, in caso di necessità, Palazzo Chigi.
Fantapolitica? Non ne abbiamo mai fatta e le cose di solito sono andate come avevamo previsto. Sta il fatto che prima o poi capiterà anche a noi di sbagliare. Se fosse questa volta, chiediamo venia.
Alberto Frizziero