LIBIA: STA FINENDO LA GUERRA DELLA NATO. COMINCIANO LE ALTRE GUERRE (DA BERLINO UN PRIMO SEGNALE) 11 8 20 38

Sta finendo la guerra della NATO nello stesso modo della guerra contro Saddam. Là l'intesa sottobanco dei generali irakeni ha consentito quasi senza colpo ferire la conquista di Bagdad. Qui ci ha pensato il Capo delle forze speciali che doveva difendere Tripoli, imprendibile in questo caso, a favorire la quasi presa di possesso da parte degli insorti.

Non cambiamo opinione. La guerra resta guerra con migliaia di morti innocenti e spreco enorme di risorse, indipendentemente dalle motivazioni da coscienza a fisarmonica. I due bombaroli per eccellenza, Sarkozy e Cameron, così solleciti nel passaggio alle bombe, lo avrebbero fatto per tutelare i civili di Bengasi minacciati da Gheddafi. Assad in Siria ne ha fatte peggio di Bertoldo con i carri armati che sparavano sulla folla in modo molto peggiore rispetto a Bengasi e Misurata ma mica si sono mossi. L'Occidente, la NATO, l'Europa hanno teorizzato di fatto la logica dei due pesi e due misure. Tant'è siamo all'epilogo.

Epilogo? No. All'inizio

Saremmo dunque all'epilogo? Neanche per sogno. Siamo solo all'inizio di una serie di guerre.

Guerra commerciale

Il primo dei segnali viene da Berlino. Ineffabilmente la Germania, che dalla guerra si era defilata, ha fatto sapere di poter inviare i suoi soldati e cooperare allo sviluppo del Paese. Traduciamo dal cinico linguaggio diplomatico: "guardate che al tavolo della divisione degli interessi economici ci siamo anche noi". Non l'ha scritto un giornale. Lo ha dichiarato il Ministro della Difesa Thomas de Mazière che non ha escluso che agli aiuti finanziari e civili già concordati possa affiancarsi anche quello della Bundeswehr: «Qualora giungesse al nostro esercito una richiesta di aiuto da parte libica, la valuteremo con attenzione, come abbiamo sempre fatto in casi del genere. In Libia i soldati tedeschi, ma quando non si sparerà più…

Petrolio? No, non solo, tutto. Tutte quella rete di interessi in gran parte patrimonio italiano attraverso 280 aziende, non solo ENI dunque.

Guerra commerciale dunque fra gli avvoltoi - i nostri Paesi alleati - pronti a are pagare a noi il maggior costo.

Guerra interna.

Non c'è uno che vada d'accordo con l'altro all'interno del Consiglio costituito a Bengasi e riconosciuto dai maggiori Paesi fra cui l'Italia. Siamo arrivati al punto che hanno prima messo a capo delle truppe un ex fedelissimo di Gheddafi per poi brutalmente farlo fuori con reciproche accuse e smentite su chi fosse il mandante. E questi dovrebbero guidare il Paese verso la democrazia? Speriamo di sbagliarci nel ricordare il famoso detto 'dalla padella nella brace'.

Guerra tribale.

La vicenda Gheddaffiana è partita dalla rottura di una veterana intesa fra le quattro maggiori tribù che costituivano il piedestallo di Gheddafi. Poi è stata rivestita diversamente persino con la palandrana di lusso dell'aspirazione alla democrazia. Qualcuno certamente l'aveva ma erano frange intellettuali fortemente minoritarie. Adesso con e fra le tribù bisogna fare i conti auspicando che si trovi una sintesi.

Guerra incivile

Guerra incivile, epilogo abituale di ogni guerra civile. Stanno arrivando autorevoli suggerimenti da ogni parte. Ha cominciato Obama con tre significativi punti:

1) Rispettare i diritti umani. In altri termini niente vendette, niente processi sommari, esecuzioni ecc.

2) Rispettare le Istituzioni. In altri termini mantenere la struttura dello Stato. Gli uomini possono, spesso magari debbono, cambiare. Le Istituzioni debbono rimanere perché sennò si finisce nel caos con imprevedibili esiti.

3) Incamminarsi verso la democrazia. E' Il solito refrain occidentale e americano in primis, quello dell'esportazione del nostro modello. Non funziona in Afghanistan, non funziona in Irak, non funziona in nessuno Stato arabo. Il nuovo Governo libico verrà quando le tribù si saranno accordate e la sua stabilità dipenderà da chi avrà assunto la leadership. Unica variabile i Fratelli Musulmani che, grazie alle stupidaggini dell'Occidente, Europa compresa, non ci metteranno molti anni ad assumere la leadership di tutto il nord-Africa. Un paradosso. Chi li fermava erano Mubarak, Ben Alì, Gheddafi, così come l'unico Stato arabo laico era l'Irak di Saddam Hussein. Così vanno le cose.

Stanno continuando un po' tutti con l'evidente sottesa preoccupazione che succeda l'ira di Dio con tutte le conseguenze del caso. Dorme, naturalmente, l'Europa. Il Ministro degli Esteri europeo, l'insignificante Catherine Ashton - a suo tempo scelta per sbarrare la strada al candidato italiano, proposto dal Governo Berlusconi e che si chiamava Massimo D'Alema - è riuscita in questi momenti, in cui si sono mossi il Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e il Presidente della Commissione europea Juan Manuel Barroso, a occuparsi d'altro. In sua vece ha infatti parlato il (!) portavoce, Michael Mann, che ci ha informato "che l'Unione europea sta "lavorando per fornire assistenza nel post-Gheddafi". Poveraccia, la nostra Caterina non perde occasione per confermare la propria evanescenza nonostante la robusta costituzione fisica. Il guaio è che le sue croniche insufficienze costano care a tutti noi.

Sta comunque il fatto che non bastano gli auspici, le esortazioni, le prediche. Occorre la politica, vale a dire quello di cui in questi tempi si riscontra di più la mancanza.

GdS

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