M. GHEDDAFI, QUANTE URI TI ASPETTANO NEL PARADISO DEL TUO MAOMETTO?

Secondo il Corano ai guerrieri che l'hanno sempre difeso, con le armi ed altri mezzi, spetta dopo la loro morte, una vita dolcissima , allietata da fanciulle dagli occhi neri e splendenti. Gheddafi, deriso, oltraggiato, straziato al pari di quel Saddam Hussein , simile a lui in quanto ad essere brutalizzato, ma fedele agli insegnamenti del suo Profeta, tanto che l'anno scorso a Roma ingaggiò centinaia di prosperose ed incantevoli fanciulle per "ammaestrarle" nelle sacre scritture, spetterà di certo, la ricompensa promessa dal Libro sacro.

Così, ancora una volta, il dittatore, per tanti grossolano,simile ad un pulcinella, ma la cui mano era "preziosa" per tanti grossi capi del nostro sporco mondo, per la ricchezza che possedeva e che faceva gola a molti (petrolio, gas…), se la riderà beato e continuerà a fare "bunga bunga" nei celesti cieli di Allah che tanti milioni di musulmani onorano e adorano ritenendolo l'unico vero Dio (altro che Gesù Cristo) e la cui Parola increata ha valore eterno

Chissà se a qualcuno dei tanti fedeli verrà in mente che il terribile, spietato uomo che ha governato con mano di ferro la Libia, è stato anche un pio muslim.

Gli spetterà- dunque- di vivere ancora felice e beato in mezzo alle sue fanciulle, mentre tra i capi di Stato che gli sono stati amici, si cercherà il modo più meschino per dissacrarlo e condannarlo, dimenticando che è la fine che tocca, prima o poi, a coloro che tradiscono l'umanità.

Chi era GheddafiPer capire chi era Gheddafi, bastava leggere la sua biografia. Dietro i contorcimenti clowneschi, dietro il palcoscenico di tabarri scintillanti, re africani, amazzoni e meditazioni nel deserto, i torrenziali discorsi , l'uomo, fin da quando scombinò con un golpe i grigi destini della monarchia senussa, ha sempre profondamente creduto alla serietà del proprio destino. Privato e pubblico. La terza via universale, gli aforismi del Libro verde non erano furfanterie di contorno: erano la sua sostanza politica e umana. Il suo potere si corrompeva nell'autocrazia e nel nepotismo, e lui continuava a esser certo di essere il destino della Libia. Ancora ieri, quando urlava ormai seppellito di macerie, con il potere ridotto ai metri quadri del suo posto di comando nel centro di Tripoli, che il colonialismo stava per impadronirsi della sua creatura politica, non mentiva. Era un uomo lucido, uno che credeva in quello che diceva. Uno che fino all'ultimo ha creduto di dover rimanere al suo posto, anche se poi la fragilità umana l'ha colto, come coglierebbe chiunque. Il bunker, la tomba dei dittatori, il potere ridotto, un disperante caos di marciume, devastazione e sfinimento, era scritto come inevitabile nel suo conseguente destino. In questa conclusione si perde la vergogna di aver perduto. Gheddafi, in questi mesi, metodicamente, ha fatto naufragare le offerte per garantirgli una uscita di scena senza danni. Gli occidentali, ansiosi di far dimenticare i rapporti che hanno avuto con lui, per anni, e la rapida, troppo rapida, conversione alla guerra; i suoi alleati africani che ha pagato per anni per sentirsi chiamare Presidente, il suo ultimo delirio, in fondo non aspettavano altro: vederlo partire verso una delle ultime dittature disposte ad accoglierlo, o verso il Sudafrica dell'ospitalissimo Zuma, che fino all'ultimo lo ha tentato invano con la prospettiva di un esilio dignitoso. Ha sempre rifiutato. Non credeva certo alla riconquista della Cirenaica. Gheddafi, dopo l'11 settembre 2001, ha dimostrato di essere ancora un realista capace di leggere (al contrario di Saddam Hussein) gli umori delle potenze e la porta stretta che gli restava per sopravvivere. Forse dovremo leggere tutti i suoi atti politici degli ultimi tre-quattro mesi come una volontaria marcia verso quel bunker nel centro di Tripoli. Gheddafi ricco esule in Venezuela o in Algeria, braccato dalle rivelazioni, dai mandati di cattura internazionali, denudato di 42 anni di potere assoluto con le sue vergogne e i suoi compromessi, non poteva ipotecare il futuro. Ucciso tra le rovine, con il mitra in mano diventa una sorta di terribile statua del Commendatore, ipoteca il futuro della nuova Libia, semina germi avvelenati, ruba agli avversari il piacere della vittoria. Non si potrà di certo affermare che La sua è stata la morte di un vigliacco. A me non sfugge l'idea birichina che avrà pensato anche alle promesse del Corano. Che diamine, le donne gli piacevano da impazzire e se le portava appresso come un trofeo straordinario. Chissà che ora non se le goda senza l'affanno del potere umano!!!

Maria de Falco Marotta

Maria de Falco Marotta
Editoriali