Arci: niente bombe e solidarietà al popolo siriano

(E nota introduttiva del direttore)

E' del tutto inconsueto - prima volta in quasi 19.000 testi pubblicati e in rete – che un contributo esterno venga pubblicato come 'Editoriale'.
L'eccezione, si sa, conferma la regola e l'eccezione è meritata per quanto viene scritto, per le posizioni assunte, per le comuni aspirazioni in fatto di prospettive (Nota del direttore)

In queste ore si fanno sempre più insistenti le minacce di un'azione militare di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna contro la Siria. Ancora una volta la scelta statunitense, francese e inglese per la risoluzione di una crisi politica e umanitaria è quella dell'intervento militare unilaterale.
Il governo italiano, pur unendosi alla unanime condanna internazionale per l'attacco chimico condotto nella periferia di Damasco, ha per ora opportunamente escluso qualsiasi coinvolgimento del nostro Paese in una operazione militare che non abbia il mandato delle Nazioni Unite.
L'Arci, da sempre impegnata per la pace e il dialogo, ribadisce che in nessun caso è ammissibile un’azione militare  oggi in Siria e che il nostro Paese non deve partecipare né offrire supporto logistico ad un eventuale intervento.

Venticinque anni di interventi “umanitari”, o altrettanto falsamente motivati, dalla ex-Jugoslavia all'Afghanistan, all'Iraq, alla Libia hanno dimostrato che con le bombe non si risolvono le crisi ma si aggiunge violenza alla violenza, sangue al sangue, si producono distruzioni e sofferenze per le popolazioni civili indifese, si alimentano terrorismo e fondamentalismo.
L'Arci ha sempre difeso e appoggiato le strade del dialogo e del coinvolgimento delle Nazioni Unite nella risoluzione dei conflitti, sostenendo solo le azioni di peacekeeping militare svolte sotto l'egida e con il mandato delle Nazioni Unite.
Anche oggi in Siria l’unica via di uscita, pur se di difficile attuazione, è quella del cessate il fuoco, dell’arbitrato internazionale e della interposizione, della diplomazia e della pressione internazionale, per lasciare aperte al dialogo le porte che un attacco militare chiuderebbe con gravissime conseguenze sulla stabilità di tutta l'area mediorientale, per aprire lo spiraglio a una soluzione politica.
La comunità internazionale deve usare ogni strumento legittimo in suo possesso per fermare il regime dittatoriale di Assad che spara sulla popolazione, ma anche i signori della guerra e del terrore che hanno egemonizzato la rivolta armata. E per sostenere e restituire la parola a coloro, donne, giovani e democratici, che avevano iniziato la rivolta popolare nonviolenta, che la repressione prima e la guerra poi hanno travolto.
La comunità internazionale e in primis l'Europa e l'Italia devono assumere protagonismo nella salvaguardia della popolazione civile e dei profughi, impegnare risorse a sostegno delle agenzie umanitarie e delle ong che assistono le vittime civili.
La pace, la giustizia e la democrazia si affermano e si rafforzano dove si investe in percorsi di solidarietà e cooperazione tra comunità, dove si sostengono e si aiutano le forze democratiche e di progresso, dove si percorre l'opzione politica e diplomatica, non certo con l'uso delle armi. La storia, passata e attuale, lo dimostra.

L'Arci: sempre al fianco dei democratici egiziani.
Contro il massacro, fermare la repressione e le violenze.
L'esercito egiziano aveva il potere di scegliere, dopo l'intervento a sostegno della gigantesca protesta popolare che un mese fa si era ribellata alle scelte antidemocratiche e antisociali del governo Morsi, e alle sue continue forzature istituzionali per l'islamizzazione del paese.
Poteva dare un contributo a riportare il Paese sulla via costituzionale e della convivenza democratica, riconsegnando immediatamente alla politica e al popolo il diritto-dovere di trovare una soluzione alla difficile transizione egiziana.
Ha fatto invece la scelta peggiore, scegliendo la via della violenza bruta e della repressione, compiendo uno dei peggiori massacri di piazza mai visti nella storia recente, ingiustificabile e inaccettabile da qualunque punto di vista, e per il quale le parole di condanna sembrano tutte insufficienti.
E ha così innescato una reazione a catena drammatica, con gli attacchi alle chiese, ai luoghi pubblici, perfino ai siti storici e culturali in tutto il paese.
In questi giorni tragici e densi di enormi pericoli per il futuro dell'Egitto, di tutta la regione, del nostro comune Mediterraneo noi confermiamo la vicinanza e la solidarietà a tutto il popolo egiziano, consapevoli anche che nel loro futuro è scritta anche una parte del nostro destino.
Rinsaldiamo con forza e solidarietà la alleanza di senso e di prospettiva che ci lega ai democratici, ai giovani, alle donne, ai lavoratori, ai sindacati e alle associazioni indipendenti che hanno sconfitto la dittatura di Mubarak e che -stretti fra pericoli mortali e temibili avversari- continuano a battersi per un paese libero, indipendente, pacifico e democratico.

Chiediamo all'Italia, all'Europa e a tutta la comunità internazionale di stare dalla loro parte, l'unica parte che può contribuire a evitare il baratro, riportando l'Egitto sulla via costituzionale e democratica, l'unica strada che può garantire la riconciliazione nazionale e la convivenza pacifica.
Facciamo nostre le richieste di immediata fine della repressione, della fine delle violenze da parte di chiunque, di riapertura del dialogo, di una indagine indipendente sulle responsabilità dell'uccisione dei manifestanti e dei civili, necessarie precondizioni per cercare di superare questa tragica fase.
Alle organizzazioni democratiche egiziane e al movimento Tamarod confermiamo la determinazione della nostra associazione alla azione e alla mobilitazione comune.
Arci Sondrio

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