-----------Il Giorno della Memoria 2017----------- ------di Maria de falco Marotta

Il Giorno della Memoria 2017 di Maria de falco Marotta
Ci sono tanti modi per ricordare il Giorno della Memoria: c’è chi sceglie i peggiori (il negazionismo, la critica feroce verso il Papa Eugenio Pacelli con Il Vicario) e i migliori (i film tipo: La vita è bella; "Train de vie - Un treno per vivere" ; Il viaggio di Fanny…). Un fatto è certo: il 27 gennaio di ogni anno l’umanità prova orrore a rivivere quel giorno del 1945 quando vennero aperti i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, liberando i superstiti. E il mondo vide allora per la prima volta da vicino quel che era successo, conobbe lo sterminio in tutta la sua realtà. Il Giorno della Memoria è il riconoscimento del male che è stato fatto e che continua ad essere fatto (Siria, Paesi africani…).
Che cosa è, che cosa rappresenta Auschwitz? 
Auschwitz è il nome tedesco di Oswiecin, una cittadina situata nel sud della Polonia. Qui, a partire dalla metà del 1940, funzionò il più grande campo di sterminio di quella innaturale «macchina» tedesca denominata «soluzione finale del problema ebraico». Auschwitz era una vera e propria metropoli della morte, composta da diversi campi - come Birkenau e Monowitz - ed estesa per chilometri. C’erano camere a gas e forni crematori, ma anche baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano prima di venire avviati alla morte. Gli ebrei arrivavano in treni merci e, fatti scendere sulla cosiddetta «Judenrampe» (la rampa dei giudei) subivano una immediata selezione, che li portava quasi tutti direttamente alle «docce» (così i nazisti chiamavano le camere a gas). Solo ad Auschwitz sono stati uccisi quasi un milione e mezzo di ebrei (Cfr. La Stampa).
Con la parola Shoah che cosa si spiega? 
Shoah è una parola ebraica che significa «catastrofe», e ha sostituito il termine «olocausto» usato in precedenza per definire lo sterminio nazista, perché con il suo richiamo al sacrificio biblico, esso dava implicitamente un senso a questo evento e alla morte, invece insensata e incomprensibile, di sei milioni di persone. La Shoah è il frutto di un progetto d’eliminazione di massa che non ha precedenti, né paralleli: nel gennaio del 1942 la conferenza di Wansee approva il piano di «soluzione finale» del cosiddetto problema ebraico, che prevede l’estinzione di questo popolo dalla faccia della terra. Lo sterminio degli ebrei non ha una motivazione territoriale, non è determinato da ragioni espansionistiche o da una per quanto deviata strategia politica. È deciso sulla base del fatto che il popolo ebraico non merita di vivere. È una forma di razzismo radicale che vuole rendere il mondo «Judenfrei» («ripulito» dagli ebrei. Senza dimenticare che Hitler era di origine ebraica e coloro che lo seguirono erano uomini assetati di odio e di potere).

Quali furono le premesse? 
L’odio antisemita è un motivo conduttore del nazismo. Ma – onestamente- bisognerebbe risalire molto più su nella storia: al tempo dei romani. La Germania vara nel 1935 a Norimberga una legislazione antiebraica che sancisce l’emarginazione. Tre anni dopo l’Italia approva con l’alleato tedesco, un complesso e aberrante sistema di «difesa della razza», rinchiudendo gli ebrei entro un rigido sistema di esclusione e separazione dal resto del paese. Ma questa terribile storia ha dei millenari precedenti. Prima dell’Emancipazione, ottenuta in Europa nella seconda metà dell’Ottocento, gli ebrei erano vissuti per millenni come una minoranza appena tollerata, non di rado perseguitata e cacciata, e sempre relegata entro i ghetti. Tanto nel mondo cristiano quanto sotto l’Islam. Visti con diffidenza e odio per la loro fede tenace che non si è mai voluta assimilare a nessuna delle religioni professate dalla maggioranza perciò hanno sempre rappresentato il «diverso», la presenza estranea. Anche se da millenni vivono qui e si sentono europei (a Venezia per i 500 anni del Ghetto, si sono allestite mostre, incontri, film ed è tuttora un posto bellissimo che qualsiasi visitatore della città vuole vedere e non certo per curiosità, ma per imparare qualcosa).

Perché la Shoah è un evento unico? 
Dopo la Shoah è stato foggiato il termine «genocidio». Purtroppo il mondo ne ha conosciuti tanti, e ancora troppi sono in corso sulla faccia della terra. Riconoscere delle differenze non significa stabilire delle gerarchie nel dolore: secondo un detto ebraico «Chi uccide una vita, uccide il mondo intero». Ma mai, nella storia, si è letto che è stato progettare a tavolino, con totale freddezza e determinazione, lo sterminio di un popolo. Studiando le possibili forme di eliminazione, le formule dei gas più letali ed «efficaci», allestendo i ghetti nelle città occupate, costruendo i campi, studiando una complessa logistica nei trasporti, e tanto altro. La soluzione finale non è stata solo un atto di inaudita violenza, ma soprattutto un progetto collettivo, un sistema di morte (CFR: La Stampa). 
Perché ricordare e commemorare? 
Il Giorno della Memoria non vuole sminuire gli altri genocidi di cui l’umanità è stata capace ed è capace, ma una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo l’ha realizzato veramente. Non è la pietà per i morti ad animarlo, ma la consapevolezza di quel che è accaduto. Che non deve più accadere, ma che in un passato ancora molto vicino a noi, nella civile e illuminata Europa, milioni di persone hanno permesso che accadesse. Tuttora la cosa più sbalorditiva rimane il fatto che tanti italiani, sono stati zitti di fronte a questo scempio. Meno male che oggi un po’ è diverso, specie quando i giovani attraverso Internet, App ed altri strumenti, si coalizzano subito e danno del filo da torcere a chi comanda.
E perché questo giorno non resti indimenticato, suggerisco il link di una nuova casa editrice, che ha pubblicato molti libri sull’argomento shoah e che varrebbe la pena consultare, specie se si è nella scuola.
Eccolo: https://editrice.effata.it/argomento/shoah/

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GLI OCCHI DI MIA MADRE
La Shoah raccontata ai miei figli
Anna Ornstein

·                   
IL CACCIATORE DI GIUSTI
Storie di non ebrei che salvarono i figli d’Israele dalla Shoah
Ugo Pacifici Noja e Silvia Pacifici Noja

·                   
L’ALLEANZA SCOSSA MA NON RIMOSSA
Riflessioni sulla Shoah
David Weiss Halivni e Dan Eliezer (ed.)

 

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