SOLIDARIETA' AI 'VALTELLINESI DI LIGURIA E LUNIGIANA' 11 10 30 4

E anche stavolta i corvi che gracchiano, i profeti del giorno dopo, tecnici, veri o presunti, che pontificano dimenticano - ignoranti! - il dato più preoccupante: arrivano da noi le piogge monsoniche, una pessima novità assoluta segno evidente dei cambiamenti climatici. Pessima perché tutto il nostro ambiente, corsi d'acqua compresi, non vi é abituato.

Per prima cosa la solidarietà a quelli che chiamiamo "i valtellinesi di Liguria e Lunigiana'. Ci riferiamo al comportamtnto di questa gente che non strepita, che non urla, che non lancia anatemi contro questo o quello. La sintesi migliore é in quel personaggio - giusto chiamarlo così - che con la voce strozzata in gola fa vedere la sua casa squarciata, "i risparmi di una vita" e conclude nel più incredibile, meritoriamente rispettabile dei modi: "Pazienza". Casi a iosa di gente che é stata non solo spettatrice ma comprimaria e talvolta protagonista di una scena tragicamente reale, che non trova capri espiatori perché de visu ha riscontrato la terribile forza della natura, di una natura come mai scatenatasi prima. L'esperto tradurrà questo comune e diffuso sentire nella preoccupazione citata prima, ovvero che le piogge monsoniche, finora prerogativa asiatica, indicano quanto sia cambiato, peggiorato, il clima.

Questa gente, la loro sobrietà, ha ricordato i valtellinesi nella terribile calamità del 1987, punti fermi le due date del 18 e del 28 luglio. Un parallelismo il cui profondo significato virene da quel che segue.

Montanelli, 1987

Vale la pena, in proposito di ricordare quel che iIl 24 luglio, sul "Giornale nuovo" di Milano, Indro Montanelli scriveva. In un articolo di fondo sulla vicenda della Valtellina e affermava: "Stanziamo i soldi, ma diamoli ai valtellinesi. Sono gli unici che sanno come spenderli per le loro valli e che forniscono garanzia di non rubarli. E' gente che merita, come a suo tempo la meritarono i friulani, la nostra fiducia. Il coraggio, la compostezza, la misura, la dignità con cui hanno saputo reagire alla catastrofe, sono, o dovrebbero essere, un esempio per tutti. Ieri, davanti allo spettacolo che la televisione ancora una volta ci proponeva di quei costoni mangiati dalla frana, di quegli squarci aperti dai torrenti impazziti nella carne viva della terra, di quei desolati sudari di fango, mi è venuto fatto di pensare quanto ci piacerebbe sentirci italiani se l'Italia fosse, anche sommersa, tutta Valtellina".

E ora i profeti di sventura

E ora qualche parola per i profeti di sventura, per quelli che subito, dopo ogni evento calamitoso, sanno benissimo che sono i colpevoli anche se poi salterà fuori che di colpevoli non ce ne sono. Non diciamo questo per assolvere, per carità. Chi in giro per l'Italia costruisce negli alvei é non solo da codice penale ma potenzialmente imputabile anche per i danni che potrebbe arrecare a sé e familiari. C'é un detto per il quale non occorrono né laurea né master. L'acqua riprende sempre la sua strada, anche a distanza di decenni. Vogliamo invece dire che quando si scatena la furia della natura spesso e volentieri le malefatte dell'uomo contribuiscono in minina parte. E' il caso odierno.

Le cateratte del cielo

Abbiamo sentito parlare di 300 mm di acqua. In un caso addirittura 500. Chi legge questa nota faccia una personale esperienza chiedendo a familiari, amici, colleghi se ha un'idea di cosa siano 500 mm di acqua. Spieghiamo con un esempio semplice. Una stanza media del Vostro appartamento ha una superficie che valutiamo 20 mq, 4 per 5 metri. Se quei 500 mm fossero caduti non solo fuori ma in quella stanza il pavimento avrebbe dovuto resistere a un peso di quell'acqua di 10 tonnellate. Sempre per ulteriormente esemplificare il peso - tipo medio - di 10 automobili Fiat Punto.

C'é poi il discorso, oltre alla quantità, anche dell'intensità. A Roma i 100 mm sono caduti in tre ore. Non c'é sistema fognario al mondo che possa smaltire in breve tempo l'acqua.

Anni fa la Capitale era stata investita da un fortunale che aveva scaricato 70 - 80 mm d'acqua. Non c'era stata polemica perché di fronte a simile violenza della natura nessuno aveva ritenuto di aprire il fronte polemico. Chi scrive si rivolse all'Espresso, che pubblicò, osservando come a Roma tutti avessero riconosciuto l'eccezionalità dell'evento mentre per la calamità valtellinese del 1987, che aveva toccato punte di 305 mm, circa il quadruplo rispetto a Roma, subito le polemiche addosso a noi valtellinesi fra l'altro con balle al cui confronto il Barone di Munchausen appare ul dilettante (disboscamento selvaggio, lottizzazioni abusive e altre idiozie da Premio Nobel all'incontrario.

Il terreno, i corsi d'acqua

Sono molti i valtellinesi che hanno conosciuto quelle zone essendo per lavoro a Pontremoli, capoluogo della Lunigiana, dove c'erano gli uffici e il cantiere della Falck. Nella frazione Teglia c'é una centrale, sopra la diga, e poi canali di gronda. E' un territorio che non bisogna essere geologi per accorgersi che é completamente diverso dalle nostre montagne. I fiumi sono ben diversi dai nostri. Il Magra che scende dalla e lungo la Lunigiana ha una portata spesso ridicola, di qualche metro cubo al secondo. A novembre mediamente può scaricare un centinaio di mc/serc. Poi ci sono le eccezionalità, come é stato questa volta, in funzione dell'apertura in cielo delle cateratte.

Si vada su Maps e, seguendo il corso del fiume, si veda la lunghezza dei ponti che lo scavalcano. Ad Aulla é sicuramente lungo tre volte quello dell'Adda a Sondrio. Sull'altro versante il ponte sul Taro a Fornovo ove inizia la salita della Cisa almeno cinque volte. Alvei incredibili.

L'uomo

L'azione dell'uomo. Si vada a vedere. Gran parte degli abitati sparsi nella zona sono stati abbandonati, del tutto o quasi. Pontremoli, capoluogo della zona, ha perso più della metà della popolazione riducendosi ora alla metà, dai circa 15.000 ai 7.700 di oggi. E' difficile pensare che dove la gente va via qualcuno costruisca...

La morale

Che parte dei danni che le periodiche calamità procurano siano prodotti dall'uomo non c'é dubbio, anche se bisogna pur distinguere. Una casa in alveo come quelli di cui sopra é un rischio, certo, per chi ci abita ma danni agli altri non ne fa. Un casa in alveo stretto oltre al rischio può diventare un pericolo per gli altri. Di passi avanti ne sono stati fatti parecchi ma i problemi sono tali e tanti in un Paese geologicamente giovane come l'Italia che risulta in ogni caso impossibile perseguire il rischio zero, nemmeno tecnicamente. Questo vale non solo per il settore idrogeologico ma per tutte le cause di pericolo. Vedasi il rischio sismico con l'interrogativo se tutti costruiscono nel rispetto delle relative norme. Può darsi che il rispetto ci sia ma qualche dubbio a vedere case in costruzione con il tufo viene pure.

E noi? Anche da noi passi avanti sono stati fatti, probabilmente molti di più che altrove ma in queste cose mai abbassare la guardia.

Solidarietà

Di nuovo. La solidarietà. Abbiamo provato nel 1982 e poi nel 1987 cosa é una calamità collettiva. Ovviamente il primo pensiero é ai rimasti, a chi cioé ha perso persone care. Strade, ponti, altre cose, si rifanno. Piange il cuore a vedere le case distrutte. La casaa-involucro la si rifà, magari più bella, in ogni caso più moderna di quella di prima. La casa-vita no. Vale quel che a Tresenda l'ex Presidente della Provincia Giorgio Scaramellini, scampato per pochi secondi alla frana, mi disse vedendomi arrivare per coordinare i nostri interventi: "Sono un uomo senza passato". Il passato, l'ambiente, quei mobili, quel che c'é dentro, le carte, i documenti, i ricordi di famiglia, le fotografie, tutto perduto.

Siamo vicini ai 'valtellinesi di laggiù'.

Alberto Frizziero

Alberto Frizziero
Editoriali