QUESTA BISLACCA CAMPAGNA ELETTORAL chiariamoci le idee
Due partite
Tutti gli occhi sono puntati sul 10 aprile per il risultato della partita attualmente in pieno svolgimento. Alcuni però, oltre ovviamente a guardare al responso del 10 aprile, stanno cercando di intravedere svolgimento e possibile/i esito/i di un’altra partita che si sta simultaneamente giocando.
Due partite in corso? Fantapolitica?
No, non è affatto fantapolitica. Basta cogliere alcuni segnali, quasi impercettibili, di questi giorni, quali ad esempio l’uso del futuro-indicativo al posto dell’abituale condizionale, sfumature dei discorsi, articolazione di posizioni che viene correttamente interpretata come naturale concorrenza elettorale in fase finale di campagna, sfuggendo però quel margine che non ha soltanto questa spiegazione.
Riprenderemo dopo l’argomento fermandoci adesso sui sondaggi.
La legge sui sondaggi
Premettiamo che la Legge 22 Febbraio 2000, n. 28, che all’art. 8 si occupa di “Sondaggi politici ed elettorali”, al primo comma recita:
”1. Nei quindici giorni precedenti la data delle votazioni è vietato rendere pubblici o, comunque, diffondere i risultati di sondaggi demoscopici sull'esito delle elezioni e sugli orientamenti politici e di voto degli elettori, anche se tali sondaggi sono stati effettuati in un periodo precedente a quello del divieto”. Abbiamo proposto questo dettato legislativo tal quale in quanto ci era stato chiesto di pubblicare uno degli ultimi sondaggi, cosa peraltro che ci sarebbe piaciuta ma avevamo dovuto rispondere negativamente con il risultato che l’interlocutore non sembrava proprio del tutto convinto. Lui ed altri sanno adesso cosa dice la norma e che noi l’abbiamo dovuta rispettare.
Sondaggi incompleti
I sondaggi possono essere sempre fatti alla condizione di non far conoscere i risultati se non, ovviamente, a chi li ha promossi.
Le tendenze date dalla stampa nazionale confermano sostanzialmente i numeri del periodo precedente il black-out, con una forbice tra centro-sinistra e centro-destra che – si dice – dopo un calo progressivo ad un certo punto si è stabilizzata con un margine di sicurezza.
Non abbiamo avuto occasione di leggere – o ci sono sfuggite o soprattutto non me sono state pubblicate - analisi su due astri aspetti fondamentali ai fini del risultato: astenuti e indecisi.
Gli astenuti
Le ultime elezioni si sono caratterizzate da una forte astensione, quasi diventata fisiologica. Ci sono due ragioni di possibile incremento, l’una avente motivazione politica, l’altra organizzativa.
- Sul piano politico, lo si avverte in giro, c’è un certo numero di elettori che cinque anni or sono votarono Berlusconi e che oggi manifestano la loro insoddisfazione. Una parte la supererà, dato che si sa che molti entrano nel clima elettorale praticamente nell’ultima settimana, magari all’insegna – per taluni alibi - del voto “al meno peggio”. Una parte non la supererà ma non arriverà al punto di scavalcare la barricata, votando “dall’altra parte”. E’ il partito dell’astensione o della scheda bianca.
Un aumento delle astensioni gioca a favore del centro-sinistra e a sfavore del centro-destra.
- Sul piano che chiamiamo organizzativo viene a mancare, rispetto alle precedenti elezioni, il rilevante impegno di sensibilizzazione da parte dei candidati. La nuova legge, definita dall’ex Ministro Calderoni “una porcata” (noi, essendo montanari e quindi con meno suini e più bovini preferiamo definirla “una vaccata”) ha di fatto previsto tre categorie di candidati per la Camera.
Ci sono i VIP, inseriti ai primi posti, un po’ come sugli aerei delle rotte lunghe che davanti hanno le poltrone super.
Ci sono “i combattenti” nella fascia centrale.
Ci sono i peones nelle retrovie delle liste, quelli che deputati lo diventerebbero solo nel caso di una micidiale epidemia, rapidamente diffusa tra gli onorevoli in carica (favviamo i debiti scongiuri, s’intende).
I VIP non hanno bisogno di propaganda, salvo quella d’immagine.
I peones non vanno a chiedere un mutuo per fare una campagna elettorale che comunque non offre loro alcuna possibilità.
Gli unici a darsi da fare in definitiva sono quelli che abbiamo definito “i combattenti” dato che le loro fortune dipendono da qualche voto in più. Voti non personali ma al loro Partito. Notazione importante questa perché è indubbiamente più difficile invitare oggi al voto di un Partito che magari l’interlocutore non apprezza rispetto ad un tempo dove questo scarso gradimento era superato dallo scrivere sulla scheda nome e cognome dell’amico, pur magari di fede politica diversa.
Gli indecisi
Quasi a fine febbraio il Ministero dell’Interno ha comunicato il numero di elettori presumibile. Salvo lievi aggiornamenti il dato è il seguente: 47.258.305, (curiosità: i maschi sono quasi il 10% in meno delle femmine, rispettivamente 22.656.751 e 24.601.554. Per completezza vanno poi aggiunti gli italiani all’estero, circa 2.840.000.
Considerando solo chi vota in Italia in base ai dati riportati dalla stampa sui diversi sondaggi emerge un dato macroscopico. Gli indecisi sarebbero, secondo appunto le varie fonti, in percentuali che, applicate al corpo elettorale, darebbe una fornice di “indecisi” compresa tra poco più di 8 milioni e poco meno di dieci. Se vogliamo il dato del calcolo virtuale, esattamente tra 8.033.912 e 9.924.244. Si tratta di numeri che potrebbero legittimare la possibilità di sorprese, anche se, stando in questa logica, il discorso potrebbe valere per il Senato.
La realtà è però diversa.
Gli indecisi che hanno già deciso
I sondaggi citati non tengono però conto, o quantomeno non si muovono in questa direzione i commenti, in misura adeguata di un dato importante.
La realtà è infatti diversa per la semplice ragione che un numero non indifferente di questi “indecisi” è tale solo nella risposta all’intervistatore perché non vuole scoprirsi e palesare il proprio orientamento, ma non nell’intenzione di voto.
Aiutano sociologia e psicologia nell’ipotizzare che in questa massa di “indecisi che hanno già deciso” ci sia più Casa della Libertà che Unione, anche se non in misura sufficiente per recuperare il gap che i sondaggi indicano. Questo a due settimane dal voto, e quindi salvo rilevanti novità dell’ultima settimana, quella che conta.
Dubbi
Non sappiamo se la metodologia largamente usata, quella di 1000 interviste telefoniche, sia sufficiente garanzia di riscontro reale. Abbiamo qualche dubbio che si aggiunge a quelli indotti dall’elevato numero di indecisi, veri o supposti.
Non sembra in discussione il trend, almeno sino a questo momento. Un’inversione di tendenza potrebbe esserci solo con un notevole recupero da parte della CdL sulla base però di toni e contenuti degli appelli agli elettori decisamente diversi dagli attuali. La vittoria per questo o quello schieramento la si gioca al centro, sostanzialmente in quel ceto medio che predilige serenità, pacatezza, linguaggio suadente. E’ difficile pensare a un cambio di rotta radicale, tale da portare almeno a un recupero sul fronte del Senato.
La seconda partita
Come dicevamo all’inizio si ha l’impressione che nei quartieri alti, e soprattutto nel centro-destra, la prima partita, quella del 9 e 10 aprile, si intrecci con la seconda, quella del dopo 10 aprile.
Vincesse Berlusconi resterebbe indubbiamente leader, ma non monarca assoluto e avrebbe qualche novità anche all’interno di Forza Italia. Basta vedere la mossa di Formigoni che sembra aver inviato un messaggio di risposta al Corriere della Sera (eufemismo) che aveva, per la firma di Mieli ma certamente per un disegno a molte mani e molte teste, non solo puntato contro Berlusconi ma indicato il futuro: Casini e Fini. Formigoni dice, “c’è anche Forza Italia visto che ci sono anch’io”, per preparare il dopo con Rutelli e Fassino, come da inespresso ma comprensibile messaggio del Corriere, “di quelli del Corriere” ai quali piacerebbe certamente vedere accantonati da una parte i Bertinotti, Dilibero, Pecoraio Scanio e magari anche Di Pietro, dall’altra oltre ovviamente all’estrema destra, emarginazione per la Lega. Variante, sempre non certo di fantapolitica, una convergenza al centro da tutta l’attuale CdL con Margherita o sua parte e Udeur.
Ghirigori politici?
Può darsi. Così come il voto per Ciampi al Quirinale, il tempo per far fare a D’Alema la sua esperienza internazionale prime di subentrare sul Colle, sempre che le compensazioni siano così rilevanti per i DS da poter rinunciare a tutte e due le Poltrone con la P maiuscola, dando in questo modo il via libera ad Amato.
Non sono ghirigori perché nei primi tempi le spinte centrifughe saranno compresse per evidenti ragioni, ma poi alcuni nodi, risolti dialetticamente nelle 280 pagine del programma Prodi, dovranno essere risolti operativamente in un clima certamente non idilliaco dato che una cosa è certa e scontata e cioè, chiunque vinca, la durezza dell’opposizione che il Governo incontrerà.
Alberto Frizziero