I CINQUANT'ANNI DELLA "PACEM IN TERRIS" 2013aprile20.18

Correva l'anno 1963, l'Italia stava celebrando il suo primo (e forse l'ultimo)" miracolo economico". I tassi di incremento del reddito marciavano con livelli del 6% annuo. L'euforia della crescita economica era alle stelle e continuò per alcuni anni.

L'Italia, pubblicizzata dai media, fiera dei suoi risultati economici che gli avevano aperto le porte del Mercato Comune Europeo, si stava ubriacando di espansione commerciale, di potenza industriale, di stabilità monetaria, quindi di prestigio internazionale.

Ma, va osservato, che il "miracolo economico" non avrebbe avuto luogo senza il basso costo del lavoro. Gli alti livelli di disoccupazione degli anni '50 furono la condizione perché la domanda di lavoro eccedesse l'offerta, con le prevedibili conseguenze in termini di andamento dei salari. Il potere dei sindacati nel dopoguerra era effettivamente debole e ciò aprì la strada verso un ulteriore aumento della produttività (moderne tecnologie, lavoro a cottimo, sfruttamento intensivo, eccetera).

In questa situazione, sommariamente descritta, Papa Giovanni XXIII° pubblicò la sua seconda enciclica "Pacem in Terris", l'11 aprile 1963, orsono esattamente 50 anni.

L'Enciclica sulla pace di Papa Roncalli, viene pubblicata dopo un lungo periodo di guerra fredda, durante il quale le due super potenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, accumulano un arsenale nucleare sufficiente a distruggere il pianeta terra.

All'inizio degli anni '60 si erano verificati due episodi di gravi crisi: l'erezione del "muro di Berlino" e, nel '62, "la crisi di Cuba", quando l'installazione dei missili sovietici aveva portato il mondo ad un passo dal conflitto nucleare.

Da quel lontano episodio il concetto di guerra cambia completamente. Il conflitto diventa troppo pericoloso se comporta l'uso delle armi atomiche. Bisogna inventare altre strategie, in modo che i grandi imperi non ricorrano più alle armi per regolare le controversie di natura economica e finanziaria. Emergono quindi altri strumenti bellici come la guerra alimentare, quella monetaria, quella finanziaria, quella dei migranti, eccetera.

Tali cambiamenti si producono in un contesto di sviluppo unico nella storia del mondo: la crescita dei Paesi industrializzati sembra illimitata, il petrolio scorre a fiumi, l'edilizia procede a ritmo serrato, si sviluppano beni strumentali e beni di consumo durevoli (autostrade, aerei a reazione, automobili, telefoni, elettrodomestici).

Il futuro appare roseo, si intravvede solo abbondanza e opulenza per un progresso senza fine. Quasi tutti i Paesi in precedenza colonizzati, in particolare in Africa, sono diventati indipendenti e si lanciano nell'avventura proposta dall'Occidente, sperando di poter dare alle proprie popolazioni una vita dignitosa nell'autonomia colturale ed economica. Da questo coro di ottimismo incominciano a circolare voci allarmanti che dicono che "l'Africa nera è partita male". E che un Paese come l'India non è ancora in grado di risolvere le sue grandi carestie alimentari.

In tale contesto Giovanni XXIII° offre un contributo magistrale all'analisi del mondo di allora, dei suoi conflitti e delle sue speranze. Da buon profeta insiste sui diritti dell'uomo, sul bene comune, sul rispetto delle minoranze nazionali, sulla comunicazione e il rispetto tra le nazioni, sui rifugiati politici, il disarmo e le istituzioni internazionali. Le sue pagine non sono riservate solo ai cristiani ma aperte a tutti.

Il Papa esprime nel corso dell'intera Enciclica la propria simpatia e l'accoglienza della Chiesa Cattolica nei confronti di tutte le aspirazioni del mondo contemporaneo. Non polemizza, non condanna. Quando parla della guerra non fa riferimento a casi particolari per determinare chi dei eventuali contendenti ha ragione o torto. Preferisce invece un diverso punto di vista: partire dalla pace, "anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi" (n.1).

L'impronta personale di Papa Roncalli è particolarmente evidente nell'ultimo capitolo (V) dedicato ai richiami pastorali, specialmente dove si affrontano i rapporti fra cattolici e non cattolici nell'azione sociale e sulla possibile cooperazione tra cristiani e non cristiani.

Il punto culminante di tutta l'enciclica rileva una crescente distinzione tra le ideologie e i movimenti storici a finalità economiche, sociali, culturali e politiche. La dottrina resta immutabile, mentre quei movimenti non possono non essere influenzati dai cambiamenti delle condizioni concrete di vita. Con ciò Giovanni XXIII° lascia intendere che il movimento storico dei popoli nei Paesi socialisti o comunisti può benissimo distinguersi dall'ideologia marxista, condannabile nei suoi princìpi.

Proseguendo questa linea di riflessione che si applica anzitutto ai rapporti tra le nazioni, Papa Roncalli prevede che un avvicinamento o un incontro di ordine pratico, ieri ritenuto non opportuno, oggi invece lo sia e lo possa divenire domani. La pace non è un pio voto , facile da attuare, ma una difficile costruzione da realizzare fino negli ambiti nazionali più nevralgici.

Concludendo, possiamo senz'altro affermare che il messaggio trasmesso dall'enciclica, al fine di affermare la pace, quindi a sconfiggere la guerra, riguarda essenzialmente la necessità del dialogo: nei rapporti tra le persone, tra i paesi, le nazioni e il mondo intero. Oggi, a distanza di cinquanta anni, le parole di Giovanni XXIII° sono più che mai attuali. Tutto il Nord Africa, il Medio ed Estremo Oriente e varie località del Centro America sono paesi interessati dalla guerra. La crisi in atto non demorde e non ha concluso il suo corso. Anche in Europa, Italia compresa, ci sono situazioni di conflitto in atto, non ancora armati, ma potenzialmente in grado di degenerare. Dobbiamo augurarci, lavorando a proposito, affinché si abbandoni la via del rancore, della prevaricazione, della rissa e della contrapposizione preconcetta per cercare quella del dialogo.

Valerio Dalle Grave

Valerio Dalle Grave
Fatti dello Spirito