INCONTRO DI PREGHIERA PER LA PACE DI ASSISI, ORGANIZZATO DALLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO: 1) APPELLO FINALE DI PACE – 2) INTERVENTO DEL CARDINALE SEPE – 3) CERIMONIA FINALE - INTERVENTO PROF. ANDREA RICCARDI

1) APPELLO FINALE DI PACE

Uomini e donne di differenti religioni, ci siamo ritrovati ad Assisi, città di Francesco, santo della pace, in un momento difficile del nostro mondo, così carico di tensioni, conflitti, minacce terroristiche.

Abbiamo ricordato l’iniziativa audace e profetica di Giovanni Paolo II che, nel 1986, in piena guerra fredda, invitò a Assisi i leader religiosi del mondo a pregare per la pace. Fu l’inizio di un cammino di dialogo, di preghiera e di pace, che ora è tornato ad Assisi. E’ un cammino che ha liberato energie di pace e ha continuato a fare sperare tanti in un futuro di pace.

In questi giorni, ci siamo chinati sulle nostre diverse tradizioni religiose che, in modo differente, testimoniano un messaggio di pace dalle radici antiche. Abbiamo intrecciato il nostro dialogo con uomini e donne di cultura laica e umanista. Abbiamo vissuto una scuola di dialogo.

Oggi ci siamo raccolti nella preghiera secondo le diverse tradizioni religiose, convinti del valore dell’invocazione a Dio nella costruzione della pace. Abbiamo mostrato come la preghiera non divide, ma unisce: abbiamo pregato gli uni accanto agli altri, non pregheremo mai gli uni contro gli altri.

Abbiamo rivolto la nostra attenzione a tante situazioni di conflitto e di dolore, che coinvolgono migliaia di persone, tante famiglie, tanti popoli. Ne abbiamo condiviso la sofferenza. Non vogliamo dimenticarle né rassegnarci al loro dolore.

I problemi sono tanti nel mondo di oggi. Ma, per questo non ci rassegniamo alla cultura del conflitto, secondo cui lo scontro sarebbe l’esito inevitabile del prossimo futuro di intere comunità religiose, di culture e civiltà.

Siamo uomini e donne credenti, non siamo ingenui. Il secolo che è trascorso ci ha mostrato come guerre mondiali, la Shoah, genocidi di dimensioni non immaginabili, oppressione di massa, ideologie totalitarie, hanno rubato milioni di vite umane e non hanno rinnovato il mondo come promettevano. Per questo diciamo: nessuno scontro è un destino inevitabile, nessuna guerra è mai naturale.

La pace è irrinunciabile, anche quando appare difficile o disperato perseguirla. Vogliamo aiutare ogni uomo e ogni donna, chi ha responsabilità di governo, a rialzare gli occhi oltre il pessimismo, e scoprire come la speranza è vicina se si sa vivere l’arte del dialogo. Le religioni abituano i credenti a cercare di realizzare valori alti che sembrano, a molti, poco facilmente praticabili. Non possiamo rinunciare a ridurre l’abisso tra i ricchi e i poveri e a cercare la pace in ogni modo. Questa è la speranza che comunichiamo e proponiamo qui dal colle di Assisi, chiedendo ai fedeli delle nostre comunità di pregare e di operare per la pace.

Crediamo nel dialogo, paziente, veritiero, ragionevole: dialogo per la ricerca della pace, ma anche per evitare gli abissi che dividono culture e popoli e che preparano gravi conflitti. Tutti noi, esponenti di religioni diverse, abbiamo affermato il valore del dialogo, del vivere in pace, mentre lo abbiamo praticato lungo questi giorni in spirito di amicizia, come modello e esempio ai fedeli delle nostre comunità.

La guerra non è inevitabile. Le religioni non giustificano mai l’odio e la violenza. Chi usa il nome di Dio per distruggere l’altro si allontana dalla religione pura.

Chi semina terrore, morte, violenza, in nome di Dio, si ricordi che la pace è il nome di Dio. Dio è più forte di chi vuole la guerra, di chi coltiva l’odio, di chi vive di violenza.

Per questo la nostra speranza è quella di un mondo di pace. Niente è perduto con il dialogo, tutto è possibile con la pace! Mai più, allora, la guerra. Dio conceda al mondo il dono meraviglioso della pace!

2) INTERVENTO DI S.EM. IL CARD. CRESCENZIO SEPE

Signor Presidente della Repubblica,

Illustri rappresentanti delle Chiese cristiane e delle grandi religioni mondiali,

Caro prof. Andrea Riccardi e amici della Comunità di sant’Egidio,

Signore e Signori,

è con viva emozione che prendo brevemente la parola in questo felice anniversario della giornata mondiale di preghiera per la pace voluta da Giovanni Paolo II qui ad Assisi. In questi venti anni lo “Spirito di Assisi” ha varcato molte frontiere: città d’Italia, d’Europa e del mondo. Si è affermato come via di pace, di dialogo e di incontro tra religioni differenti, ma si è anche confrontato con il mondo della cultura e del pensiero laico e umanista. Non posso qui enumerare i risultati ottenuti da questo cammino paziente e fedele. Basta guardare lo spettacolo di questa sera, in un mondo in cui pare prevalere la logica del conflitto, per renderci conto del valore di questi Incontri.

Per questi motivi vorrei, dal profondo del cuore, rivolgervi un caldo invito.

Venite a Napoli il prossimo anno! Lo dico da vescovo di quella splendida città mediterranea che sa accogliere con calore chiunque le faccia visita, che ha il dialogo e la vita con gli altri nel suo carattere profondo.

Lo dico consapevole che Napoli parla al Mediterraneo, luogo dove si possono accendere o spegnere tanti conflitti. Napoli vuol essere l’Europa aperta al Mediterraneo, all’Africa, al mondo.

Con la vostra presenza a Napoli potrete dare un contributo a far prevalere la logica del dialogo e della pace.

Lo dico con orgoglio perché tra noi oggi c’è un napoletano d’eccezione, il nostro Presidente della Repubblica.

Napoli, se lo vorrete, vi aspetta con gioia per compiere un altro passo sulla via della pace dopo questo significativo incontro di Assisi.

3) CERIMONIA FINALE - INTERVENTO PROF. ANDREA RICCARDI

Signor Presidente della Repubblica,

Illustri Rappresentanti delle Chiese cristiane e delle Religioni mondiali,

cari amici,

la ringrazio, Signor Presidente, di essere qui tra noi.

Ringrazio coloro che hanno accolto questo incontro, le Autorità, il Vescovo di Assisi. Ringrazio quei tanti, cari amici, che hanno collaborato con il loro lavoro amichevole e volontario alla realizzazione di questo clima di dialogo, per cui Assisi è divenuto un luogo alto di pace. Proprio qui dove il grande Giovanni Paolo II, vent’anni fa, invitò i leader religiosi del mondo e propose loro il suo sogno di pace.

La pace può sembrare oggi un sogno da illusi. Così appare sugli scenari mediorientali e non da oggi. Così in gravi conflitti africani. Anche in alcune società dove non c’è pace sociale e dove i vari gruppi si difendono in spazi chiusi. I disegni terroristici vogliono mostrare la pace come un sogno impossibile, alimentando l’insicurezza e la paura di un nemico senza volto.

La pace –viene detto- è un sogno di gente incapace di guardare in faccia la realtà. Lo ricordano la predicazione e la pubblicistica dell’odio e del disprezzo che si dicono veritiere perché allarmanti. Si afferma che il conflitto viene dalla natura di alcune civiltà e religioni: è il loro destino, quindi alla fine il futuro di tutti.

Dopo la crisi delle ideologie, il fallimento di tante utopie, c’è come una reticenza, un profondo timore a pensare un mondo, dove la pace e una maggiore giustizia siano possibili. C’è il timore di non essere realisti, quasi si divenisse indifesi di fronte a un mondo ostile.

Si rinuncia a pensare a un mondo più giusto. Questo vale soprattutto per l’Africa. L’emigrazione, che bussa alle porte dell’Europa, non si ferma alla frontiera, ma esprime la crisi del mondo africano. E’ lì che si deve intervenire prima di tutto.

Sono problemi evocati, tra l’altro, in questi giorni. Ma non di questi parlerò.

Intendo solo affermare che i conflitti non sono un destino metafisico. Ci sono responsabilità politiche, culturali, di uomini, che preparano i conflitti, che scavano abissi e lasciano incancrenire le guerre. Anche le religioni possono farsi trascinare nella logica della guerra, sacralizzare gli odi, benedire le armi. E’ la terribile responsabilità umana.

Ma i conflitti non sono un destino. Da questi giorni di dialogo tra gente di diversa religione, di cultura differente, di paesi lontani, talvolta senza rapporti tra di loro, emerge un messaggio di pace: prima di tutto spirituale ma che coinvolge l’uomo e la donna nella loro interezza.

Questo messaggio si fa colloquio, dialogo con l’altro, quello di una diversa religione, di un mondo diverso, finanche ostile. Ricorda che la pace è il nome di Dio e che Dio non vuole la guerra. Quando le religioni parlano di pace esprimono il meglio di sé, con una vibrazione profonda che richiama qualcosa al di là di loro.

Nella lettera inviata a questo convegno, Benedetto XVI ha affermato: “la pace va costruita nei cuori. Qui infatti si sviluppano sentimenti che possono alimentarla o, al contrario, minacciarla, indebolirla, soffocarla. Il cuore, pertanto, è il luogo degli interventi di Dio”. Grande compito delle religioni è costruire la pace nei cuori. Per esse la pace, anche nel mezzo della guerra, resta un’aspirazione irrinunciabile, il sogno di un mondo finalmente umano. La politica, la cultura, le relazioni tra popoli come la vita quotidiana, hanno bisogno di spirito, di soffio: di sogni di pace, della prospettiva di un futuro migliore e più giusto da costruire.

Le religioni hanno affratellato popoli diversi. Possono continuare a farlo e a farlo su più ampi scenari, con braccia più larghe. Oggi la pace ha bisogno che si impari a vivere insieme tra gente diversa. Ovunque c’è questa sfida: o vivere insieme nel rispetto della libertà altrui, oppure scivolare, attraverso una cultura del conflitto, in veri e propri scontri. Tanti, troppi, giocano d’azzardo sulle differenze…

Ma le donne e gli uomini di religione, raccolti ad Assisi, hanno espresso la volontà di rifiutare questo gioco al nemico, di costruire il dialogo, di estinguere gli odi. Essi operano non per l’affermazione dell’una o dell’altra civiltà, ma per una nuova civiltà: quella del vivere insieme tra culture, religioni, popoli differenti.

La preghiera di questa sera è stata compiuta in luoghi differenti, perché diverse sono le religioni; ma non è avvenuta gli uni contro gli altri, nemmeno gli uni, ignorando gli altri. Ora, convergendo qui, i credenti mostrano come la preghiera non divide, ma unisce e, a tutti, ricorda che, in quanto donne e uomini, siamo fratelli e sorelle, e che hanno un comune destino, il cui nome è la pace.

Comunità S. Egidio

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