Come ci sentiamo Cristiani?

DIBATTITO

“Tante cose
possono essere tolte a noi cristiani. Ma la Croce come segno di
salvezza non ce la faremo togliere. Non permetteremo che essa
venga esclusa dalla vita pubblica!”

Questa breve ma inequivocabile frase fu pronunciata dal Santo
Padre, nel corso dell’Angelus di mezzogiorno, Il 21 giugno 1998.


Come si può intuire non é da ora che é aperto il dibattito (o la
polemica) sulla presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche e
negli uffici pubblici.

In questi giorni la questione (temporaneamente assopita) é
balzata all’onore delle prime pagine dei giornali e degli
schermi televisivi a seguito della sentenza emessa dal giudice
di una città dell’Abruzzo. E mai frase come quella evocata sopra
si é dimostrata appropriata.

Qualcuno, in modo strumentale, tenta di farne una bandiera
politica appellandosi alla legge. Altri sostengono che sia un
problema di equità socioculturale. Taluni hanno scomodato lo
stato di diritto, altri la laicità dello stato, e via di
seguito.

Poi si sono mossi (e non poteva essere diversamente) il
fondamentalismo, il clericalismo, le gerarchie, i rappresentanti
delle varie confessioni, i burocrati, le istituzioni, eccetera.

Insomma, si sono scatenati un pò tutti. Ma i “fedeli” cosa
dicono?

Torniamo, allora, alla frase del Papa. A quel “noi cristiani”.


Il “noi ” pronunciato in quella frase é proprio riferito a “noi
cristiani”; a noi che ci riconosciamo (ci riconosciamo?) nella
Chiesa universale di Cristo come comunità di credenti. Tocca a
noi tutti, quindi, chiarirci bene le idee sul significato della
fede che diciamo di professare. Anzitutto chiedendoci cosa e chi
riconosciamo in quella croce; chiedendoci: cosa veramente
rappresenta per noi il Crocifisso? Senza farisaiche ipocrisie.


Certo, guardando i comportamenti e sentendo le affermazioni
fatte da taluni nostri maggiorenti politici, ministri compresi,
non si ha una buona impressione di come vorrebbero difendere il
Crocifisso.

Anche sul nostro modo di vivere la fede non si ha una buona
impressione: troppa ostentazione di ricchezza, troppo
individualismo, troppa intolleranza verso “l’altro”, troppo
fondamentalismo, troppi silenzi e troppe contraddizioni da parte
di tutti (anche da una parte del clero e della gerarchia),
rispetto ai dettati Evangelici.

Mi viene in mente quanto osservato alla televisione l’indomani
della strage di Nassirya in Iraq. La vedova di quel carabiniere
morto nell’attentato , che dichiarava all’intervistatore: “lui é
andato in missione nel nome del Vangelo di Gesù, per aiutare,
per soccorrere quelli che avevano bisogno, soprattutto i
bambini”.

Ecco cosa rappresenta, secondo me, il Crocifisso! Rappresenta
chi é stato crocifisso come Lui. E oggi sono crocifissi le
vittime del terrorismo, le vittime delle pulizie etniche, i
perseguitati da regimi dispotici, i miserabili e sfruttati dalle
società opulente, i disoccupati, i senza casa, i senza patria, i
senza cibo, i malati senza medicine per curarsi, eccetera. Le
vittime senza colpa, gli innocenti. Proprio i senza colpa e
innocenti come Lui, la pochezza umana vuole crocifiggere perchè
deboli e indifesi e perchè infastidiscono, in quanto
interpellano ogni momento la coscienza di ciascuno, cioè
inducono alla riflessione, alla responsabilità.

E chiediamoci allora: ai nostri figli come abbiamo rappresentato
e rappresentiamo il crocifisso? Come un cimélo da appendere al
collo o alle orecchie, magari tempestato di brillanti? Come un
arredo più o meno pregiato per le nostre case? Oppure come
simbolo di unità universale, di tolleranza umana , di
condivisione della sofferenza altrui e di amore verso l’altro?


A me pare, quindi, che prima di sollevare polveroni
scandalistici che spesso sottendono altri pensieri meno nobili
(come la xenofobia), si ripensi a che cosa e a chi ci
richiamiamo quando intendiamo difendere il Crocifisso.
Riflettere su noi stessi, mentre si osservano certi fatti, forse
ci aiuta a capire meglio il significato di ciò che spesso
facciamo solo per abitudine , anziché per solide convinzioni.

Valerio Delle Grave



GdS - 18 XI 2003 -
www.gazzettadisondrio.it

Valerio Delle Grave
Fatti dello Spirito