Il 7 aprile La Passione di Cristo in 500 sale italiane

Nella ricognizione che www.papaboys.it sta effettuando ormai da
settimane sull’evento cinematografico e di fede di questo primo
scorcio di Terzo Millennio, inseriamo una descrizione,
sostanzialmente in anteprima del film La Passione di Cristo. Il
film continua dominare il botteghino negli Stati Uniti dove è
ancora al primo posto, per la seconda settimana consecutiva: ha
già raggiunto 212 milioni di dollari, mentre dal 7 aprile sarà
proiettato non più in 150, ma in 500 sale italiane. “Trovo il
film commovente e significativo”, scrive una giornalista del
Corriere Canadese, “La Passione di Cristo, è una Via Crucis
quasi letterale: emotivamente carico, estremamente violento: è
per molti spettatori una esperienza difficile”.

Una esaltazione della pellicola “La Passione di Cristo” di Mel
Gibson non viene da una rivista specializzata teologica
cattolica, protestante, ortodossa, tradizionalista o
progressista, ma da una rivista mondana come “Confidenze”. Ha
visto il film Andrea Carugati e scrive queste impressioni:
“Potente, da brivido, che lascerà un segno perché racconta le
ultime 12 ore della vita di Gesù,come nessuno aveva mai fatto
prima. Gibson non risparmia niente allo spettatore: descrive al
pubblico la barbarie della crocifissione e mostra il martirio di
un innocente con l’unica colpa di avere detto quello che pensava
in tempi in cui non era permesso, di aver sfidato i potenti, di
aver predicato valori anacronistici, di aver avuto il coraggio
di non rinnegare le proprie idee. E’ doloroso assistere al film,
da qualsiasi punto di vista lo si guardi e il rumore di ogni
frustata si trasforma in un brivido che corre lungo la spina
dorsale”.

Ecco in sintesi il film: “La luna illumina il Giardino del
Getzemani e Gesù barcolla tra gli ulivi. Pietro gli domanda che
cosa stia accadendo, perché durante la cena abbia parlato di
tradimento. Gesù non risponde, si inginocchia, alza gli occhi al
cielo e prega suo Padre di salvarlo, di non farlo cadere nella
trappola che gli hanno teso. Giuda è già stato comprato dal
potente sacerdote Caifa e quel sacchetto con i trenta denari che
vola al rallentatore da una m,ano all’altra e che galleggia
nell’aria ha il peso di un tradimento. Il diavolo lo tenta
dicendogli: “Tu un solo uomo vuoi accollarti i peccati di tutti
gli uomini?” Gesù viene arrestato, incatenato, percosso. Pietro
combatte, usa un coltello, ma Gesù gli dice di fermarsi e cura
la ferita inferta dall’apostolo a un centurione. Lo processano
sommariamente, lo colpiscono gli sputano. I sacerdoti pagano la
folla perché si raduno al cospetto di Ponzio Pilato, dipinto
come un uomo intelligente, sensibile, attento ai consigli della
moglie. Pilato fa di tutto per proteggere il Nazareno. Ma il
diavolo interpretato da Rosalinda Cementano, è al lavoro e nulla
potrà “salvare” Gesù dal linciaggio organizzato dai sacerdoti.
Pilato deciderà di farlo fustigare per poi liberarlo e i
centurioni romani (alcuni parlano il latino con accento
romanesco), lo faranno con fervore, utilizzando prima un
frustino e poi un gatto a nove code che non lascerà a Gesù un
tratto di pelle integra. A quel punto Giuda, perseguitato dal
rimorso si sarà già impiccato e Pietro avrà rinnegato Gesù tre
volte. A questo punto Gesù inizia la sua Via Crucis, mentre
Maria (mai Morgenstern), in una scena forte asciugherà da terra
il sangue versato con alcuni asciugamani aiutata da Monica
Bellucci nei panni di Maria Maddalena. E qui la esplode la
violenza: Gesù cade e la seconda volta Maria lo abbraccia e gli
sussurra: “Sono qui”. Gesù si alza, cammina, si trascina, cade a
faccia in giù con la croce sulla schiena. Lo aiuta Simone di
Cirene. Lo crocifiggono e qui Gibson non fa sconti: il rumore
dei chiodi che gli entrano nella carne, il legionario che gli
tira una spalla fino a slogargliela, la lancia nel torace e le
beffe dei sacerdoti. Una scena lunghissima e dolorosa, ritmata
dal respiro del vento. Gesù muore, ma prima grida al cielo di
perdonarli perché non sanno quello che fanno. China la testa. A
q uesto punto un boato, il terremoto, le lacrime di Maria, il
volto sporco di sangue. Il buio. Poi, qualche secondo dopo torna
la luce, una pietra che rotola, un lenzuolo che si sgonfia, il
sole un raggio sul viso di Gesù immacolato, in piedi. Zoom sulla
mano bucata dal chiodo. Ed è la fine”. Jim Caveziel, che
interpreta il ruolo di Gesù, durante le riprese esterne del film
a Sassi di Matera, ogni giorno andava nella Parrocchia di San
Rocco per prendere la Comunione. Sul sete era sempre pensieroso,
nelle pause si ritirava con un Rosario per pregare con
devozione. Sul set era sempre al suo fianco un sacerdote con il
quale si fermava a parlare. Ha scritto Bernanos: “Verrà un tempo
in cui, quando parleranno di Gesù, gli uomini non potranno
trattenere le lacrime”. Che sia questo? “Spero che il film di
Gibson”; scrive il giornalista Antonio Socci, conduttore del
Programma di Rai 2 Excalibur, “elargisca a milioni di persone
quello che i mistici chiamano il dono delle lacrime. La più alta
e sublime delle preghiere (il pianto di Pietro). Fissando lo
sguardo sul silenzioso agnello sacrificale, è impossibile non
commuoversi. Solo il Figlio di Dio che annichilì se stesso
facendosi uomo, poteva essere capace di sopportare tutto questo
dolore per me, capace ti tutto questo amore per me, di questo
inaudito perdono, infine capace di risorgere dalla morte. Lui,
il Verbo di Dio attraverso cui tutto è stato fatto, il Logos che
è la consistenza di tutte le cose, che si è fatto uomo e ha
preso su di sé tutto il dolore del mondo e il dolore di Dio. Per
me, perché al mio nome, al mio volto, alla mia storia pensava in
quelle lunghe ore di tortura e di strazi, che accettò per
riscattarmi dal mio male e abbracciare la mia sofferenza. Per
divinizzare noi poveri mortali, dalla vita. Per donarci la
felicità per sempre”. “Ogni anno, durante la settimana santa, la
Chiesa fa meditare sulla Passione di Gesù”, si legge sul portale
‘Totus Tuus’, ma bisogna ammettere che non si era mai arrivati a
comprendere quanto Lui abbia veramente sofferto per noi. Questo
lo si comprende meglio, dopo aver visto il film, perché si ha la
sensazione di essere lì, e noi siamo tra la folla che dice:
<Crocifiggilo, crocifiggilo>. Il film offre una immagine nitida
del perdono da parte di Cristo delle nostre colpe e dei nostri
peccati. Le immagini violente vanno usate come momento di
contrizione per il proprio peccato”. Il film va vissuto in una
esperienza di preghiera. Gesù ha deciso di soffrire così per
darci un’idea di quanto sia terribile il peccato. Non va
sprecata questa opportunità che unisce fede e arte per
approfondire “il senso del peccato”, uno

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GdS - 30 III 2004 -
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