Il Pontificato delle sorprese

Papa Francesco non smette di stupire! Stupisce il suo approccio con le persone, il suo parlare semplice, i suoi modi affabili e confidenziali con la gente, i suoi  tentativi di dialogo con tutti, credenti e non credenti; Stupisce il suo approccio con le altre religioni, con i paesi islamici, con i paesi belligeranti. Stupisce soprattutto la  risposta che ha dato ad Antonio Spadaro, il gesuita che lo ha intervistato per la rivista “Civiltà Cattolica” di cui è direttore. Alla domanda: Chi è Jorge Mario Bergoglio? Il Papa ha risposto: “io sono un peccatore”, e precisa: “sono un peccatore al quale il Signore ha guardato”.
Dietro a quel suo sorriso bonario e compiacente stiamo scoprendo, però, un carattere forte e determinato nell’affrontare i problemi che riguardano la Chiesa, a   partire  dalla  struttura curiale e  gerarchica,  nelle sue funzioni di autorità spirituale a livello mondiale, nazionale e locale.
A tale proposito il Santo Padre presenta il suo lato democratico, ricordando quando era Arcivescovo di Buenos Aires. Rispondendo all’intervistatore di cui sopra,  dice: Il Signore ha permesso che attraverso i miei difetti e i miei peccati (di autoritarismo) abbia appreso capacità notevoli di governo. A  Buenos Aires ogni 15 giorni facevo una riunione con i sei vescovi ausiliari e varie volte all’anno col Consiglio Presbiterale. Si ponevano domande e si apriva lo spazio alla discussione. Questo mi ha molto aiutato a prendere le decisioni  migliori. Ora, sento alcune persone che mi dicono: “non consulti troppo e decida”. Credo invece che la consultazione sia molto importante. Certo, continua papa Bergoglio, voglio che le consultazioni siano reali, non formali. Voglio che la decisione presa sia frutto della volontà di tutti, non solo mia.
Questo modo di governare la Chiesa va oltre il suo sorriso, va oltre la sua figura carismatica.
Papa Francesco si sta occupando anche  con determinazione  dei problemi che oggi sono oggetto di sofferenze e di preoccupazioni, specie nel bacino Mediterraneo. Problemi che riguardano i rifugiati (i nuovi poveri), quindi della loro accoglienza, stigmatizzando la questione dell’indifferenza (discorso a Lampedusa). La proclamazione della giornata di digiuno e preghiera del 7 settembre scorso a favore della pace e per scongiurare la guerra, è stata una iniziativa davvero formidabile.
“La ricerca della pace è lunga, richiede pazienza e perseveranza, dice papa Francesco, andiamo avanti con la preghiera e con le opere di pace per tutto il Medio Oriente, senza stancarci mai”.   
Nonostante ipocrisie e incoerenze, sempre presenti nella natura umana, (governanti digiunanti che continuano a organizzare la corsa agli armamenti), qualche luce si sta accendendo. Si sta diffondendo una nuova consapevolezza riguardo l’uso distruttivo e inefficace degli interventi militari. Si denuncia apertamente il commercio delle armi (il cui fatturato annuo tocca i 100 miliardi di euro). Inoltre, pure l’ONU pare risvegliarsi (è di questi giorni la risoluzione sulla Siria votata all’unanimità). La Siria sembra accettare la proposta di controllo e distruzione delle armi chimiche.
Forse sta ripartendo un movimento per la pace più ampio e maturo.  In tale ambito occorre segnalare anche alcuni temi cari a papa Bergoglio come: la custodia del creato, il dialogo con credenti e non credenti (vedasi la lettera a Eugenio Scalfari pubblicata l’11 settembre scorso su Repubblica) l’accoglienza e l’apertura dei conventi vuoti ai poveri e ai rifugiati.
Insomma si sta vedendo una Chiesa che,  affascinata dal sorriso di Francesco, seppure lentamente sta uscendo dal torpore nel quale era caduta  da tanto tempo. Altri temi di grande importanza come la questione femminile, l’omosessualità, il celibato dei preti, i divorziati, eccetera, sono argomenti di grande attenzione da parte del Papa che, con la pazienza che lui riconosce al popolo di Dio, saprà affrontare e forse risolvere.
“Io vedo la santità nel popolo di Dio”, continua Francesco nell’intervista a “Civiltà Cattolica”, “la sua santità quotidiana paziente: una donna che fa crescere i figli, un uomo che lavora per portare a casa  il pane, gli ammalati, i preti anziani che hanno tante ferite ma che non  hanno perso il sorriso, le suore  che lavorano tanto e che vivono una santità nascosta”. “Questa è per me la santità comune”.
Proseguendo con queste riflessioni, Egli si richiama alla santità dei suoi genitori, al testamento che gli ha asciato sua nonna Rosa (che lui conserva come una reliquia nel suo breviario) che a causa delle privazioni e le sofferenze che ha patito, per lui è una santa e.
Molto bella questa figura di Papa. Un Papa che si identifica col popolo di Dio in una Chiesa che deve essere la casa di tutti e non una cappella riservata a pochi selezionati, e che si permette di strigliare taluni ministri consacrati e consacrate, chiamandoli (qualora manifestano comportamenti negativi) con l’appellativo di “scapoloni  o zitellone”, perché non sono stati capaci di dare vita alla Chiesa, madre. “I ministri della Chiesa, afferma il Papa, devono anzitutto  essere ministri di misericordia. Il popolo di Dio vuole pastori, non funzionari o chierici di stato”.
In conclusione, l’intervistatore pone ancora una domanda a Francesco: Di che cosa ha più bisogno la Chiesa in questo momento storico?  Risposta: “Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. Bisogna curare le ferite, bisogna cominciare dal basso”. Invece di essere solo una Chiesa che accoglie tenendo le porte aperte, cerchiamo di essere una Chiesa che trova nuove strade, che è capace di uscire da se stessa e andare verso chi non la frequenta, chi se n’è andato o è indifferente”.
Senza ombra di dubbio,  mi sento di affermare che il pontificato di Papa Bergoglio ci sta riservano grandi sorprese, che vale la pena di seguire nel cammino da Lui tracciato, che speriamo sia lungo, ricco di insegnamenti e di gratifiche spirituali, per aiutarci a sperare e con fiducia guardare oltre. 
 

Valerio Dalle Grave
Editoriali