La Messa. Promessa del Governo: "il più ampio esercizio della libertà di culto”. In tre giorni rimangiata

Nostra nota
Per tante persone in situazioni difficili la preghiera, un pensiero religioso, la partecipazione, che è condivisione, a un rito sono anche conforto, sollievo, speranza. Pieno rispetto anche per chi non ne ha la fortuna ma coscienza dei conseguenti limiti. La Messa non è una merce come le altre che oggi è concesso andate a prendersi. Il cibo, i farmaci ma anche vari immateriali sono stati evidentemente oggetto di valutazioni elementari tutte alla base, sostanzialmente, di opportunità. Non la Messa e, aggiungiamo, non anche le altre espressioni religiose.

La Chiesa cattolica aveva approfondito il problema al punto che il Ministro dell'Interno, dr.ssa Lamorgese aveva autorevolmente dichiarato dopo lunga interlocuzione “Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto” .
Queste misure non sono venute il che significa che vi è stato un giudizio negativo. Tre giorni per rimangiarsi l'impegno assunto il 23 aprile. Hanno collaborato alla stesura del nuovo provvedimento Ministri, sottosegretari, esponenti politici di Partito e parlamentari, un esercito di collaboratori con quale risultato? Con la Chiesa trattata a pesci in faccia. Dispiace usare questo linguaggio ma se la Chiesa è trattata a pesci in faccia questi li prendono i credenti, i praticanti, anche chi religiosamente è tiepido e perfino a quei laici che rendono onore alla loro laicità.
Pubblichiamo la nota della CEI (Conferenza Episcopale Italiana)-
Esemplare.
a.f.

La CEI
“Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio.
Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale.
Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo.
Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.
I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale

Fatti dello Spirito